Autori: Francesco Di Pisa e Mario Giuseppe Leonardi
Un “bug del 2:1” nei computer sub e nelle care vecchie tabelle?
Nella nostra era super informatizzata siamo oramai abituati a scontrarci con i “bugs” che periodicamente vengono scoperti all’interno del software che governa il funzionamento di quegli strumenti di cui non riusciamo più a fare a meno: i computers in tutte le loro possibili forme sia manifeste che sempre più nascoste ( quanti micro-chips sono celati negli strumenti che adoperiamo quotidianamente? ).
Spesso restiamo irritati e costernati davanti all’ennesimo inspiegabile bug del sistema operativo del nostro computer; qualche hanno fa ci siamo allarmati tutti per il temibile “bug” del 2000, poi ci siamo di nuovo allarmati per l’altrettanto temibile “bug” dell’euro.
Ora ai subacquei sta nascendo il dubbio che tutti i computers sub, tutti i software per il calcolo della decompressione ma anche le tabelle di decompressione stesse siano afflitti dal fantomatico “bug” del 2:1, sì, il “bug” del rapporto 2 diviso 1. Ma stanno davvero così le cose?
Le considerazioni che seguono sono volutamente provocatorie, proprio per generare un dibattito fra matematici, programmatori e fisiologi dell’immersione a scopo didattico-divulgativo in favore della verità ed al fine di migliorare il comunque già buon grado di sicurezza delle immersioni effettuate nei limiti suggeriti dalle varie didattiche d’immersione “classiche” o se vogliamo “storiche”.
Haldane
Il rapporto 2:1 di cui parliamo è il famoso rapporto di Haldane, il geniale creatore di tutta la teoria che ha permesso dapprima la formulazione delle tabelle di decompressione e poi il calcolo in tempo reale delle modalità di risalita dall’immersione tramite i moderni computers subacquei.
Tutti gli istruttori subacquei insegnano ai loro allievi che Haldane, osservando i casi di embolia in cui incorrevano gli operai che lavoravano per intere giornate nei cassoni subacquei, formulò l’osservazione che, poiché gli incidenti avvenivano soprattutto a quegli operai che lavoravano oltre i 10 metri di profondità, cioè a circa 2 bar di pressione e poi risalivano rapidamente in superficie, cioè alla pressione di circa 1 bar, il criterio da seguire per risalire da una immersione subacquea evitando incidenti embolici era mantenere il “rapporto” fra la pressione di inizio risalita e fine risalita inferiore a 2:1.
Da ciò si deduce che dal punto di vista della possibilità di incorrere in un’embolia, un’immersione protratta fino alla completa saturazione a 10 mt seguita da una risalita diretta alla superficie o un’immersione protratta ad esempio fino alla completa saturazione a 40 mt con risalita diretta a 15 mt si equivalgono in quanto il rapporto di Haldane è per entrambe 2:1 ( 5 bar : 2,5 bar = 2 bar : 1 bar ); applicando questo concetto sono state ottenute le prime tabelle di decompressione e sempre applicando questo concetto sono state realizzate le metodologie di correzione delle tabelle calcolate in mare per utilizzarle poi in immersioni effettuate invece in montagna.
Gli “strappi” da Haldane
Successivamente, altri ricercatori perfezionarono questa impostazione iniziale di Haldane, schematizzando il corpo del subacqueo come insieme di un numero finito di compartimenti che molto pretenziosamente intendevano simulare il comportamento dei “fisiologici” tessuti del corpo umano, impostando però per ogni compartimento un rapporto diverso dal 2:1 di Haldane e diverso fra compartimento e compartimento ( 3:1, 2,5:1, 1,3:1 ecc. ).
Ma già ai tempi di Haldane c’era chi sosteneva che, dati i risultati sperimentali relativi ai “cassonisti” allora conosciuti, il criterio da seguire per evitare incidenti embolici era mantenere non il rapporto ma la differenza ( matematicamente definita anche gradiente ) fra la pressione di inizio risalita e di fine risalita costante ed inferiore al valore 2 bar -1 bar = 1 bar.
Lo sappiamo tutti che Haldane ebbe la meglio e le prime tabelle furono calcolate applicando il concetto di “rapporto critico” che prese, appunto, il suo nome.
Ma analizziamo che cosa sarebbe successo se invece fosse stato applicato fin dall’inizio il criterio del “gradiente critico” ossia il criterio di mantenere costante durante la risalita esattamente la stessa differenza di pressione dimostratasi critica negli esperimenti sui cassonisti.
Applicando questa sia pur antistorica ipotesi si deduce che la possibilità di incorrere in un’embolia nell’immersione protratta fino alla completa saturazione a 10 mt seguita da una risalita diretta alla superficie equivale a quella di un’immersione protratta ad esempio fino alla completa saturazione a 40 mt con risalita diretta a 30 mt in quanto il gradiente pressorio è per entrambe sempre 1 bar.
Se fosse stato applicato questo criterio già le storiche prime tabelle di decompressione avrebbero previsto prime soste di decompressione ben più profonde di quelle che siamo abituati ad effettuare.
Insomma ci saremmo evitati tutte le polemiche e le discussioni sulla opportunità di effettuare o meno le famose “soste profonde” ( o deep stops ) che sono comparse nell’ultimo decennio.
Solo un po’ di matematica
Trattando la questione da un punto di vista puramente matematico, toccherà concentrarci un attimo sulla equazione differenziale la cui soluzione è alla base di tutte le formule impiegate per calcolare la quantità teorica di gas inerti presente nei compartimenti, proprio quelle formule poi effettivamente usate nei computers subacquei, nei software decompressivi e nei grossi computers sui quali furono ottenute le prime tabelle di decompressione
– dT/dt = K (T-Pp) .
Quegli strani simboli dicono semplicemente che la velocità con cui un gas inerte fuoriesce da un compartimento durante la risalita dopo un immersione è direttamente proporzionale ad una differenza fra la tensione ( ossia la misura teorica di una pressione indicante la quantità di gas inerte presente nel compartimento in quel momento ) e la “pressione parziale” di quel gas inerte presente sempre in quel momento nella particolare miscela respiratoria utilizzata.
In altre parole la velocità di liberazione del gas inerte aumenta all’aumentare della differenza Tensione – Pressione Parziale, e quando tale velocità è sufficientemente elevata, la quantità di gas inerte che si libera dentro il corpo del subacqueo è tale da causare un incidente embolico; quindi la “forza motrice” o se vogliamo la “differenza di potenziale” che può causare l’incidente è una differenza ( o gradiente ) fra pressioni e assolutamente non un rapporto fra pressioni.
Quindi tutti i ricercatori che hanno utilizzato il concetto di rapporto di Haldane su risultati matematici derivati da quella equazione differenziale fondamentale hanno applicato un “controsenso” matematico.
I valori M
Già il Dottor Workman introdusse però ben presto un nuovo criterio di risalita legato ai cosiddetti valori M che non dava ragione né ai sostenitori del criterio del rapporto critico né a quelli del criterio del gradiente critico, ma che li comprendeva entrambi come caso particolare.
L’introduzione di tutta la teoria relativa alle rette dei valori M è storicamente molto importante perché permette di valutare visivamente, in un apposito grafico, di quanto i vari metodi di risalita proposti da diversi ricercatori in tempi successivi si siano progressivamente sempre più allontanati dall’applicazione dell’originario criterio del rapporto critico di Haldane per avvicinarsi sempre di più al criterio del gradiente critico.
Figura sopra: Rapporto Critico
Figura sopra: Gradiente Critico
Cerchiamo di capire meglio con un esempio: consideriamo un’immersione a 40 mt di profondità ( corrispondenti a circa 5 bar di pressione ambientale ) protratta fino a raggiungere la completa saturazione ( è evidentemente un esempio solo teorico ).
Se si applica come criterio di sicurezza il criterio del rapporto di sovrasaturazione critica di Haldane sarà necessario effettuare la prima sosta di decompressione alla profondità di 15 mt ( corrispondenti a circa 2,5 bar di pressione ambientale cioè la metà di quella di partenza ).
Se si applica come criterio di sicurezza il criterio del gradiente di sovrasaturazione critica sarà necessario effettuare la prima sosta di decompressione alla profondità di 30 mt ( corrispondenti a circa 4 bar cioè 1 bar meno di quella di partenza ).
Se si applica come criterio di sicurezza il criterio della retta dei valori M sarà possibile effettuare la prima sosta di decompressione ad una quota intermedia fra i 15 ed i 30 mt a seconda della particolare retta dei valori M presa in considerazione.
Quindi la semplice regola stabilita in ciascuno dei due criteri precedenti viene sostituita da una più raffinata modalità per la quale resta comunque rilevante capire, e soprattutto spiegare in termine di giustificazione del modello matematico, quale sia l’effettiva sosta da effettuare ed i fattori fisiologici che la determinano.
Correzioni migliorative delle “solite” formule o le formule iniziali “esatte”?
Oggi possiamo affermare senza timore di smentita che le sperimentazioni su veri subacquei durante vere immersioni profonde effettuate fin dai tempi di Haldane, in circa 100 anni, hanno progressivamente dimostrato direttamente “sul campo” che il modo corretto di risalire è applicare “tout court” il criterio puramente matematico del gradiente critico il che comporta l’adozione di prime soste decisamente più profonde di quelle che siamo abituati ad effettuare.
Questo ha comportato anche un continuo sforzo di ricerca e di correzione successiva degli algoritmi di calcolo che governano i moderni computers subacquei ed i software decompressivi ( anche tramite il concetto di “gradient factor” ) spesso però semplicemente sovrapponendo nuove correzioni sperimentali a correzioni sperimentali precedenti.
Ogni nuovo algoritmo rappresenta sicuramente una correzione migliorativa dell’algoritmo precedente ma ci si chiede se non sia oramai il caso di sostituire le formule di partenza ed i criteri matematici di criticità piuttosto che applicarvi semplicemente continue correzioni che comunque garantiscono, proprio per la loro provenienza sperimentale, un sempre migliore grado di sicurezza.
Modello a compartimenti in parallelo, in serie o misto?
Ma tornando alla equazione differenziale considerata in precedenza, la formula risulta appropriata se si considera la situazione reale dove di fatto il solo compartimento a contatto con la miscela gassosa contenente il gas inerte è quello simulante il sangue, fungendo quest’ultimo da veicolatore ( o vettore ) del gas inerte.
Infatti, tutti gli altri compartimenti ( o tessuti ) vengono a contatto del gas inerte principalmente tramite il sangue anche se resta comunque possibile ammettere un mutuo scambio di gas tra compartimenti diversi da quello simulante il sangue stesso.
Per quanto riguarda il modo in cui interagiscono fra di loro i compartimenti si può ben notare che la stragrande maggioranza degli algoritmi decompressivi applica ancora oggi la schematizzazione dei compartimenti come se fossero tutti in parallelo fra loro mentre da tempo, nel calcolo di alcune tabelle, sono stati applicati modelli che prevedono i compartimenti addirittura tutti in serie fra loro o parte in serie e parte in parallelo fra loro.
Il modello “misto” è quello che più si avvicina ad una schematizzazione corretta della realtà. Sorprende come solo ora si parli di queste rilevanti e contrastanti situazioni e si torni a pensare ad una corretta formulazione del problema proprio in termini di modello matematico ( l’equazione differenziale o un sistema di esse ) alla base della generazione delle soluzioni, cioè delle formule usate nei calcoli delle tensioni.
La differenza fra il modello “compartimenti tutti in parallelo” e l’altro esattamente opposto “compartimenti tutti in serie” non è affatto trascurabile in quanto il primo descrive la risalita dopo la fase di fondo di un’immersione come periodo in cui tutti i compartimenti comunque si desovrasaturano e l’altro invece come momento in cui una parte non trascurabile dei compartimenti stanno ancora saturandosi.
Figura sopra: Compartimenti tutti in parallelo
Figura sopra: Compartimenti in serie e in parallelo
Il momento più delicato
E’ chiaro a tutti che la fase di risalita è proprio il momento più delicato nell’immersione, è il momento in cui ci aspettiamo la maggior precisione delle indicazioni del nostro computer subacqueo, ma ancora non abbiamo ottenuto dalla ricerca iperbarica una risposta univoca, soddisfacente e definitiva alla domanda “durante la risalita, le eventuali soste di decompressione ed i primi momenti dopo l’emersione il corpo del subacqueo si sta prevalentemente desovrasaturando o in parte continua a saturarsi?”.
Fintanto che ci si limita ad immersioni entro i limiti della curva di sicurezza non conoscere la risposta a questa domanda non è forse irrinunciabile ma per quei particolari e sempre più numerosi appassionati della “subacquea estrema”, che si immergono a quote proibitive e sostituendo più volte nel corso dell’immersione il tipo di miscela utilizzato, è assolutamente fondamentale conoscere con la maggior precisione possibile ed in qualsiasi istante dell’immersione la quantità di gas inerte presumibilmente disciolta nel loro corpo.
Conclusioni comuni
Noi riteniamo e da appena un paio di decenni stiamo sostenendo che per questi particolari subacquei la schematizzazione dei tessuti come compartimenti tutti in parallelo non è sicuramente soddisfacente e proprio per loro è necessario continuare a non dare per scontata nessuna impostazione teorica, per quanto diffusa e conosciuta essa sia, e continuare tramite la raccolta di tutti i profili d’immersione ma soprattutto dei profili delle loro “immersioni estreme” ad approfondire le conoscenze e migliorare gli algoritmi decompressivi giorno per giorno, immersione per immersione.
In definitiva, dopo tanti discorsi teorici ma anche dopo tante evidenze sperimentali, osserviamo che oggi finalmente matematici, programmatori, fisiologi dell’immersione e costruttori di computers subacquei sembrano infine tutti concordi: le soste profonde sono necessarie ed aumentano comunque la sicurezza dell’immersione.
Alle organizzazioni didattiche subacquee ora il compito di introdurle rapidamente nei protocolli standard d’immersione che consigliano ai loro allievi, se non l’hanno già fatto.
Francesco Di Pisa e Mario Giuseppe Leonardi
Pubblicato su Mondo Sommerso n.12, Dicembre 2003, www.mondosommerso-online.it
Ringraziando Mario per l’articolo vi invitiamo a visitare il suo sito dove trovate il software:
E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.
Autori: Francesco Di Pisa e Mario Giuseppe Leonardi
Francesco Di Pisa e Mario Giuseppe Leonardi sono due istruttori subacquei di vecchia data, provenienti dal Centro Didattico Federale F.I.P.S.A.S. ( Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee ) di Nervi ed hanno quindi avuto la fortuna di essere stati allievi diretti di Duilio Marcante iniziando poi la loro attività didattica presso la Scuola Federale F.I.P.S.A.S. di Pisa, diretta dall’ingegner Ettore Rigobon, a cui li ha legati sia il comune interesse per la didattica subacquea sia quello per il calcolo numerico, oggetto dei loro studi universitari.
Marcante e Di Pisa | Marcante e Leonardi |
Attualmente Francesco Di Pisa, membro di diverse società scientifiche e tecniche tra cui l’IEEE, è docente presso la Facoltà di Ingegneria Informatica dell’Università di Siena e “Senior Scientist” a capo del Laboratorio di Biostatistica di Ricerca e Sviluppo di Chiron Vaccines di Siena, ove applica, in qualità di esperto, le discipline statistiche, matematiche e informatiche ai campi biologico e medico; Mario Giuseppe Leonardi, Commissario Federale d’Esami per Istruttori F.I.P.S.A.S., è l’autore del libro “Decompressione al computer. Analisi teorico-pratica del fenomeno decompressivo e dei software che lo controllano” edito dalla F.I.P.S.A.S. e dall’Editoriale Olimpia di Firenze ed autore di “Immersioni” per Windows®, il primo software decompressivo italiano realizzato “a solo scopo didattico”, distribuito come shareware assieme al libro e liberamente aggiornabile tramite il sito internet www.lmgsoft.com
Schermata di avvio del programma “Immersioni” per Windows®
Nel 1984 Di Pisa e Leonardi, con l’aiuto di Luigi Gastaldi per la parte hardware, progettarono e realizzarono il prototipo di uno dei primi computers subacquei in grado di calcolare i consumi respiratori e di interfacciarsi a fine immersione ad un computer da tavolo allo scopo di trasferirvi i profili delle immersioni effettuate.
Descrizione della scatola nera
L’invenzione fu brevettata e vinse il secondo premio, la medaglia d’argento nel settore “apparecchiature di sicurezza e di salvataggio”, al 13° Salone Internazionale delle Invenzioni e delle Nuove Tecnologie di Ginevra nell’anno 1985.
Diploma Salone di Ginevra
Di Pisa e Leonardi avevano ritenuto subito che il metodo matematico classico utilizzato per il calcolo delle tabelle di decompressione “prima dell’immersione”, cioè quello haldaniano, non fosse idoneo ad essere applicato nel calcolo in tempo reale delle modalità di decompressione quando veniva effettuato direttamente durante l’immersione stessa e per questo realizzarono, per far funzionare il prototipo, un loro metodo originale ed allora assolutamente innovativo, non fosse altro per il fatto che gli studi degli altri ricercatori dell’epoca non erano ancora noti.
Il loro metodo si basava sul concetto che i compartimenti simulanti i tessuti non potessero essere considerati tutti in parallelo fra loro e che il criterio di sicurezza da seguire durante la risalita fosse quello del gradiente critico e non quello del rapporto critico utilizzato invece da Haldane.
Quando proposero a varie ditte produttrici di attrezzature subacquee italiane e straniere dell’epoca ed a vari istituti di ricerca iperbarica italiani di sperimentare il loro metodo che era solo teorico, frutto solo di considerazioni matematiche, ottennero una serie di rifiuti.
In effetti il risultato matematico che si otteneva col loro metodo forniva indicazioni decompressive difficilmente sostenibili a quei tempi proprio perché comportava soste di decompressione drasticamente più profonde anche di quelle indicate dalle tabelle della U.S. Navy il cui uso loro stessi, come istruttori F.I.P.S.A.S., insegnavano ai loro allievi.
Anche il concetto di “scatola nera” per l’immersione che era insito in quel prototipo era allora troppo avanzato per poter essere realizzato compiutamente in grande scala e solo dopo parecchi anni venne poi effettivamente utilizzato.
Di Pisa e Leonardi esposero le loro idee durante il convegno "I computer del subacqueo" tenutosi a Verona nel 1988 e proposero un loro articolo a tutte le riviste dell’epoca specializzate nell’immersione ma solo la rivista SUB ritenne di pubblicarlo nel dicembre 1988 ( articolo scaricabile in formato .pdf dalla pagina internet http://www.lmgsoft.com/downloads/Articolo SUB n 51 Dicembre 1988.pdf ).
Oggi che vari istituti di ricerca iperbarica collegati ad università straniere hanno pubblicato diversi lavori tutti tendenti a dimostrare, tramite l’evidenza sperimentale, la necessità di effettuare soste profonde, ci pare giusto che sia ricordato quel lavoro, sia pur solo matematico ma sicuramente di molto precedente, di due istruttori F.I.P.S.A.S.
La F.I.P.S.A.S. ha deciso di impostare sperimentalmente una nuova parte della sua didattica sull’approfondimento delle formule che governano gli algoritmi decompressivi e sull’esame, attraverso appositi software, dei profili delle immersioni reali effettuate dai subacquei che seguono i suoi corsi di ogni ordine e grado, profili raccolti in primo luogo per gli scopi del progetto D.S.L. Diving Safety Laboratory del D.A.N. Divers Alert Network.
Questo progetto è stato presentato una prima volta nel marzo 2002 durante l’Eudi Show tenutosi a Verona, poi nel settembre 2002 durante il XV Congresso Nazionale S.I.M.S.I. ( Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica) tenutosi a Palermo poi in due appositi seminari d’aggiornamento riservati ai Commissari d’Esame per Istruttori e Coordinatori Didattici Regionali tenutisi all’Isola d’Elba fra il marzo e l’aprile 2003 e questi provvederanno a comunicarne i contenuti agli altri Istruttori distribuiti in tutta l’Italia.
I contenuti innovativi relativi a tutti i nuovi progetti didattici F.I.P.S.A.S. sono condensati nel CD-ROM “Subacquea sostenibile F.I.P.S.A.S. – Moderne tecniche di accompagnamento in immersione per istruttori federali” già distribuito in versione sperimentale ai partecipanti ai seminari tenutisi all’Isola d’Elba e che verrà distribuito in forma definitiva anche a tutti gli altri Istruttori.
Gli argomenti relativi l’approfondimento delle formule relative agli algoritmi decompressivi si possono liberamente scaricare in formato .pdf dalla pagina internet http://www.lmgsoft.com/downloads/Seminari Aggiornamento FIPSAS 2003.pdf
Francesco Di Pisa e Mario Giuseppe Leonardi
Pubblicato su Mondo Sommerso n.12, Dicembre 2003, www.mondosommerso-online.it
Ringraziando Mario per l’articolo vi invitiamo a visitare il suo sito dove trovate il software:
E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.