Una brutta notizia per tutti i fan degli squali: se fino a 5 anni fa durante un alta stagione a Gansbaal, in Sudafrica, era normale avvistare fino a 20 grandi squali bianchi al giorno, oggi chi ci lavora si ritiene fortunato se riesce a vederli in un anno intero. Il loro numero è in forte e rapido declino, e gli avvistamenti del predatore di vertice al largo del capo occidentale del paese sono diminuiti rapidamente negli ultimi cinque anni.
Molte immersioni si concludono con uno 0 avvistamenti, e scienziati e lavoratori iniziano a chiedersi il perché, tra l’altro proprio mentre altre zone segnalano una ricchezza anomala di squali. Qualcuno punta l’indice contro la pesca coi palamiti, che cattura soprattutto le specie di squali più piccole, esportate in Australia per il fish and chips, che sono uno dei cibi preferiti degli squali bianchi.
Poi c’è il problema delle catture accidentali, squali bianchi uccisi da strumenti di pesca messi per prendere altro. Alcuni ricercatori danno la colpa della scomparsa dei grandi bianchi a un altro predatore: l’orca, il cuoi numero sarebbe aumentato fino ad entrare in competizione con gli squali e a forzarli ad allontanarsi.
A 100 miglia di distanza in un altro hot spot, la False Bay, un’altra drammatica diminuzione degli squali bianchi è segnalata. Con una conseguente proliferazione di foche, normalmente preda degli squali. Più foche significano meno pesci, e tutto il delicato ecosistema dell’oceano è sconvolto dalla scomparsa di un predatore di vertice.
Insomma, la rarefazione degli squali bianchi spaventa un po’ tutti, dai turisti ai pescatori. Quello che preoccupa maggiormente gli scienziati è che, dato il ciclo vitale dello squalo bianco, che raggiunge tardi la maturità sessuale e si riproduce con un ritmo lento (una femmina adulta, di 4,5 m e oltre, partorisce al massimo 10 piccoli vivi ogni 2 anni), l’effetto di un’eventuale misura di protezione si sentirà solo dopo tempi lunghissimi.