La subacquea è un’attività relativamente sicura a patto che si rispettino determinate condizioni.
Secondo i dati, non recenti ma ancora validi, del National Safety Council of the USA, della National Sporting Goods Association (USA) e del National Electronic Injury Survey System ( NEISS, USA), l’immersione ricreativa non figura fra gli sport che, più frequentemente, provocano infortuni, mostrando un livello di rischio di lesione pari allo 0,4 %, approssimativamente al livello del gioco del bowling.
Inoltre, dati europei indicano che il numero di incidenti è rimasto relativamente costante negli ultimi 20 anni, mentre il numero dei praticanti è cresciuto enormemente nello stesso periodo. Tutto questo indicherebbe che la sicurezza delle attività subacquee è, generalmente, ottima ed in continuo miglioramento.
Nonostante questi dati, comunque, il rischio dell’immersione è sopravvalutato dall’opinione pubblica. Questa può essere la ragione per cui, quasi a compensazione, l’immersione viene presentata come un’attività totalmente priva di ogni rischio in certe campagne promozionali.
L’informazione a riguardo deve essere corretta e realistica, senza inadeguate esagerazioni, ma altrettanto, senza alcuna sottovalutazione.
La quasi totalità degli incidenti della subacquea ricreativa, accade per la eccessiva confidenza assunta, che ha indotto il sub ad “accantonare” alcuni dei principi basilari appresi durante i corsi.
Il rispetto delle norme fondamentali di sicurezza, quali il controllo pre-immersione, il sistema di coppia, la profondità max consentita dal proprio brevetto, la velocità di risalita, la sosta di sicurezza, non dovrebbe mai essere derogato. Quando questo avviene, comporta sicuramente un innalzamento delle possibilità che possa verificarsi un problema, che potrebbe potenzialmente diventare causa di un incidente.
IL SISTEMA DI COPPIA
Immergersi in coppia, significa ridurre enormemente la possibilità che possa verificarsi un incidente in immersione, ovvero come risolvere un problema con l’aiuto del proprio compagno, prima che possa diventare un reale rischio per la propria incolumità.
E’ una delle principali regole della sicurezza per l’immersione e va applicata con serietà e convinzione.
PROFONDITÀ E NARCOSI D’AZOTO
Il rispetto delle profondità consentite dal livello del proprio brevetto, è un’altra delle regole fondamentali che vengono insegnate durante un corso subacqueo.
L’utilizzo dell’aria in immersione, è legato al problema della gestione della narcosi nelle discese più profonde.
Col termine narcosi da azoto si intende quella particolare sensazione di ottenebramento mentale, simile agli effetti di una sbornia, tanto da essere chiamata anche ebbrezza di profondità.
Il comandante Cousteau la definì “effetto Martini”, riscontrando, ogni 10-15 metri, gli stessi effetti prodotti dal bere il celebre cocktail (gin puro con una parte di Martini dry).
In sostanza consiste in una minore capacità di giudizio e di riduzione delle prestazioni neuromuscolari, che pone il subacqueo in una condizione di rischio senza che se ne renda conto.
Non esiste una soglia oltre la quale se ne sentono gli effetti, in quanto il grado di influenza sul subacqueo varia da individuo a individuo e dipende dalle condizioni fisiche ed ambientali; di norma si pensa che la narcosi insorga attorno ai 30 mt. di profondità.
PROFONDITÀ E TEMPI D’IMMERSIONE
Tutte le immersioni definite ricreative, vengono svolte in curva di sicurezza, ovvero programmate entro la profondità assoluta max dei 40 mt. e con tempi di fondo tali da non dover effettuare soste decompressive.
L’utilizzo delle tabelle d’immersione e i computer subacquei consentono di programmare le immersioni in tal senso.
Il superamento dei limiti di profondità e di permanenza in immersione che eccedono i limiti suddetti, esulano dalla subacquea ricreativa e richiedono addestramento e attrezzatura particolare.
LA VELOCITÀ DI RISALITA E SOSTA DI SICUREZZA
La velocità di risalita è senza dubbio il più importante dei parametri da rispettare per la sicurezza delle immersioni.
Durante la risalita il corpo ha bisogno di tempo per adattarsi al cambiamento di pressione; una risalita lenta consente al corpo di eliminare i gas inerti (in questo caso l’azoto), contenuti nell’aria respirata e assimilati dai tessuti durante l’immersione, in modo graduale. La velocità deve essere compresa tra i 9 e i 18 mt. al minuto, da osservare con maggior attenzione e in modo più prudenziale negli ultimi metri.
La sosta di sicurezza è una sospensione precauzionale della risalita, eseguita ad una profondità tra i 3 e i 6 metri (in genere 5) per un tempo tra i 3 e i 5 minuti (in genere 3) per ridurre la quantità di azoto in eccesso.
IL RISCHIO MDD E I COMPUTER SUBACQUEI
La malattia da decompressione (MDD) è sicuramente lo spauracchio di tutti i subacquei, ma la sua frequenza è molto bassa.
L’impiego diffuso che oggi si fa dei computer subacquei, sicuramente contribuisce a limitare la possibilità di contrarre questa malattia, ma è solo la prudenza e il buon senso di ognuno di noi che può veramente ridurre il rischio.
I computer sono basati su algoritmi, a loro volta basati su modelli o tessuti matematici in relazione, all’assorbimento prima e all’eliminazione poi, dei gas respirati in immersione, ma nessun modello può tener conto di alcuni elementi come il sesso, l’età e le condizioni fisiche dell’utilizzatore, né delle condizioni ambientali come la temperatura dell’acqua, le correnti o altre variabili.
Conseguentemente è buona norma assumere un atteggiamento prudenziale cercando, ove possibile, di rimanere ampiamente entro i limiti segnalati dal proprio computer, ancor più se si è in un contesto di immersioni ripetitive per più giorni di seguito.
In qualche caso di MDD è stato riscontrato che l’immersione non era stata condotta in contrasto con le tabelle o il computer; pertanto le conoscenze in relazione ai meccanismi d’assorbimento e smaltimento dell’azoto, non possono ancora essere considerate né complete né esaustive da un punto di vista scientifico, al fine scongiurare il rischio della malattia.
Il trattamento in camera iperbarica non sempre restituisce la piena funzionalità all’organismo umano, pertanto perché rischiare?
E’ meglio prestare più attenzione ai tempi di permanenza di fondo, alle tappe di sicurezza e alla velocità di risalita, nonché e soprattutto alle proprie condizioni psico-fisiche (rinunciando magari ad una immersione), piuttosto che ritrovarsi, col senno di poi, a ricercare cause e responsabilità, che nella maggior parte dei casi sono da ricercare solo in noi stessi.
Autore: Flavio Verde
È assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle immagini presenti in questo articolo senza il consenso dell’autore.
Letture correlate: La sicurezza in immersione: la subacquea è sicura?