Proseguiamo la nostra ricerca conoscitiva sulla attività di studio del corallo condotta dall’equipe del professor Carlo Cerrano.
Il precedente servizio era dedicato all’intervento di ripristino del coralligeno tramite trapianti di gorgonie alla Gallinara. Un altro importante studio realizzato dal gruppo di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche riguarda i meccanismi di riproduzione del corallo rosso nell’AMP di Portofino, alla Colombara e al Faro.
Il corallo rosso fin dall’antichità è stato oggetto di raccolta a fini ornamentali e commerciali; oggi la specie è tutelata, ma non senza difficoltà perché il fatto stesso che abbia un valore commerciale crea interessi economici sempre da tenere a bada; e poco conta il fatto che costituisca un utile per pochi a discapito della tutela dell’ecosistema, che è il più prezioso bene collettivo.
«Alcuni corallari – dice Cerrano – sostengono che una popolazione di corallo, dopo appena 5-6 anni dalla raccolta, possa tornare a essere nuovamente interessante dal punto di vista commerciale» e proprio la verifica di questa ipotesi è una delle ragioni per cui si è cominciato a effettuare questo studio, che vuole offrire una risposta obiettiva.
La riproduzione del corallo a Portofino
Il progetto scientifico coinvolge – accennavamo – le colonie di corallo rosso situate alla Colombara (AMP di Portofino), a una profondità di circa 40 metri e al Faro (a una settantina di metri), altro sito di immersione molto noto dell’area marina protetta ligure, che a circa 40 metri ospita anche una spettacolare foresta di gorgonie.
Lo studio sul corallo all’AMP di Portofino
Ma vediamo in cosa consiste lo studio vero e proprio, pubblicato su “PeerJ” a maggio 2018,
da Federica Costantini, Luca Rugiu, Carlo Cerrano e Marco Abbiati. PeerJ – Journal of Life and Environmental Sciences è un periodico peer-reviewed e Open Access che pubblica ricerche e recensioni in biologia, scienze della vita, scienze ambientali e medicina.
Lo studio – intitolato “Living upside down: patterns of red coral settlement in a cave” (Vivere a testa in giù: modalità di insediamento del corallo rosso all’interno di una grotta
– punta a chiarire come avviene il «reclutamento» (secondo il linguaggio scientifico, insediamento di un nuovo individuo su un substrato) di nuovi individui di corallo rosso in grotta, ambiente confinato e più stabile dell’ambiente esterno, considerato un «mesocosmo naturale» (il mesocosmo è un ambiente naturale ricreato artificialmente, per effettuare esperimenti scientifici) e in parete.
La grotta in cui è stato effettuato lo studio si trova alla Colombara, nell’AMP di Portofino, a una profondità di 34/39 metri sulla scogliera rocciosa orientata a sud e si sviluppa per circa 10 metri in profondità, con una altezza massima di 5 metri. Le pareti della grotta ospitano una ricca comunità di invertebrati sessili tipici delle grotte sommerse: spugne, coralli, briozoi, policheti, tunicati.
Nel giugno del 2010, circa un mese prima dell’emissione delle larve del corallo rosso, sono stati fissati all’interno della grotta con viti di acciaio 16 pannelli (dimensioni 20 x 20) in pvc bianco.
Sono stati posizionati sulle pareti e sulla volta della grotta e lasciati per venti mesi. Pannelli con una galleggiabilità positiva per mitigare il rischio di distacco; quattro sono stati posizionati nel muro verticale destro, quattro in quello sinistro e otto sulla volta, a un metro dall’entrata della grotta, a 30 cm l’uno dall’altro. La distribuzione della colonia di corallo nella grotta era irregolare con una densità media di 349 (+/- 215) colonie per metro quadrato.
Al termine dei 20 mesi, dopo due eventi riproduttivi, i 14 pannelli rimasti sono stati rimossi (due sono andati persi) conservati in etanolo 80% a 4°C per successiva estrazione del DNA.
Le piccole colonie sono poi state rimosse dai pannelli e per ciascuna sono stati misurati diametro basale, altezza e numero di polipi e sette loci microsatelliti (frammenti di DNA) per valutare le relazioni genetiche tra gli individui.
Sono stati contati 372 individui di cui è stata stimata l’età distinguendo le coorti del 2011 (post-larva incrostante o altezza uguale a zero) e del 2010 (piccolo rametto).
Differenze significative sono state riscontrate nel tasso di colonizzazione sia tra le due differenti coorti (legati ai due eventi riproduttivi) e relativamente al posizionamento dei pannelli (pareti e volta).
Sono inoltre stati constatati alti livelli di parentela (i nuovi individui sono fratelli e sorelle).
Due generazioni di corallo a Portofino
Sono state esaminate le due generazioni di corallo conteggiando gli individui, e misurando dimensioni (diametro e altezza) e numero dei polipi con metodologie scientifiche.
Sono inoltre state eseguite analisi genetiche.
Dei 372 individui di corallo rosso presenti nei 14 pannelli, 350 sono stati trovati sui pannelli della volta e 22 su quelli disposti sulle pareti (alcuni di questi ultimi erano del tutto privi di nuove reclute).
Dei 350 individui trovati sui pannelli della volta, poi, 278 erano “reclute” da poco insediate e 72 “giovani” di oltre un anno. I 22 individui riscontrati nei pannelli sulle pareti erano invece tutte reclute.
Per capire se l’ambiente della caverna influenza il reclutamento, un’altra serie di pannelli è stata posizionata esternamente alla grotta, sulla parete del Faro e sulla quale c’è una densità di popolazione del corallo analoga a quella della grotta, a profondità di 35, 45, 55, e 70 metri. Su tali pannelli esterni, in parete, a tutte le profondità non sono state trovate reclute dopo lo stesso periodo di tempo.
Meglio dentro la grotta che fuori
Una risposta certa al perché il reclutamento sia avvenuto all’interno della grotta e in particolare sulla volta e non all’esterno, gli studiosi non si sentono di darla, tuttavia ritengono che sia dovuta a una molteplicità di fattori.
Un primo elemento potrebbe essere che le larve si dirigono verso l’alto e le sporgenze della roccia offrono una più agevole possibilità di insediamento. Un altro fattore che influisce limitando l’insediamento sulle pareti verticali è la presenza di sedimento. L’insediamento in parete è inoltre complicato dalla corrente.
Anche in merito alla alta mortalità riscontrata (indicata dalla stragrande maggioranza di individui di età inferiore a un anno) esistono numerosi fattori: correnti, predazione, competizione, scarsità di cibo. Un’elevata mortalità post-larvale è comunque tipica di tutti gli organismi che producono molte larve.
Altro elemento osservato è una considerevole diversità nella crescita, stimata mediamente pari a 1,48 millimetri per anno. Alla Colombara – infine – è stata riscontrata una forte omogeneità genetica che pare indicare che i nuovi esemplari derivano dalle stesse colonie “genitori”.
Le conclusioni dello studio sul corallo a Portofino
Pur non offrendo lo studio tutte le risposte in merito ai meccanismi di riproduzione, il fatto di avere osservato somiglianza genetica ha permesso di comprendere che il reclutamento avviene tra individui imparentati tra loro e questo potrebbe essere un meccanismo che aiuta a comprendere con quali metodologie si può aiutare la conservazione della specie. Vuole dire che sono bassissime le probabilità che arrivino larve da popolazioni distanti.
L’osservazione del comportamento delle larve durante la fase riproduttiva indica che «quando si staccano – spiega Cerrano – le larve restano in prossimità della colonia materna e si insediano con maggior successo sopra ai pannelli posizionati sulla volta della grotta. Alcuni di questi pannelli sono poi stati trasportati dalla Colombara al Faro, presso una popolazione profonda con colonie di grandi dimensioni, per vedere se le colonie più superficiali possono adattarsi a profondità maggiori. Lo studio consente peraltro di capire di più sull’effetto che hanno i cambiamenti climatici, con un termoclino che nei mesi estivi scende anche a 60 metri permettendo di studiare gli effetti del riscaldamento climatico».
È noto che quest’ultimo elemento è stato una delle ragioni di moria di molte colonie superficiali. I coralli profondi – ci domandiamo – potrebbero rappresentare una garanzia di sopravvivenza della specie, garantendo la riproduzione, qualora si mitigasse il riscaldamento, anche in acque più superficiali?
«Esistono studi – dice Cerrano – che sostengono che, in effetti, i coralli profondi possano rappresentare un serbatoio larvale per le popolazioni più superficiali, ma dalle analisi genetiche che abbiamo fatto con l’Università di Bologna abbiamo visto che si tratta di colonie distinte. Anche perché, a profondità diverse, le differenze di temperature comportano tempi di riproduzione diversificati».
Alcuni problemi del passato sono stati superati, grazie a una maggiore sensibilità e consapevolezza dei subacquei, che sono oggi i primi a difendere la vita del mare, mentre un tempo non era infrequente che ci si portasse a casa un “souvenir” dell’immersione. Anche se – va detto – i danni veri e propri alle colonie di corallo sono derivati dalla raccolta commerciale estensiva fatta con unità ARA.
Resta dunque ancora da indagare come avvenga la riproduzione delle colonie profonde, che secondo i dati raccolti dall’equipe di Cerrano, si riproducono ma con difficoltà nel reclutamento come dimostrato dai pannelli messi in parete verticale e dall’assenza di giovani colonie – e anche a tale scopo (oltre che per vedere se le due popolazioni di corallo, quella più superficiale e quella più profonda possono o no interagire) alcuni pannelli con le larve “reclutate” alla Colombara a – come accennavamo sopra – sono state portate al Faro, e posizionate a 70 metri, accanto a quelle già esistenti.
Sarà interessante vedere cosa succede, se i coralli “nati” a 35 metri sopravvivranno, se cresceranno più velocemente dei fratelli lasciati in grotta e se si mescoleranno con i “cugini”… profondisti!
Nell’ambito del progetto MERCES, descritto nel numero scorso, sono stati inoltre condotti anche trapianti con mastice, trasferendo anche colonie adulte superficiali in profondità per confrontare se si riproducono con le stesse tempistiche delle sorelle lasciate sul posto.
Colonie adulte sono inoltre state trapiantate all’Isola Gallinara per valutare se esistono, sul lungo termine, le condizioni per far tornare il corallo rosso all’isola.