Intervista a Luciano Bosso e Rosario Balestrieri, autori del lavoro che ha mappato la presenza delle uniche due specie di cavalluccio marino presenti nel nostro paese: Hippocampus hippocampus e Hippocampus guttulatus.
I ricercatori annunciano: «I nostri risultati possono essere usati per migliorare la conservazione di questi splendidi animali in Italia»
La situazione dei cavallucci marini nei mari italiani
I cavallucci marini, tra gli animali più carismatici dei nostri mari, più conosciuti al subacqueo e più difficili da osservare, sono organismi molto minacciati dalle attività antropiche.
Tali attività, secondo l’IUCN (International Union for Conservation of Nature), l’ente preposto nel conservare l’integrità e la diversità della natura e nell’assicurare che qualsiasi utilizzo delle risorse naturali sia equo ed ecologicamente sostenibile.
Negli ultimi 15 – 20 anni le attività antropiche hanno portato a una riduzione delle popolazioni di circa il 30% di Hippocampus hippocampus e Hippocampus guttulatus;le uniche due specie del genere Hippocampus presenti nel Mediterraneo.
Diversi motivi contribuiscono a questo declino come, per esempio, la pesca, la raccolta per l’acquariologia e l’utilizzo come “farmaco” in alcune pratiche di medicina tradizionale usate in alcuni paesi dell’Asia. Questa pratica infligge danni significativi, poiché i cavallucci marini vengono catturati e uccisi senza necessità.
Si calcola che in tutto il mondo 15-20 milioni di individui vengono pescati ogni anno per questioni terapeutiche. Il loro massacro continua nonostante dal 2002 tutte le specie del genere Hippocampus siano state inserite nelle liste CITES (Convention on International Trade of Endangered Species) come specie minacciate di estinzione e di cui è proibito il traffico internazionale. Come se ciò non bastasse, il traffico di cavallucci marini purtroppo continua, soprattutto in Italia, anche per esser venduti come souvenir.
Uno studio, appena pubblicato sulla rivista Ecological Informatics, guidato dai ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli in collaborazione con altri enti come il CNR, l’Università delle Tuscia, l’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, l’Università del Salento, il Centro Nazionale per la Biodiversità e sostenuto dei subacquei ha permesso di capire dove esattamente possono essere rinvenuti e quali minacce affrontano i cavallucci marini in Italia.
Per avere maggiori informazioni sul lavoro appena pubblicato abbiamo sentito l’ecologo Luciano Bosso (ricercatore presso l’ISAFOM-CNR ed ex assegnista di ricerca della Stazione Zoologica Anton Dohrn) e l’ornitologo Rosario Balestrieri (tecnologo della Stazione Zoologica Anton Dohrn) che mette in risalto l’enorme potenziale dell’integrazione tra la citizen science, la scienza fatta con l’aiuto dei cittadini, e l’ecologia spaziale.
Intervista a Luciano Bosso, responsabile delle analisi geospaziali e di modellistica ecologica
Luciano, ci può presentare brevemente il vostro progetto, spiegando la sua utilità e unicità?
È il primo lavoro che mette insieme dati raccolti con una campagna ad hoc di citizen science (cioè quell’insieme di attività collegate a una ricerca scientifica cui partecipano i cittadini) per la raccolta di dati di presenza delle due specie di cavallucci marini presenti in italia, cioè H. hippocampus e H. guttulatus, e avanzate metodologie di ecologia spaziale (sviluppo di approcci computazionali per l’analisi di dati ecologici spaziali a varie scale).
Il nostro lavoro fornisce importanti informazioni pratiche come:
- Quali solo le aree potenzialmente idonee per la presenza delle due specie di cavallucci marini nei nostri mari;
- Quali e di che tipologia (ad esempio SIC, Parco Nazionale, Parco Regionale) sono le aree protette coinvolte in questo momento nella loro protezione;
- Quali sono le aree in Italia, suddivise per regioni, maggiormente a rischio di perdita di aree idonee per i cavallucci.
In pratica il nostro lavoro fornisce delle specifiche informazioni utilizzabili ai fini gestionali per la conservazione dei cavallucci. Sapere quale area proteggere o sapere quali sono le attività umane che impattano sulla presenza dei cavallucci in una determinata zona, significa avere la possibilità di trasformare queste informazioni in azioni concrete per proteggerli e magari fermare il declino che stanno subendo le popolazioni di H. hippocampus e H. guttulatus nel Mediterraneo.
Il progetto è stato realizzato con l’aiuto dei subacquei “normali”. Quali difficoltà e quali vantaggi può presentare un progetto che utilizza la Citizen Science.
La citizen science al giorno d’oggi è diventato uno strumento importante per chi fa ricerca scientifica. Infatti, attraverso una scienza partecipativa, che include i cittadini, gli scienziati hanno la possibilità di condurre indagini e fare scoperte che non sarebbero in grado di fare da soli.
Infatti, coinvolgendo i cittadini in diverse attività come ad esempio la raccolta, comunicazione e l’analisi dei dati, i ricercatori possono portare avanti i loro studi in un modo più efficiente e aumentare la loro portata, intenso anche e soprattutto come inclusione dell’opinione pubblica.
Le potenzialità della citizen science sono enormi, basti solo pensare che in uno studio che ho recentemente pubblicato su Global Change Biology, sempre sull’efficacia del contributo dei cittadini in campagne di acquisizioni dati, è venuto fuori che i dati raccolti dai cittadini consentano di esplorare preferenze ambientali, in quello studio si parlava di specie aliene invasive, più efficacemente di quanto si potrebbe fare con i soli dati raccolti da scienziati, soprattutto grazie alla loro maggiore abbondanza e copertura geografica.
Questo ci fa capire quanto l’integrazione e la collaborazione tra scienziati e cittadini è diventato uno strumento molto importante e sempre più efficace per lo studio della natura. Chiaramente, e questo è un punto fondamentale, i dati ottenuti dai cittadini vanno validati, cioè bisogna capire se e quanto sono attendibili. E in questo, l’occhio e l’esperienza del ricercatore sono fondamentali.
Quali sono le principali minacce per i cavallucci marini in Italia che le attività umane comportano?
Dal nostro lavoro risulta che la pesca è purtroppo la principale attività umana che minaccia la conservazione dei cavallucci in Italia. Ci tengo però a precisare che i pescatori sono i primi a essere molto accorti a evitare di pescare cavallucci, solo che molto spesso questi finiscono nelle reti da pesca casualmente.
Il nostro monito va a chi pratica tipologie di pesca, come quella a strascico, che purtroppo è in grado di sterminare intere popolazioni di cavallucci; oltre chiaramente a distruggere completamente gli habitat in cui questi vivono, come ad esempio le praterie di Posidonia oceanica o il coralligeno.
Oltre a ciò, sappiamo anche che la raccolta in natura di esemplari per l’acquariologia e l’essicazione di questi animali come souvenir sono pratiche molto usate in Italia.
I cavallucci marini sono molto sensibili all’attività di pesca per alcune caratteristiche della loro biologia che li rendono unici. Ce li potresti riassumere?
I cavalucci marini sono animali che usano il mimetismo come unica arma per evitare di essere predati, non hanno altri mezzi a disposizione. Quindi di solito loro sono poco mobili e restano ancorati al substrato per evitare di essere mangiati o presi. Quindi se si utilizza una tipologia di pesca come quella a strascico, questa raccoglie tutto e il cavalluccio non ha la possibilità di sfuggire.
Anche per quanto riguarda la raccolta a mano, un cavalluccio se vede la mano di una persona che sta per prenderlo, non tenta di scappare. Anzi, continuerà a stare fermo sperando di non essere visto. Questo chiaramente fa si che la raccolta in natura purtroppo sia piuttosto semplice.
Un dato che ti ha sorpreso una volta valutati i dati?
L’abbondanza di aree potenzialmente idonee, dal punto di vista delle caratteristiche ambientali, per i cavallucci marini in Italia. Il nostro paese sembra essere un bel luogo in cui vivere per gli Hippocampi.
Questo studio può diventare un modello per migliorare la protezione di altre specie?
Tra i vari prodotti finali ottenuti dal nostro lavoro ci sono delle mappe che possono essere usate dai decisori politici e dagli enti preposti alla conservazione per capire, ad esempio, dove realizzare future campagne di monitoraggio per il censimento delle aree idonee per i cavallucci o dove attuare delle misure di mitigazione delle attività umane per evitare di arrecare altri danni alle popolazioni di cavallucci marini o agli habitat in cui questi vivono.
Quindi i risultati che noi forniamo e le metodologie usate possono essere usate per mappare altre aree nel Mediterraneo di H. hippocampus e H. guttulatus ma può essere usata anche su altre specie di cavalluccio nel mondo.
Intervista a Rosario Balestrieri, responsabile del questionario diffuso tra i subacquei ad Eudi
Ciao Rosario, partiamo subito con la prima domanda:
Come hai scelto le domande da inserire nel questionario distribuito a Eudi?
Non è stato semplice per me in quanto sono un ornitologo, che si occupa di uccelli marini ma che utilizza spesso la Citizen Science come approccio alle indagini scientifiche.
In questa circostanza, quando ho avuto l’idea del questionario da sottoporre ai subacquei, mi sono imbattuto in due principali difficoltà: la prima è quella di avere conoscenza abbastanza limitate delle due specie e l’altra di non essere un subacqueo e quindi non conoscere le difficoltà pratiche nel raccogliere dati quando indossi maschera e pinne.
Tali criticità sono state superare grazie al gruppo di lavoro che è ruotato intorno al questionario partito a maggio e finalizzato in dicembre 2021: in questi mesi ciclicamente mi sono incontrato con Raffaele Panzuto (Dottorando Università della Tuscia), il Prof. Luigi Musco (Università del Salento) e Bruno Iacono (Stazione Zoologica Anton Dohrn) per confrontarmi sulle caratteristiche biologiche ed ecologiche della specie oltre che per comprendere le difficoltà di compilazione che potevano incontrare i sub.
Sul finire di questo percorso di realizzazione abbiamo incontrato i referenti PADI e PSS per sottoporgli il questionario, limare i dettagli e finalizzarlo per tutti. L’aspetto più innovativo di questo progetto di Citizen Science è il reclutamento attivo dei rilevatori da parte del gruppo di ricerca: per questo tipo di approccio alla raccolta dei dati di norma ci si sarebbe “limitati” a scaricare i dati di cavallucci riportati su una delle varie piattaforme dedicate,
Noi abbiamo invece incontrato, online o fisicamente i sub per motivarli alla partecipazione e grazie a questo sforzo siamo stati ampiamente ripagati con oltre 100 osservazioni inedite.
Altro punto di forza di questo questionario è stato la verifica della bontà del dato attraverso un’autodichiarazione sulla capacità d’identificazione, verificata durante la compilazione da un test fotografico e anche dall’invio di foto da parte dei sub.
Come pensate di utilizzare i risultati del sondaggio nella pratica?
La speranza è che le autorità competenti, usino articoli scientifici come i nostri per trarne utili informazioni gestionali per un utilizzo della risorsa mare più consapevole e sostenibile. Oltre a ciò, con gruppo di lavoro ci siamo sempre resi disponibili ad incontri pubblici, in cui illustrare i risultati ottenuti ai portatori d’interesse.
Sappiamo che hai diffuso il questionario durante EUDI 2022, hai notato interesse e partecipazione da parte dei subacquei?
Io non ho potuto partecipare fisicamente ad Eudi 2022 in quanto in quel periodo ebbi il Covid, ma potevo notare a distanza l’incremento di questionari compilati che in quei giorni fu notevole, circa il 20% delle osservazioni utili fu raccolto in quel contesto.
I cavallucci marini sono sicuramente un’icona del mare, facile da ricordare e per cui è quasi naturale provare empatia e questo semplifica il processo di raccolta dati.
Nell’interfaccia con i sub emergeva però sistematicamente la diffidenza nel concederci la coordinate esatte dell’ubicazione dei cavallucci, il timore era che l’eventuale resa pubblica del lavoro potesse favorire il prelievo, ma per rassicurare gli osservatori e non incappare in questo pericolo, l’ubicazione precisa dei singoli dati non è stata svelata.
Biosketch
Luciano Bosso (Ricercatore presso l’Ististuto per i Sistemi Agrari e Forestali del Mediterraneo – CNR)
Ecologo interessato a capire su larga scala quali sono i processi coinvolti nella distribuzione di specie marine e terrestri attraverso l’utilizzo di software e pacchetti GIS, tecnologie WebGIS, modellistica ecologica e telerilevamento.
Grazie al mio background multidisciplinare, che va dalla ecologia alla zoologia, dalla genetica all’evoluzione e dall’informatica alla statistica, ho potuto applicare metodologie di ecologia spaziale a una diversificata quantità di organismi, spaziando dai batteri alle balene.
Le mie ricerche sono focalizzate a capire come i fattori biotici e abiotici variano nello spazio e nel tempo, come essi interagiscono tra loro e come reagiscono ai cambiamenti ambientali dovuti sia a cause naturali che antropiche. Ho condotto i miei studi analizzando ecosistemi sia marini che terrestri, con un particolare focus su quelli presenti in Europa e nel bacino del Mediterraneo.
La mia attività di ricerca e di scienziato si divide essenzialmente in due parti:
- fornire degli avanzamenti nelle conoscenze nei campi dell’ecologia spaziale e quantitativa su larga scala, mettendo a disposizione i risultati dei miei studi per migliorare la gestione e la pianificazione del territorio e la conservazione di specie e habitat;
- cercare di portare le grandi scoperte scientifiche in ambito biologico ed ecologico al grande pubblico, tramite una corretta divulgazione scientifica ed educazione ambientale.