La sensazione che provo è come sempre correlata a stimoli positivi, legati alla luce ed caldo che infonde serenità, anche se oggi mi trovo un po’ più profondo del solito, a cercare un piccolo animale che non ho mai visto prima. Sono infatti alla caccia dell’Oloturia Mela o Pallone, la specie Pseudocolochirus violaceus presente in Australia ed in rare località dell’Oceano Indiano.
Questa strana oloturia (animale da noi abitualmente chiamato in modi che non posso mettere per iscritto) ha la particolarità di aprirsi estroflettendo dei polipi che catturano il plancton, ed appare come un piccolo mazzo di fiori viola e gialli. Bellissimo.
Durante l’immersione ne troverò diverse, ma solo una aperta. Angelo, uno dei due soci del Blue Fin Diving di Watamu in Kenya, grazie al quale mi sto tuffando nelle calde acque dell’Oceano Indiano keniota, mi ha svelato che in 28 anni di immersioni da queste parti, non è mai riuscito a comprendere il meccanismo per il quale l’oloturia mela si apre o meno. Non è la nostra Alicia mirabilis: non si tratta di orari, o correnti, o luna ma… chissà.
Dopo qualche scatto mi volto a cercare i due miei compagni che oggi, grazie ad una visibilità di quasi 20 metri (migliore del solito, in effetti), non è difficile scorgere, tra coralli a frusta e spugne a botte.
Si tratta di James, la mia “guida dedicata” che mi cura come un angelo custode (anche troppo, non ci sono abituato) sempre attento e gentilissimo, e di Roberto, un subacqueo ligure molto bravo e “diversamente magro”. Non faccio così fatica a distinguerli, pur immersi fra grossi branchi di grunt fish, che si aprono lentamente al nostro passaggio.
La subacquea è stata, se vogliamo, la vera sorpresa di questo viaggio, programmato per soddisfare il sogno fanciullesco di un safari nella savana, per una volta alla caccia (fotografica, s’intende) di animali che non nuotano ma corrono sulla terra. Inoltre le informazioni trovate in rete erano discordanti come ambiente, visibilità e presenza di pesce. Watamu si trova in una zona molto bella, con spiagge di sabbia bianca finissima rivolte verso delle baie in cui si elevano dal mare faraglioni ed isolotti; ci sono però molte alghe e l’area è soggetta al fenomeno delle maree, che limita la possibilità di balneazione.
Ma come si fa durante i giorni di riposo al mare, a resistere al profumo dell’acqua salata e del neoprene, che mescolati incendiano l’animo di un subacqueo? Così, dopo un veloce scambio di mail con il Blue Fin diving, ho deciso di portare almeno la maschera, il computer e la macchina fotografica, alternando avventure terrestri e sommerse. E non ne sono rimasto deluso.
Angelo e Lorenzo sono grandi conoscitori dei fondali keniani, con una sede a Watamu operativa da metà novembre ad aprile, quando inizia a cambiare il tempo ed a montare il mare. Passato il periodo delle piogge, aprono invece il diving di Malindi, dove la corrente ha preso a spingere il fango del fiume verso nord, ripulendo il mare e permettendo belle immersioni. A novembre si torna di nuovo al parco marino di Watamu, in tempo per gli avvistamenti di balene, mante e squali balena; purtroppo la fortuna non mi assiste, e l’ultimo Rhincodon typus, il pesce più grande del mondo, passa per Watamu 2 giorni prima del mio arrivo.
Finita l’immersione su Black Coral, risaliamo in barca e ci spostiamo verso il punto della seconda immersione, che si chiama Cracas. Nell’attesa di tuffarci nuovamente in acqua, i ragazzi del diving, gentilissimi come sempre, ci servono biscotti, banana a fette, cocco ed una tazza di thè bollente che accettiamo volentieri. La temperatura esterna è di circa 30 gradi, ma tira una lieve brezza di mare che rinfresca le mute bagnate, e la fame si fa sempre sentire in questi casi. Ci prepariamo quindi di nuovo e, divisi in tre gruppi, scendiamo in un’acqua limpida ed a 27 gradi senza termoclino.
Cracas è la prima immersione che faccio in corrente in questi giorni, e l’ingombro della macchina fotografica mi fa sudare sette camicie; il reef è però decisamente bello, e mi regala un’immersione piena di vita marina.
La profondità massima che raggiungo è di soli 25 metri, ma è un’immersione assolutamente adatta anche agli open water, che possono tranquillamente effettuarla a profondità ancor più facili. Vedo una bella murena verde nascosta nella sua tana e poco dopo una splendida murena leopardo. In un anfratto dei coralli una nuvola compatta di glass fish volteggia sopra un pesce foglia, fermo ad una stazione di pulizia gestita da gamberi.
James improvvisamente mi fa segno indicando una zona mista a sabbia: non vedo nulla, poi mi accorgo di due pesci coccodrillo perfettamente mimetizzati con il fondo. Intorno a me tutti i classici abitanti della barriera corallina, mentre nel blu continuano a passare branchi differenti di pesci, uno più bello dell’altro. Cernie, di solito di piccole dimensioni, ovunque. Insomma l’ambiente non è quello del Mar Rosso ed i pesci non sono quelli delle Maldive, ma le immersioni sono comunque sicuramente in grado di dare belle soddisfazioni.
Quando risalgo, scopro che i due ragazzini di un altro gruppo, 13 e 14 anni, hanno visto una tartaruga ed una piccola manta. La fortuna del principiante?
Sono contento per loro, spero che l’incontro sia lo sprone per mille avventure subacquee.
Sono pienamente d’accordo con Paolo, ho fatto la stessa esperienza due anni fa a Watamu e peraltro con lo stesso Diving, non sono le Maldive ne il Mar Rosso ma ho avuto la fortuna di ammirare lo stupendo squalo balena!
Anche io viaggiatore Sub/compulsivo…. la prima cosa che metto in valigia e’ l’attrezzatura e se avanza posto tutto il resto!!!
Un saluto dalla Tailandia dove ovviamente sono venuto per immergermi…
Gianluca