Autore: Massimo Boyer
A che serve la bocca? Alzi la mano chi ha risposto “per parlare”. In fondo per noi in parte è vero: se la nostra specie è arrivata a questi livelli di evoluzione lo deve in gran parte a un organo in grado di produrre suoni articolati in forma di linguaggio. Senza un linguaggio difficilmente sarebbe nata la nostra cultura, non avremmo scrittura, letteratura, teatro, canto, scienza; io non potrei raccontarvi queste cose. Per tutto questo serve una bocca con una mandibola articolata, muscoli capaci di movimenti vari e precisi, denti, labbra, lingua. Ma la risposta più corretta alla domanda di apertura sarebbe stata molto più prosaica: la funzione biologica primaria di una bocca è soprattutto quella di mangiare.
Passiamo a un’altra domanda: chi ha inventato la bocca articolata dei vertebrati? A dimostrazione che la funzione primaria dell’apertura boccale sia quella di introdurvi il cibo e non di emettere dei suoni, la bocca, così come la vediamo adesso, è nata con gli animali muti per definizione: i pesci.
I primi vertebrati acquatici avevano soltanto una specie di ventosa uncinata, buona per vivere da parassiti succhiando il sangue di altri animali o per aspirare materiale in decomposizione. Bocche di questo tipo esistono ancora nelle le lamprede. Ma il cambiamento che ha permesso ai pesci di diventare dominanti nei mari superando gli invertebrati, e di intraprendere un percorso evolutivo che li ha portati a conquistare le terre emerse, è stato proprio l’evoluzione e il perfezionamento di una bocca dotata di mascelle articolate.
Questa invenzione ha portato a una imponente radiazione evolutiva: efficiente e versatile, con una serie di piccoli aggiustamenti la bocca dei pesci è diventata di volta in volta uno strumento per catturare e sottomettere prede veloci e guizzanti, per staccare dalla roccia e frantumare animali protetti da dure conchiglie, per raccogliere alghe o invertebrati molli attaccati al fondo. Piccoli aggiustamenti hanno permesso ai pesci di specializzarsi nello sfruttamento di tutte le risorse alimentari che il mare offriva. Il risultato di questa radiazione lo vediamo oggi, è la presenza in mare di tante diverse specie di pesci, e di tanti diversi modelli di bocca.
Se a caval donato non si guarda in bocca, guardare in bocca a un pesce ci dirà moltissimo su di lui, sulle sue abitudini, sul suo ruolo nell’ecosistema.
L’apparato boccale dei pesci è più di quello che vediamo dall’esterno: oltre alle labbra, oltre ai denti, esiste in quasi tutti i pesci un secondo set di mascelle, dette mascelle faringee. Si trovano all’interno della bocca, ed hanno la funzione di provvedere al trattamento del cibo che le mascelle esterne catturano e convogliano.
Questo secondo set è molto importante nell’alimentazione dei cosiddetti durofagi, cioè dei pesci che si nutrono di prede dure, protette da corazze, conchiglie, scheletri calcarei.
Niente apparecchio ortodontico per il pesce balestra Balistoides viridescens. I denti sporgenti, temibili, sono un ottimo strumento per staccare dal fondo organismi tenacemente attaccati.
A sinistra. Primo piano sui 4 denti a scalpello del pesce palla Arothron mappa, che se ne serve per prelevare le sue prede dal fondo.
A destra. È formato dalla fusione dei denti il becco del pesce pappagallo Chlorurus microrhinos, in grado di frantumare i coralli.
L’evoluzione è una gara: man mano che le prede, molluschi, crostacei, echinodermi, evolvono il proprio arsenale di conchiglie, corazze, spine, i loro predatori rispondono con mascelle sempre più robuste, atte a fracassare qualsiasi involucro protettivo.
I denti a scalpello dei pesci balestra, dei pesci palla, di molti labridi, sono strumenti formidabili per staccare dalle rocce organismi che vi siano tenacemente attaccati (molluschi, granchi, ricci di mare). Possono anche intaccarne la corazza, ma il compito di frantumarla è delegato alle mascelle faringee, che si occupano anche di separare le parti organiche, da convogliare alla gola, dalle parti scheletriche che vengono risputate o espulse attraverso le fessure branchiali.
I pesci pappagallo erodono il corallo. In realtà solo poche specie si nutrono dei coralli vivi, la maggior parte si limita a rosicchiare i coralli morti sui quali crescono gustose alghe. I formidabili denti fusi in un becco dei pesci pappagallo staccano pezzettini di corallo, ma è un unico grande molare faringeo a agire da mola frantumando il materiale ingerito fino a farne sabbia finissima e a estrarne la materia organica.
L’idolo moresco Zanclus cornutus utilizza la bocca piccola, allungata e provvista di denti a spazzolino per nutrirsi sui tessuti interni delle spugne, molli e ricchi di muco. Eccolo in azione.
Primo piano sulla bocca spalancata del pesce pipistrello Platax teira, un erbivoro.
A sinistra. Incastro perfetto! La boccuccia affusolata del pesce farfalla Chaetodon baronessa lo abilita a tranciare i tentacoli dei polipi dei coralli del genere Acropora, dalle fitte ramificazioni.
A destra. Un insolito primo piano del pesce angelo Pomacanthus imperator mette in evidenza i dentini. Disturbato, il maschio emette un suono schioccante con la mandibola.
Molti altri pesci si sono invece specializzati nel raccogliere animali o vegetali bentonici, nutrendosi di pezzetti di organismi gelatinosi, viscidi, molli, che devono strappare a un fondale a cui sono attaccati. Come gli erbivori pesci chirurgo, pesci coniglio, pesci pipistrello, come i pesci farfalla che si nutrono dei polipi dei coralli, come i pesci angelo e l’idolo moresco che mangiano le spugne. Tutti questi pesci avranno bocche piccole, spesso prominenti, per arrivare negli anfratti più nascosti; avranno denti a pettine o a spazzolino, ideali per raschiare organismi molli.
In tutte le famiglie principali di pesci di reef ci sono specie che si nutrono di plancton. Tutti questi planctivori, pur con i caratteri tipici di ciascuna famiglia, avranno alcune caratteristiche comuni, quali una bocca a forma di tubo che può essere spinta in avanti. Questo movimento improvviso permette al pesce di portare velocemente la sua bocca verso la preda, rendendone difficile la fuga. Inoltre, accompagnandosi all’apertura delle branchie, il movimento genera una depressione che risucchia la preda verso l’interno.
A sinistra. La bocca protrusibile dei pesci mangiatori di plancton. L’allungamento facilita la cattura della preda. Pseudanthias hypselosoma femmina.
A destra. Sebbene non li usi per catturare il plancton di cui si nutre, il pesce balestra dai denti rossi Odonus niger esibisce strani canini alla Dracula.
Molti pesci si nutrono di altri pesci, sono cioè piscivori. Per un piscivoro, l’esigenza principale è avere una bocca veloce e in grado di bloccare una preda rapida, guizzante, coperta di uno strato di muco che la rende viscida e inafferrabile.
Mentre gli squali sono in grado di fare a pezzi qualsiasi preda prima di ingoiarla grazie a una sega multipla di denti taglienti, i pesci ossei di solito ingoiano la loro preda intera. I denti saranno un micidiale arco di uncini, che affondano nella carne della preda e la bloccano, mentre eventualmente le mascelle faringee si danno da fare per sottometterla e spingerla verso l’esofago.
La bocca grande dei mangiatori di pesci permette la cattura di prede di grosse dimensioni. La cernia rossa Cephalopholis sonnerati.
A sinistra. La strana pigmentazione della cernia bocca rossa Aethaloperca rogaa.
A destra. Nei predatori che cacciano all’agguato, come lo scorfano Scorpaenopsis oxycephala, la bocca grande permette catture fruttuose.
A sinistra. Il pesce lucertola Saurida nebulosa esibisce un ghigno poco rassicurante per le sue prede.
A destra. Come pugnali, i denti della murena Gymnothorax meleagris, posti anche sul palato, trafiggono la preda e la trattengono, con poche possibilità di scampo.
A sinistra. Quasi invisibile, il pesce rana gigante Antennarius commersoni mostra una bocca poco rassicurante.
A destra. I pesci rana sono in grado di dilatare la bocca all’inverosimile per catturare prede quasi della loro stessa dimensione. La bocca spalancata del pesce rana peloso Antennarius striatus.
Antennarius striatus
A sinistra. La bocca allungata del pesce falco Oxycirrhites typus si chiude con una rapidità straordinaria sui piccoli pesci.
A destra. Un predatore particolare. Il falso pulitore Aspidontus taeniatus avvicina le prede fingendosi un pulitore e poi le azzanna staccando piccoli pezzi di squame o pinne.
Come ci si sente dopo l’attacco di un pesce lucertola? Questo Pseudanthias squamipinnis è scampato ma ha riportato ferite devastanti, che lo rendono ora una preda facile.
Bocche grandi caratterizzano soprattutto i predatori poco mobili, quelli che cacciano all’agguato, come i pesci rana, gli scorfani, i pesci lucertola. La difficoltà della cattura è bilanciata dalla possibilità di catturare prede molto grandi, in modo da massimizzare il rendimento.
Troviamo specializzazioni estreme nei pesci farfalla dal becco lungo (generi Chelmon, Forcipiger): il prolungamento dell’apparato boccale li mette in grado di pizzicare una preda negli anfratti più irraggiungibili. La bocca dei singnatiformi (cavallucci marini, pesci trombetta, pesci ago, pesci fantasma) è un tubo allungato chiuso all’estremità. L’apertura delle branchie e la dilatazione del tubo creano un vuoto che all’apertura della mandibola basculante determina un potente risucchio: micidiale per piccole prede come crostacei e pesciolini.
A sinistra. La bocca allungata del pesce farfalla Chelmon rostratus, adatta per catturare piccoli invertebrati tra i coralli.
A destra. Come tutti i singnatiformi, il pesce fantasma Solenostomus paradoxus si avvantaggia della bocca a tubo per la cattura di piccole prede.
La straordinaria bocca a tubo del pesce trombetta Aulostomus chinensis, un capolavoro di alta ingegneria.
In animali privi di arti, come sono i pesci, la bocca è spesso un utensile prezioso anche per altre attività. Ad esempio la riproduzione. Gli opistognatidi (pesci mascella) e gli apogonidi (pesci cardinale) la usano come incubatrice: il maschio vi custodisce le uova fino alla schiusa, sospendendo in pratica l’alimentazione.
I pesci che preparano un nido per le uova (Aqva n. 220) utilizzano la bocca per ripulire il terreno su cui la femmina deporrà, ed allora avranno denti atti a raschiare, strappare, spazzolare, anche se magari la loro alimentazione non prevede nessuna di queste attività. Con la bocca di solito il maschio di questi pesci somministra cure alle uova, pulendole, e trasferendo loro con la saliva importanti sostanze per la loro immunità.
A sinistra. La bocca smisurata del pesce mascella Opistognathus sp. è utilizzata anche dal maschio per incubare le uova.
A destra. Cheilodipterus macrodon è un grosso pesce cardinale piscivoro. Dietro alla chiostra dei denti si possono vedere le uova, con gli occhi dei piccoli già visibili.
A sinistra. Deciso sul corallo: la castagnola dorata Amblyglyphidodon aureus, planctivoro, mostra degli incisivi invidiabili. Il maschio li usa per strappare i tessuti molli dei coralli neri e mettere a nudo lo scheletro dove la femmina deporrà le uova.
A destra. Tenero con i cuccioli: Amblyglyphidodon aureus utilizza la bocca per ripulire le uova e passare loro, con la saliva, sostanze antibiotiche. Ecco il primo bacio di papà.
Un cenno sull’igiene orale: abbiamo chiarito quanto preziosa sia la bocca per i pesci. Ovvio che un organo così importante debba essere oggetto di pulizia approfondita. Come sempre, non potendo fare da sé, i pesci sono obbligati a rivolgersi per le pulizie a animali pulitori, altri pesci o gamberi. Durante la sosta dal pulitore, la fase dell’apertura della bocca per la rimozione di residui di cibo dai denti è sempre una fase importante e prolungata.
Infine un’ultima annotazione. Tra le funzioni secondarie della bocca pochi pesci hanno quella di emettere suoni. Non tutti sono muti, alcuni pesci pagliaccio ad esempio e alcuni pesci angelo emettono suoni schioccanti aprendo e chiudendo velocemente le mascelle, per minacciare l’intruso che si avvicini troppo. Insomma, anche l’uso della bocca nelle comunicazioni in qualche modo era già stato scoperto dai pesci.
A sinistra. Il momento dell’igiene orale per i pesci richiede l’intervento di un pulitore. Labroides dimidiatus nella bocca del pesce istrice Diodon hystrix.
A destra. Il labbradolci Plectorhinchus polytaenia spalanca le fauci permettendo l’ingresso del pulitore Labroides dimidiatus. La pulizia è un momento importante nella giornata di ogni pesce.
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© Massimo Boyer – www.kudalaut.eu – [articolo pubblicato su Aqva n. 227]