Kea, Grecia (-70m)
È il 1898 e nei cantieri navali di Ferdinand Schichau è impostato lo scafo della nave SS Kaiser Friedrich, che sarà varata nello stesso anno per conto del Norddeutscher Lloyd di Brema come nave adibita al trasporto transoceanico di 1.350 passeggeri. La Kaiser Friedrich era dotata di un sistema propulsivo a vapore generato da turbine a quadruplice espansione che dava potenza alle due eliche. La nave aveva dimensioni pari a 183m di lunghezza per quasi 20m di larghezza e una stazza lorda di 12.480 tonnellate; velocità massima di crociera pari a 19 nodi. Nel 1912 cambia bandiera e nome passando alla Compagnia di Navigazione Francese del Sud Atlantico (Bordeaux) e diviene la SS Burdigala, restando adibita alle rotte oceaniche fin quando il 19 marzo 1915 viene requisita dalla Marina francese a Paullac (Gironda) e iscritta nel registro navale militare come incrociatore ausiliario. Lo scafo viene aggiornato e armato con due possenti cannoni nella zona prodiera. Il 14 novembre 1916 la nave è in navigazione per una missione di rientro da Salonicco per Tolone, affonda a causa di una mina lasciata dal sottomarino tedesco U73 nel canale di Kea.
Oggi dopo aver rinviato l’uscita la mattina per condizioni avverse, il pomeriggio sono uscito con un membro del team e la squadra del Diving per valutare le condizioni del mare e mettere il pedagno volante sul relitto. Il mare certo non è un lago, tuttavia abbiamo una finestra da questo momento di circa quattro ore per fare immersione e tornare a terra. Decidiamo di provarci. Scendiamo in quattro.
La corrente di superficie non è molta, sotto il pelo dell’acqua aumenta un po’, ma è nell’approssimarsi al SS Burdigala che diventa più sostenuta. Anche qui scorre con direzione pari alle onde di superficie. Sul ponte di coperta tra i -55m e i -60m è maggiormente presente limitando la visibilità che da eccellente resta comunque superiore ai 25m, almeno. Al di sotto di questo taglio le condizioni cambiano drasticamente e la vista arriva tranquillamente almeno a 40m sull’orizzontale. Guardo spesso in alto dove ho fissato la strobo, a tratti il lampeggio scompare, oscurato dalla densità della corrente stessa. Appena approccio lo scafo, resto entusiasmato dalle dimensioni e dai colori che lo compongono. La visibilità è incredibile, almeno 30m sull’orizzontale.
Sul relitto della SS Burdigala
Mi dirigo inizialmente verso la parte poppiera del relitto, attraversando la parte alta della spaccatura che lo seziona a circa tre quarti scafo. I possenti cala scialuppe ornano entrambe le murate. Il ponte sottostante, sempre più corroso dagli agenti marini negli anni, è composto da monconi di legno che lasciano immaginare cosa stia al di sotto delle proprie pinne. Arrivati allo specchio di poppa iniziamo la discesa verso il timone e le eliche. Lo scarroccio si sente e ci spinge lontano dalla murata che stavamo esplorando, recuperiamo un po’ di metri ridossandoci sotto la murata sinistra. Compaiono davanti ai miei occhi le pale dell’elica poi, volgendo lo sguardo verso l’alto, appare la maestosità della poppa in tutta la sua ampiezza.
Seguo l’albero di trasmissione dal bulbo al punto in cui si innesta allo scafo. Non si tratta di un semplice collettore: è raffinato, rastremato in tubi concentrici e affusolati. È da queste modanature che si apprezza anche la qualità della progettazione del transatlantico SS Kaiser Friedrich.
Recuperiamo la battagliola della murata sinistra. La risalita sembra interminabile tanto è alto lo scafo, in realtà sono circa 15m, l’elica si trova infatti a quota -70m. Attraversiamo il ponte trasversalmente diverse volte al fine di raccogliere più informazioni possibili sul relitto. Le spugne gialle, rosse e viola che lo hanno colonizzato rendono l’immersione ancora più entusiasmante.
Proseguo nel mio giro, inverto la rotta attraversando nuovamente lo squarcio e arrivo al ponte di coperta che conduce verso prua. Ritrovo molti degli elementi che ho visto nell’immersione precedente, comincio a orientarmi. Arrivo al ponte di comando, struttura bellissima su due livelli, elegante, grande e piena di strumentazione e dettagli. Non appena approccio la plancia di comando, un’infilata di cinque torrette si apre al mio sguardo tra telegrafi di macchina e sistemi di comando potenza. Quattro di queste sono ancora in verticale nella loro posizione originale, una quinta è coricata a terra. Seguendola con lo sguardo noto concretizzata tra le spugne azzurre, gialle, rosse e viola, una lampada il cui colore doveva essere bianco, adibita all’illuminazione del ponte prodiero sottostante. Qualche metro più in là e ancora più concretizzata si trova la rispettiva lampada destra. Entrambe hanno ancora il vetro al proprio posto.
È davvero unico ritrovare questi elementi nella selva di colori di cui si compone la vista in questa parte di relitto. Qui si potrebbe stare per ore a identificare gli oggetti che sparsi giacciono qua e là. Riprendo lo scooter e mi dirigo verso prua per fare una carrellata di immagini sui cannoni e il tagliamare. Questa volta con occhio più attento mi accorgo che il cannone di dritta punta verso il mare aperto per proteggersi, mentre quello sinistro è interno alla murata, dato che la nave era già protetta dalla navigazione sotto costa. La visione di questi due colossi resta davvero unica, almeno ai miei occhi. Scendo di qualche metro, attratto dalla possente ancora a marre. È alta almeno un paio di metri e larga altrettanto, impressionante. Gli occhi sono frastornati dai dettagli e dal salto di scala degli elementi che si osservano, che si presentano in sequenza dinanzi a me. Risalgo, mi sposto sulla murata di destra, giro attorno al ponte di comando un paio di volte. Sono avvolto da nubi di pesce azzurro che cambiano repentinamente direzione al mio arrivo. Creano riflessi argentei, onde delicate in un mare di corrente.
D’improvviso arriva lui, il cannone più grande che abbia mai visto armare una nave: 6m di lunghezza, un diametro di almeno 80cm, una bocca di fuoco di circa 30cm. Il tempo si dilata mentre lo si percorre e se ne osservano i dettagli. Nulla a che vedere con gli armamenti che finora ho visto sulle navi da guerra su cui mi sono immerso. È coinvolgente.
Speculare dall’altra parte dello scafo si trova il gemello. Staccandoci un po’, indietreggiando e guadagnando qualche metro di quota si riescono a vedere entrambi con sullo sfondo il ponte di comando. A questo punto pensi di aver visto qualcosa di davvero unico, meraviglioso, ma poche decine di metri oltre compare il pennone prodiero usato per l’avvistamento. È integro, coricato fuori bordo, si allunga dal ponte di coperta fino alla sabbia del fondale.
Ogni tanto getto lo sguardo oltre la murata. La visibilità è così cristallina che si riescono a scorgere le sagome dei reperti che dalla nave sono caduti sul fondale. Non bisogna lasciarsi tentare da queste voci sibilline, proseguiamo verso la prua che è ancora distante. I fumaioli sono crollati, ne restano solo i punti di connessione con il corpo centrale dello scafo. Quello che una volta doveva essere il ponte ricoperto di teak oggi si presenta come un reticolo di travi ferree che lasciano intravedere gli ambienti sottostanti. In corrispondenza del ponte di comando che si sviluppa su due livelli, guardando al di sotto del ponte di coperta scorgo un’elegante vasca da bagno poggiata su piedi leonini. Doveva trattarsi di un complemento d’arredo delle cabine di prima classe, poi convertite all’accoglienza degli alti ufficiali di bordo.
Torno alla linea del pedagno, mi viene in mente quando 40 minuti fa sono sceso per primo sul relitto e una nuvola di centinaia di ricciole mi ha accolto. Quando esco dall’acqua il vento ha ulteriormente rinforzato gracidatori, crepitatori, gorgogliatori, ululatori… l’intero repertorio della Musica dei Rumori del futurista Luigi Russsolo mi avvolge mentre il blu è rotto dalle creste bianche delle onde.
La foto di apertura è di Aldo Ferrucci.