Autore: Dr. Domenico
Nardiello
Tutti noi, biologicamente, siamo vivi già prima
di nascere tanto che potremmo anticipare il nostro compleanno di nove mesi! Non
stupitevi di questa affermazione perché, al di la del nostro personale credo,
cominciamo ad essere un nuovo essere vivente dopo l’unione di uno spermatozoo e
di un’ovocellula che contengono tutta l’informazione che ci farà, poi negli
anni, uomini e donne.
Così, tutti noi viviamo la prima parte della
nostra esistenza in ambiente acquatico, una parte della vita nella quale anche
fisicamente ripercorriamo le diverse tappe evolutive che ci hanno portato dove
siamo oggi. La domanda da porci è: “Esiste già una mente nella nostra
vita intrauterina?”. “
Nel grembo materno, immersi nel liquido amniotico il nostro cervello, in
formazione, funziona già?”. Ebbene, notevoli
evidenze scientifiche lo dimostrano: il nostro cervello di “feti acquatici” è si
un cervello più primitivo rispetto a quello di un soggetto maturo ma percepisce,
registra e risponde.
Potremmo affermare, pertanto, che anche nella
nostra prima grande immersione subacquea, durata molti mesi, abbiamo una
proto-mente operativa. Ecco perché a moltissimi di noi piace il mare!
Come scrive l’apneista Alessandro Vergendo,
sentiamo il richiamo dell’acqua che è parte di noi come noi siamo parte del
creato. La scorsa estate sono rimasto stupito da come il mio nipotino di sei
anni avesse grande facilità al nuoto subacqueo piuttosto che a quello di
superficie. Il bimbo preferisce immergersi, completamente; essere abbracciato
dall’acqua per intero; è più sicuro nel fare tre o quattro bracciate al di sotto
del livello dell’acqua piuttosto che combattere per restare a galla.
Quest’episodio, semplice e scontato per chi è
abituato a vacanze di mare, apre ad una riflessione sul che cos’è, sul cosa
rappresenta il contatto con l’acqua per la nostra mente. Molto probabilmente
entrare in acqua ci concede l’ingresso in una dimensione di rilassamento
psicofisico speciale: tutta la superficie corporea è a contatto con una sostanza
allo stato liquido che attua una stimolazione sui recettori tattili, in modo
diverso da come lo fanno l’aria atmosferica o i corpi solidi che incontriamo
tutti i giorni (gli abiti, la sedia dove sediamo, il piano del letto, ecc.).
Questa sensazione è da un lato originale,
rispetto alla nostra quotidianità “terrestre”, e dall’altro è originaria,
riportandoci alle sensazioni provate nella vita intrauterina. Entrare in acqua
è, pertanto, ogni volta un ritorno alle sensazioni, alle percezioni e alle
memorie primigene. Entrare in acqua è un po’ un ripercorrere quello che abbiamo
vissuto nella prima fase della nostra esistenza che era, senza dubbio, un tempo
di totale integrazione con l’ambiente liquido che ci circondava, un tempo di
perfetta omeostasi e di completa assenza di bisogni e necessità. L’operazione di
immergersi in acqua risulta, pertanto, di per se portatrice di benessere
psicofisico.
Oggigiorno, infatti, buona parte del successo
delle località termali è dovuta anche a questo fondamentale effetto sulla mente
delle persone: oltre all’azione terapeutica
delle acque si ritrova una dimensione di equilibrio psicofisico
unica. Ma, ahimè, ora siamo lontani dall’estate e la più naturale delle acque
nelle quali immergersi, quella del Mare, non è alla portata di tutti!
Lo è però sempre per noi subacquei: una
perfetta soluzione salina che tra l’altro facilità la galleggiabilità. Allora
cari colleghi di tuffo, siate pronti a ricercare anche nell’acqua di mare un
ambiente per il rilassamento psicofisico. Tutti possono mettere in atto semplici
esercizi, anche da non esperti, magari prima di cominciare a scendere nelle
profondità della loro immersione! Prima fra tutti quella posizione che viene
chiamata “fare il morto”,
cioè galleggiare a pancia all’aria sulla superficie dell’acqua con il GAV gonfio
tanto da tenervi ma senza strizzarvi il torace: se riuscite a tenere le orecchie
immerse, gli occhi chiusi e a raggiungere un minimo di isolamento dagli altri,
respirando regolarmente, potrete lasciar andare i vostri pensieri e ritrovare un
contatto con voi stessi … avere un momento per voi stessi.
Trattenendo il respiro per quella che è la vostra capacità, provate poi a fare “il
morto” a pancia sotto. Si chiama
Apnea Statica: galleggiando
liberi da ogni contatto, col volto immerso nell’acqua del mare, rilassate tutta
la muscolatura e pensate a qualcosa di piacevole: ritroverete facilmente una
dimensione interiore di concentrazione e relax. Prima o dopo l’immersione, in
acque basse, se non c’è onda alta, alternandovi con vostro Buddy…… fatevi
cullare, tenendo gli occhi chiusi, sul pelo dell’acqua, con orecchie immerse. E’
sufficiente che vi tenga, per pochi minuti, con una mano sotto la nuca ed una a
sostenere l’osso sacro, il resto del corpo è libero. E’ questa la base del Watsu
che sicuramente vi darà un senso di rilassamento e benessere e come dice Harold
Dull “risveglia la memoria ancestrale collegata alla nostra natura
acquatica”. Ovviamente da subacquei voi se
siete già un po’ più arditi e potete godere della dimensione del benessere
psico-sociale che vi procura l’immersione.
Allora…. svelti: in acqua!
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