Autore: Cristian Umili
Alla risposta del titolo direi ni, nel senso che dipende, innanzi tutto il corso
o workshop non deve essere troppo breve, un workshop di fotosub di una sola
giornata serve a poco almeno sono necessarie due giornate e un paio di
immersioni dedicate ad apprendere; il massimo a mio avviso è risucire a seguire
un viaggio-workshop di una settimana in modo da imparare il massimo dalle
situazioni che ci troviamo ad affrontare e poter mettere in pratica i correttivi
subito dopo.
L’istruttore alle volte diventa il soggetto degli allievi.
Un altro elemento da tenere presente per
scegliere un workshop è chi lo tiene, deve essere un fotosub d’esperienza che
possa insegnare non solo la tenica base ma anche “trucchetti” che ci permettano
di accelerare il nostro operato in acqua o che ci semplifichino la vita, per
questo chi fa il fotografo di lavoro Scremerà più facilmenti gli argomenti
arrivando al succo e dando consigli più diretti per essere più veloce in acqua a
scattare o a settare i flash per portare a casa un’immagine già buona in fase di
scatto, che poi con un adeguato sviluppo si può ottenere un’ottima immagine. Ho
parlato di professionisti perchè di solito durante il lavoro in acqua o a terra
sono abituati a lavorare velocemente per arrivare al risultato che il cliente
vuole perciò sono più portati a scremare a non fare “voli pindarici”.
Il grosso problema dei corsi fotosub è la comunicazione, in aria ci si può
parlare ma in acqua diventa difficile chiedere lumi all’insegnante di turno
perciò quest’ultimo quando scende deve cercare di dare la massima attenzione a
tutti i partecipanti intervendo nell’aiutare a trovare la posizione dei flash o
la composizione migliore, questo comportamento è sicuramente necessario in un
corso della durata di due o tre giorni per corsi di durata superiore dopo i
primi giorni gli allievi di solito vengono lasciati più in libertà per imparare
meglio; di conseguenza si avrà una ratio insegnante/allievi basso nei corsi
brevi, io stesso uso una ratio 1 a 4/5 allievi, in corsi più numerosi cerco di
avere degli assistenti; in corsi della durata di una settimana invece la ratio
si può allargare perchè si ha il tempo di seguire tutti sia fuori che dentro
l’acqua.
L’istruttore intento a guardare cosa sta facendo l’allievo pronto ad
intervenire per porre dei correttivi.
In un corso breve ci si deve concentrare sulla
tecnica e la composizione dell’immagine perciò è più difficile finire il corso
con scatti da urlo, cosa che invece succede con corsi di lunghezza superiore, in
quanto spesso si cambia l’approccio d’immersione da uno turistico a uno
fotografico e questo porta a pensare molto di più in acqua tanto da dimenticarsi
a volte di guardare il computer e la relativa deco-stop. Anche gli aspetti che
ogni subacqeo da per scontato come controllare il manometro e il computer quando
si scende con la macchina fotografica spesso finiscono in secondo piano in
quanto si è concentrati a scovare i soggetti e poi a fotografarli illuminandoli
al meglio, e questo come ben si sa ci porta a situazioni di pericolo ma anche
questi aspetti devono essere tratti in un corso.
Corso in piscina o corso in mare?
Quando si usava la pellicola ho tenuto dei corsi in piscina ed era il metodo più
comodo in quanto si doveva aspettare lo sviluppo del rullino, poi si doveva
imparare alcune limitazioni nel caso del sistema Nikonos, oggi però con
l’immediatezza della fotografia digitale è sicuramente da preferire un corso con
immersioni al mare in quanto ci porta subito a lavorare con soggetti veri (i
pesci in mare si muovono quelli di plastica no) e problematiche vere (in piscina
l’acqua ha meno sospensione che in mare e non c’è la risacca).
Scatti eseguiti durante un workshop di fotosub con i flash in manuale.
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