Uno studio pubblicato recentemente dalla rivista Ecology and Sociobiology cerca di chiarire il vero ruolo ecologico dello squalo tigre (Galeocerdo cuvier), considerato di solito uno dei predatori di vertice negli oceani, la cui dentatura robustissima lo mette in grado di aver ragione del carapace delle tartarughe marine.
Lo studio è stato condotto nelle acque di Raine Island, sulla Grande Barriera Corallina Australiana, dove ogni anno circa 12.000 tartarughe verdi (Chelonia mydas) si riuniscono per andare a deporre le uova sulle spiagge.
I movimenti di tartarughe e squali sono stati incrociati usando dati da marcatori satellitari.
I risultati ci dicono che gli squali, sebbene abbiano ogni giorno centinaia di opportunità di incontrare tartarughe sane, rinunciano a inseguirle (comportamento che porta con sé un dispendio di energie) e invece ricercano e attaccano quegli individui che, esausti per la deposizione o vecchi e malati, galleggiano in superficie moribondi o ormai morti. Insomma, come molti predatori terrestri, iene e orsi polari, preferiscono comportarsi da spazzini, risparmiando energie preziose e dedicandosi a prede che non possono più scappare.
Dal canto loro le tartarughe, che conoscono il loro predatore, non sembrano temerlo se sono in salute ma lo tollerano nelle vicinanze.