Autori: Cristina Alesii e Claudio Di Manao
"La nostra angoscia: Sharm è finita"
SHARM EL SHEIKH — Le pareti tremano e la tensione elettrica vacilla. Mi sento pronunciare le parole: «E’ la fine di Sharm». Corriamo in strada. La gente indica una nuvola di fumo in cielo, in direzione dell’Old Market, o della baia. Saliamo in sella al motorino, e scendiamo verso Sharm vecchia. Ci andiamo perché non vogliamo crederci, perché abbiamo voglia di dire: «No, non nella Città della Pace», come è stata ribattezzata Sharm per la sua pacifica e multietnica convivenza. Piuttosto vogliamo credere che sia esplosa una barca, come due anni fa. Invece l’Old Market è già pieno di vigili del fuoco, polizia, ambulanze. Ci sono centinaia di persone in strada, la bomba è esplosa davanti ad un shisha-bar, uno dei baretti dove gli egiziani si radunano a fumare il narghilè, bere del tè, guardare la tv. La facciata del Tiran Mall è distrutta.
Ci sono automobili distrutte, gli idranti affogano d’acqua quelle rimaste intere. Ci sono dei morti in terra: uno, riconoscibile, ha gli abiti egiziani. La polizia cerca di allontanarci…temono il ripetersi dell’orrore di Bali, altre bombe sui soccorritori. Un’altra esplosione, lontana… poi gli sms, ma la rete cellulare sta cedendo. Ci raggiunge una telefonata: due esplosioni a Naama: una davanti al Ghazala Gardens, l’altra al parcheggio dei taxi. Pensando ci sia bisogno di sangue corriamo all’ospedale. Arrivano sms dal Consolato d’Italia.
Lì ci si rende conto della gravità del danno. Un migliaio di persone premono sui cancelli, l’ospedale è preso d’assalto. Ci sono dei nostri amici, Cristina e Waheed… ci dicono che il sangue nostro non lo prendono, forse hanno paura dell’Aids, forse ci sono motivi religiosi. Decidiamo di andare a Naama Bay. Ci avviciniamo al parcheggio dei taxi, dove è avvenuta la seconda esplosione. Sharm è già una città moribonda, tutto chiuso, tutto spento, i pochi passanti si aggirano come fantasmi. Poi verso il Ghazala Gardens passando per una strada interna. Avvicinandoci alla strada principale vediamo vetrine in frantumi, e siamo a centinaia di metri di distanza. Sbuchiamo davanti alla facciata dell’Hotel & Casino. La facciata sembra sia stata strappata via da un gigantesco artiglio, le macerie attraversano l’ampia strada principale. Chiediamo ancora alla «Mezzaluna Rossa», un poliziotto gentilmente ci accompagna. E’ calmo e ha lo sguardo fisso, come tutti. Ci ringraziano, dicono che ne hanno già tantissimo, tanti donatori. Ancora vetri, pezzi di telaio d’auto vetri.
Era una festività musulmana. Da una settimana era pieno di turisti egiziani. Così hanno eluso i controlli: confondendosi coi turisti arabi, in una zona del Paese blindata dove noi stranieri abbiamo libera circolazione. Non è difficile rendersi conto da subito che hanno ucciso e ferito un gran numero di egiziani. Dall’attentato di Taba avevano vietato l’accesso a tutte le auto nei parcheggi degli hotels. Il Ghazala, invece era sulla strada principale. Facilissimo deviare e depositarsi sotto la reception. Il parcheggio dei taxi, l’Old Market… Hanno ucciso passanti, gente in strada. Senza discernere tra occidentale, ebreo, musulmano.
Il giorno dopo le autobombe c’è già chi se ne va a casa e non sono turisti: l’orrore sta cancellando migliaia di posti di lavoro. E’ già tutto chiuso, tutto smontato. Metà del tuo cervello, quella più pratica, pensa a come andare avanti. A cosa fare ora, a come riorganizzarsi, a ripartire. L’altra metà rifiuta l’idea che tutto questo possa essere avvenuto realmente, che possa essere capitato a te.
Gli attentati sono un ricatto contro un Paese affrancatosi dal medioevo, affrancatosi col turismo dalla schiavitù del petrolio. Vogliono la fame, la dipendenza dal petrolio. La Città della Pace. Abbiamo tutti sperato che questo nome, la tolleranza che c’è qui, la voglia di lavorare ci proteggessero. Inutilmente. Peace Road, il nome della strada principale, dove ancora stamane c’erano vetri e macerie. Questo posto, casa nostra, non si meritava una cosa del genere.
L’articolo è stato pubblicato su IL GIORNO di domenica 24 Luglio 2005. Fonte: Quotidiano.net
E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.