Autore: Marco Daturi
Sin dai tempi più antichi l’uomo ha cercato il modo di prolungare la sua permanenza sott’acqua. Le prime testimonianze risalgono al IX secolo a.c. con bassorilievi assiri raffiguranti uomini che respirano da aria conservata in anfore di terracotta a pochi metri ad un paio di metri sotto il livello del mare.
Le teorie divergono sui motivi che hanno animato i primi sommozzatori. Erodoto raccontava di Scyllis, un persiano assoldato dal re per recuperare un tesoro sommerso. Aristotele narra di recipienti calati sul fondo per rifornire d’aria i pescatori di spugne. Comunque sia iniziata l’avventura sotto i mari è quasi certo che le prime immersioni del IV secolo a.c. erano spinte da fini militari: Alessandro Magno scendeva con alcuni uomini del suo esercito nel porto di Tiro per rimuovere ostacoli riposti dal nemico. Secondo le leggende l’imperatore utilizzava un enorme recipiente di vetro per conservare l’aria ma testimonianze più credibili di strumenti simili si hanno solo nel XIII sec. d.c. lasciate dagli scritti di Roger Bacon, pur con descrizioni vaghe e imprecise.
E’ solamente nella seconda metà del XVI secolo che la tecnologia permetteva al palombaro di rimanere in grosse campane di vetro tenute sommerse grazie ai primi sistemi di zavorra. Dal 1531 questi contenitori d’aria vennero utilizzati con frequenza sempre maggiore e gli impieghi in campo militare vennero sviluppati durante il Rinascimento: uomini armati per combattere e riemergere dalle acque.
Nel 1538 Jean Taisnier riferisce di dimostrazioni per il comandante che vedevano i combattenti riemergere totalmente asciutti da cilindri di vetro e legno.
E ancora per molto tempo si narra di immersioni ma la prima registrata con certezza si ha solamente il 4 Agosto 1913 quando il comandante della nave Regina Margherita riporta sul diario di bordo in modo dettagliato del greco Gheorghios Haggi Satti, un uomo esile che con un sistema di zavorra scendeva fino a -80 metri per raccogliere le spugne. (Una curiosità su quest’uomo: non sapendo compensare era diventato quasi totalmente sordo ma questo gli permetteva di scendere oltre gli 80 metri di profondità).
Anche in questo caso si parla però ancora di apnea, non viene menzionato nessun sistema di fornitura d’aria; è solamente verso la fine del XVIII secolo che vengono costruiti i primi sistemi a vapore di pompaggio dell’aria, utilizzati dapprima nelle miniere per poi essere impiegati anche dai palombari.
Già nei secoli precedenti la rivoluzione industriale era utilizzato un pionieristico sistema di pompaggio dell’aria con conseguenze spesso letali per i palombari.
Verso la fine del 1700 il medico Alphonse Gal compiva in prima persona i primi studi sulle malattie da decompressione con l’attrezzatura dell’epoca per verificare gli effetti della pressione sul corpo umano.
Ci volle ancora qualche decina di anni prima che nel 1841 i medici Pol e Wattelle, studiando alcune sofferenze dei minatori, stabilirono che quando i minatori venivano fatti risalire, e quindi sottoposti a pressioni inferiori, manifestavano dolori strazianti che li portavano anche alla morte mentre il rimandarli in profondità sentivano benefici momentanei.
L’anno seguente il francese Sandale sviluppò un nuovo apparato di respirazione a circuito chiuso composto da una maschera collegata ad un sacco dorsale contenente calce sodata che permetteva di prolungare il tempo di immersione.
Nel frattempo la Marina Britannica fondava la prima scuola di immersione, era il 1830.
Nel 1875 Paul Bert, studiando la causa delle malattie dei minatori arrivò alla conclusione che l’azoto pressurizzato rilascia delle microbolle quando questa diminuisce. Fu solo l’inizio di una serie di ricerche sovvenzionate dalla Royal Navy che portarono il fisiologo John Haldane a stabilire il limite di azoto tollerabile dal corpo umano. Queste informazioni vennero raccolte nelle prime tabelle di decompressione.
Le tabelle inaugurarono un periodo di ricerca in materia di sicurezza dell’immersione e nuovi sviluppi per l’attrezzatura. Fu un crescendo di scoperte, migliorie e invenzioni che permise presto all’uomo di rimanere sott’acqua in condizioni più agevoli e con pericoli sempre minori.
Le sperimentazioni militari videro la Marina Italiana all’avanguardia nell’utilizzo dell’ARO che venne ottimizzato da Tesei e Toschi per diventare un’arma segreta che metteva in crisi le marine nemiche.
Dopo la seconda guerra mondiale le famose avventure di Jacques-Yves Cousteau resero la subacquea sempre più conosciuta e la aprirono al mondo sportivo: fu un susseguirsi di record di profondità e scoperte biologiche.
Con il crescere dell’interesse presto fu scuola e numerose associazioni mondiali portarono questa pratica ai livelli di ieri uniti da un’unica passione: lo SCUBA.
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