Autore: Claudio Di Manao
Ovvero, ‘il subacqueo creativo‘. Appartengono a questa specie, loro malgrado, tutti quei subacquei addestrati e alimentati a sud del confine statunitense col Messico.
All’inizio si era tentata una suddivisione in quattro specie principali: Uruguayani, Cileni, Argentini e Paraguaiani da un parte, e poi Peruviani, Colombiani, Brasiliani e Venezuelani… ma gli appartenenti alle singole nazionalità, nel vedersi associati ai loro vicini hanno cominciato a strillare, e si sono sollevati così veementemente che si temettero nuove rivendicazioni di confini.
Il mondo accademico della subacqueologia non poteva sopportare il peso di una nuova guerra, si giunse così ad un bivio: raccoglierli in un unico gruppo o non citarli per niente. Si preferì la prima ipotesi.
Tra l’altro i subacquei sudamericani, unici nel loro genere, contengono tante di quelle varianti all’interno dello stesso individuo, che sarebbe il caso di classificarli uno per uno come singoli appartenenti a innumerevoli singole specie. Ma questo non sarebbe stato né serio, né possibile. Si è scelto, quindi, di proseguire con i classici metodi di catalogazione, che si avvalgono del riscontro di caratteristiche comuni alla specie in esame.
Purtroppo il fattore comune più diffuso è risultato essere la varietà. Il subacqueo sudamericano è proprio un caso unico per quel che riguarda fogge e colori delle attrezzature, lingua, affiliazioni didattiche, filosofia dell’immersione. Mai altrove, come tra loro, si è riscontrata tanta varietà di scuole, brevetti, associazioni, differenza d’età nei componenti della stessa attrezzatura, divario d’esperienza all’interno dello stesso gruppo, diverse performance dello stesso individuo nell’arco della stessa giornata, anzi: nell’arco della stessa immersione.
Il sudamericano è un subacqueo capace di tutto, e non finirà mai di stupirvi. In nessun’altra specie come nei sudamericani è possibile riscontrare una percentuale maggiore di autodidatti. Una percentuale così elevata non si era vista neanche tra i pesci.
Questo perché, secondo una teoria, il subacqueo sudamericano è un creativo che ha in sé la conoscenza del mondo in forma embrionale, che intravede l’essenza delle cose attraverso l’istinto, ed il corso sub, nei rari casi, è solo un espediente metafisico di brevissima durata preposto esclusivamente al risveglio di quello che già si sa.
Ovviamente neanche il subacqueo sudamericano è un subacqueo di facile gestione. In una concezione del mondo dove ogni cosa contiene significati nascosti, ogni profondità, velocità di risalita, assetto e modo di pinneggiare diventa lecita.
La sua natazione, anche, segue lo stesso percorso creativo: il subacqueo sudamericano quando nuota sott’acqua inventa, va su e giù, avanti e indietro, a testa in giù, a sirena, di schiena, levita e si libra nello spazio blu incurante di consumi, tabelle, ignaro dei sintomi, al di là delle microbolle. Dotato di una buona socialità, difficilmente si isola dagli altri subacquei, e lì si esibisce nel suo talento naturale più tipico: il ballo.
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