Una oceanografa ha sviluppato un software per eliminare automaticamente gli effetti negativi dell’acqua sulle foto (rifrazione della luce, assorbimento selettivo dei colori). Vogliamo fare chiarezza?
Se hai mai provato a fare delle foto sott’acqua, ti sarai reso conto che uno dei principali fattori che rovina le nostre fotosub è proprio l’acqua. Le particelle presenti in acqua provocano una rifrazione della luce e un effetto nebbia sempre presente. Le componenti cromatiche della luce bianca sono assorbite in modo selettivo, cosicché colori come il rosso spariscono già dopo i primi metri ed oltre una certa profondità tutto assume una dominante verde-bluastra. Per evitare questo tocca munirsi di uno o due flash esterni, ed imparare a posizionarli bene (per non peggiorare la situazione).
Alcuni organi di informazione possono aver trasmesso l’idea che i problemi siamo finiti grazie al software Sea Thru. Cerchiamo di fare chiarezza.
Come funziona il Sea-Thru
La tecnologia alla base di Sea-thru (che riferendosi al mare, “sea”, gioca con l’assonanza di “see-through”, “vedere attraverso”) è stata sviluppata da Derya Akkaynak, ingegnere e oceanografa, ricercatrice post-dottorato all’Univerisità di Haifa, in Israele. Sea-thru è stato creato partendo dalla cattura di più di 1.100 immagini subacquee, ponendo alla base dei soggetti una scheda colori per istruire l’algoritmo sulla corrispondenza delle tinte in presenza della massa d’acqua.
“Ogni volta che vedo una barriera corallina con grandi strutture tridimensionali, metto la scheda colori alla base della barriera e mi allontano di circa 15 metri“, spiega Akkaynak. “Poi comincio a nuotare verso il reef, verso la cartella colori, e lo fotografo da angolazioni leggermente diverse“.
Utilizzando queste immagini come un set di dati, i ricercatori hanno poi addestrato il programma per analizzare matematicamente le immagini, rimuovere le distorsioni e regolare il colore, lavorando a livello di singolo pixel. Ovviamente il risultato non è equivalente a quello che si potrebbe ottenere con i normali strumenti di foto editing, come il de-fog o la correzione colore.
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Il Sea Thru servirà soprattutto per velocizzare la ricerca scientifica, rendendo possibile catturare immediatamente grandi set di immagini veritiere degli organismi marini senza bisogno di flash, e contribuirà a stimolare la ricerca subacquea in un momento in cui i nostri oceani sono sotto stress a causa dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici e di una pesca eccessiva.
“Non si tratta di migliorare o saturare i colori in un’immagine, ma di applicare una correzione fisicamente accurata anziché una modifica visivamente piacevole” dice Akkaynak.
Ecco perché, alla continua ricerca del “visivamente piacevole” piuttosto che del “fisicamente accurato”, pensiamo che per ora il fotosub farebbe meglio a impratichirsi, studiando bene la teoria e il posizionamento dei flash piuttosto che cercare aiuto nell’intelligenza artificiale. Fermo restando che la cosa potrebbe in futuro avere anche applicazioni creative nel campo della fotosub.
Per chi fosse interessato, il lavoro scientifico è disponibile qui.