Negli ultimi anni si sente spesso dire che i giovani non si avvicinano più alla subacquea. Ma è davvero così? Abbiamo analizzato i numeri, e la risposta non è così semplice.
Un’analisi doverosa per capire il fenomeno Young nella subacque
Avere dati completi e verificabili sul numero di giovani che continuano a immergersi dopo aver preso un brevetto non è facile. Tuttavia, un dato chiaro lo abbiamo: la percentuale di chi consegue un brevetto Open Water o superiore. Nel 2024 (e con dati stabili dal 2020), la suddivisione è 56% over 35 anni e 44% sotto i 35 anni.
Un dato che sorprende, perché ci si aspetterebbe una quota di giovani molto più bassa. Quindi la percezione di una mancanza di nuove leve è errata? Non esattamente.
Questa percentuale riguarda esclusivamente i corsisti, ovvero chi ha seguito un corso e ottenuto un brevetto riconosciuto. Ma essere brevettati non significa necessariamente essere subacquei attivi. E qui sta il punto critico.

Dove finiscono i giovani brevettati?
Un subacqueo attivo è colui che possiede la propria attrezzatura e si immerge regolarmente durante l’anno. Se guardiamo questa categoria, la percentuale di under 35 crolla drasticamente.
Non solo: se dalla quota di brevettati giovani escludiamo i minorenni, il numero si riduce ancora di più. Insomma, tanti prendono il brevetto, ma pochi restano realmente nel mondo della subacquea. Perché?
Il fattore economico: una scusa o una verità?
L’aspetto economico viene spesso citato come la barriera principale. La fascia tra i 18 e i 35 anni è, in generale, quella con meno disponibilità finanziaria. Il costo dell’attrezzatura, degli spostamenti e delle immersioni potrebbe sembrare proibitivo. Ma è davvero così?
I dati ci dicono che i giovani spendono comunque per altre attività altrettanto costose. Una serata in discoteca tra ingresso, drink, taxi e altre spese può tranquillamente arrivare a 50-60 euro, più o meno il costo di un’immersione. Una giornata di sci o snowboard supera abbondantemente i 100 euro tra skipass, noleggio e pranzi in baita.
Quindi perché la subacquea viene percepita come inaccessibile mentre altre attività vengono praticate senza problemi?
Dove sta la differenza?
Non c’è una risposta univoca.
Alessandro e Luca (33 e 25 anni, quindi ancora nella fascia Young), giovani imprenditori e gestori di Massub Diving Center, con due diving center nella riviera ligure, non hanno dubbi sul loro amore per la subacquea: è stato immediato.
Ma ciò che ha fatto la differenza è stato scoprire tutto il contesto che la circonda.
Non si tratta solo dell’immersione, ma dell’atmosfera, della community, del senso di appartenenza a un mondo che va oltre il semplice atto di andare sott’acqua. Chi si avvicina alla subacquea deve poter vedere anche questo lato, altrimenti è facile perdere interesse.
Oltre la ricreazione: la subacquea come azione concreta
Le nuove generazioni non vedono la subacquea solo come un’attività ricreativa per la soddisfazione personale, ma come una possibilità di attivarsi concretamente con azioni mirate per la salvaguardia del mare. Dalle operazioni di pulizia dei fondali al recupero di reti fantasma, fino al ripristino delle barriere coralline attraverso la piantumazione di coralli, i giovani subacquei sono sempre più coinvolti in iniziative di conservazione. Ad esempio, progetti come il Mars Coral Restoration Program in Indonesia hanno previsto l’installazione di strutture in acciaio chiamate “Reef Stars”, dove i coralli possono rigenerarsi, ripristinando porzioni significative di barriera corallina in pochi anni.
Questa consapevolezza si traduce in un desiderio di conoscenza: i giovani vogliono capire il mare per poterlo proteggere al meglio. La formazione non si ferma al brevetto, ma continua con corsi di biologia marina, citizen science e immersioni a scopo scientifico. Conoscere significa saper agire nel modo corretto, e questo è un aspetto che sta ridefinendo il futuro della subacquea.
I diving, se vogliono restare al passo con i tempi, devono definirsi come punto di riferimento per l’organizzazione di queste attività

L’importanza del contesto: i diving oltre la bombola e l’istruttore
Una grande spinta, come dicono i ragazzi di Massub, nasce dal contesto. La subacquea non è solo immergersi, ma tutto ciò che la circonda: le amicizie, i momenti di goliardia, il confronto tra appassionati che condividono la stessa passione.
Per questo, i diving center non possono limitarsi a fornire una bombola e un istruttore. Devono diventare punti di riferimento, veri e propri hub di aggregazione che creano esperienze complete. Organizzare attività di gruppo, eventi tematici, viaggi e momenti di condivisione fa la differenza tra chi prende un brevetto e sparisce e chi invece resta, cresce e contribuisce attivamente alla comunità subacquea.
Gli Open Water Camp
Proprio a fronte di queste considerazioni, i ragazzi di Massub organizzano gli Open Water Camp, un format pensato per offrire ai giovani un’esperienza subacquea completa, accessibile e coinvolgente. Attraverso corsi, momenti di aggregazione e attività di sensibilizzazione ambientale, questi camp non solo permettono di conseguire un brevetto, ma mostrano ai partecipanti il vero valore della subacquea, oltre l’immersione.
Come si svolgono?
- Durata: tre giorni intensivi.
- Attività:
- Formazione teorica e pratica con istruttori certificati.
- Immersioni guidate in gruppi ristretti.
- Serate di confronto e approfondimenti scientifici con esperti del settore.
- Momenti di socializzazione, tra aperitivi in spiaggia e musica dal vivo.
- Costo: 300 €, un prezzo ridotto rispetto ai corsi standard che permette un accesso più ampio ai giovani.
L’obiettivo non è solo fornire un brevetto, ma costruire un’esperienza che permetta ai partecipanti di capire e vivere la subacquea a 360 gradi.

La sfida del ricambio generazionale
La subacquea ha bisogno di un cambio di approccio per coinvolgere e trattenere i giovani. Gli Open Water Camp di Massub rappresentano un esempio di come si possa rendere l’esperienza più accessibile e coinvolgente, abbattendo le barriere economiche e offrendo una visione completa del mondo subacqueo.
La sfida è appena iniziata, ma il futuro della subacquea non è così grigio come molti credono. Stiamo costruendo una community che unisce generazioni diverse, perché la subacquea non ha età: è una questione di spirito.
Noi ci crediamo: Rock n’ Dive, uniti per il mare e l’azoto.