È da un po’ di tempo che faccio immersioni, sia in estate che in inverno e fino ad ora non ho mai sentito il bisogno di aggiungere tra la mia attrezzatura, questo tipo di muta: la stagna.
Mi è sempre piaciuto sentire il contatto con l’acqua, o per meglio dire sentirmi “immersa”, io che tra le mie esperienze effettuate “in acqua” (per non dire sul campo). Posso affermare che il primo anno “invernale” mi sono immersa con una umida 7 mm, e gli altri tre con una semistagna sempre da 7mm, nelle mie acque partenopee dove la temperatura in immersione si aggira intorno ai 14°.
C’è da dire che tutti gli amici d’immersione, si sono sempre fatti le croci, nel vedermi scendere in questo modo, ma io in acqua non ero per nulla infreddolita, forse troppo concentrata nell’ammirare le bellezze del mondo sommerso. Sentivo più che altro il bisogno del caldo, nel post-immersione, che compensavo volentieri con felpe e giubbini imbottiti. È anche vero che dopo tanti anni e soprattutto d’inverno non faccia tanto bene al nostro corpo, subire queste temperature gelide immersi in acqua senza protezioni che solo una stagna ti potrà dare.
Quindi spinta dalla voglia di estendere i miei limiti underwater, per il nuovo anno, ho deciso che eseguirò un corso/brevetto nella specialità Ice Diver, per questo tipo di immersioni quindi servirà per forza di cose, una muta a tenuta stagna in trilaminato che mi tenga parecchio al calduccio.
Ho scelto alla fine di affidarmi al produttore Santi, in quanto è l’unico al momento sul mercato che abbia deciso di creare una linea prettamente studiata per le donne, con un look decisamente femminile con materiali leggeri, morbidi ma molto resistenti ed elastici, il tessuto è nylon impermeabile, alcuni tratti in cordura e nei punti più delicati ci sono materiali rinforzati, ad esempio sotto il cavallo, le ginocchia costituite in kevlar.
Una lunga cerniera ripstop TIzip, per una grande comodità nella vestizione autonoma, è posta davanti e parte dalla spalla destra scendendo trasversalmente sull’anca sinistra, in più ha una altra cerniera con bandella di protezione. Porta due tasche molto ampie e capienti ai lati delle cosce, i polsini li ho scelti in lattice anche il collo per una perfetta aderenza, l acqua non passa! Le valvole sono Apeks.
Decisa nel rompere il salvadanaio marchiato “scuba-shop” a maggio ordino la mia muta stagna Santi lady first Emotion, dopo aver preso le misure dal mio rivenditore ufficiale di Napoli, Sub Evolution, attendo con trepidazione il momento che arrivi la fatidica prova in acqua.
Prova in acqua
Prima immersione
E così in una caldissima giornata di sole a luglio, con 40° di temperatura esterna, mi presento nelle acque del mio bel golfo in compagnia di Ivana, la mia istruttrice/guida nonché amica di tante avventure subacquee, pianifichiamo una bella prova pesata, vi lascio immaginare con questo caldo e un sotto tuta 190 il calore che immagazzinava!!! (undersuit Flex 190 Santi)
Questa muta mi ha scatenato tante sensazioni nuove, (io l’avrei più chiamata sensation che emotion): la prima è l’asciutto, mi sentivo avvolta e racchiusa in una seconda pelle, la comodità e velocità nella vestizione, niente più forzature come vestire il neoprene. Mi sentivo in un flusso psicologico di ilarità e benessere, ora so come si sentiva Wonder Woman quando indossava il suo costumino.
Altra sensazione è l’ assetto che si sviluppa meglio con l’aria che circola tra te e la muta, mi sono divertita tanto nell’ondeggiare l aria da un lato all’altro del corpo, effettuo una vera danza!!!
Seconda immersione
La seconda volta che mi sono immersa, per mia inesperienza, rischio l’effetto pallonata: ho dimenticato di riaprire la valvola e come se non bastasse, non ho stretto bene il fermo sulle caviglie, completamente ignara delle manovre per riuscire a gestire l’aria in eccesso. Mi ritrovo in verticale a testa in giù ( un po’ come dormono alcune balene) per fortuna il mio amico Fabio, mi salva in calcio d’ angolo o per meglio dire, riesce a scortarmi vicino alla cima di ancoraggio.
Dopo questa piccola e divertente disavventura che comunque mi è servita da esperienza, sempre più determinata nel riuscire a gestire in modo ottimale la stagna, mi organizzo un terzo tuffo, ma stavolta, cerco sul web qualche video di come e soprattutto quali manovre si effettuano in caso di “bisogno”.
Terza immersione
Dopo questa visione mi sento più sicura e tranquilla, anche se un po’ di timore comunque mi accompagna, durante questa giornata, ne parlo con Ivana e Flavia di queste mie sensazioni nella fase pre immersione, in quanto non sapevo se all’occorrenza sarei riuscita ad effettuare queste benedette manovre.
Carichiamo tutto sul gommone, io mi vesto in un attimo, infilo il sottomuta. Porca paletta fa ancora caldo ma lo tengo lo stesso addosso, metto anche la muta e in 30 secondi netti sono bella vestita e più che pronta!!!
Ecco che arriva la prima fase delicata, mentre salgo sul gommone, chiudo la mia stagna ed effettuo la prima manovra di sgonfiaggio, è moooolto importante che io riesca a togliere tutta l’aria che mi ritrovo all’interno, altrimenti non riuscirò a scendere nei primi metri di immersione, quindi eseguo la manovra, incrocio le braccia mi piego ed accartoccio in una finta seduta, l’aria fuoriesce dalla valvola di scarico e le 14 persone presenti sul gommone insieme a me si fanno un sacco di risate!!!
Arriviamo sul sito d’immersione i delfini ci accompagnano, la felicità arriva alle stelle, siamo tre gruppi di subacquei pronti a lanciarci in acqua, io scendo con Flavia l’amica sub che mi accompagna in queste avventure subacquee, anche Pierluigi mi scorta e Federico guida il nostro gruppetto. Sono l’ultima a tuffarmi con una capriola, tutti mi aspettano sulla cima, segnali di rito, sciacquo la mia maschera, guardo giù, cima bianca, acqua blu, sgonfio il gav e discendo libera senza opposizioni d’aria, in 15 metri d’acqua che è talmente pulita da vedere il fondale, penso che gli 8 kg di zavorra sono perfetti come pesata al momento, devo solo vedere al ritorno come andrà a finire ma nel frattempo prendo i riferimenti di ancora, rocce e posizione del sole, arrivata a 12 metri do un colpetto d’aria al carico, mi palleggio l’aria, sto bene tutto perfetto ci viviamo questa bellissima immersione, peccato che dai 17 ai 25 metri nei quali siamo stati immersi, l’acqua era un po’ torbida L’unico pensiero che tengo è se al ritorno riuscirò a risalire correttamente e quindi dopo un bel giretto in compagnia di Flavia che si diverte a scattare foto e Pier che gli trova qualche soggetto ogni tanto, dopo 40 minuti d’immersione riconosco la via del ritorno, delle rocce familiari mi fanno capire che sto vicino alla cima, la guida mi dice che potremmo fare un altro giretto qui intorno visto che abbiamo ancora aria a sufficienza, ma io saluto i miei compagni e mi dirigo verso l’ancora, intenta ad eseguire manovre di rilascio graduale dell’aria…
Concentrata come se dovessi eseguire un compito di matematica, mi sgonfio il gav, oddio è già sgonfio, praticamente realizzo ora che ho controllato il mio assetto per tutto il tempo dell’immersione solo con l’aria che avevo nella stagna, ora capisco perché alcuni istruttori dicono che si potrebbe usare solo la stagna per il controllo dell’assetto e usare il gav solo in caso di necessità o quantomeno per altri scopi.
Poco male, con il computer risalgo i miei 9 metri al minuto, mano a mano che risalgo sento la positività dell’aria su me stessa e a poco a poco la gestisco e sposto a seconda di dove si trovi, opportunamente la faccio spostare alla mia sinistra, piego l’avambraccio e scarico agitando il braccio (anche se forse non ce ne fosse bisogno…) mi giro, alle mie spalle una divertita Ivana osserva la mia scena, Federico arriva imminente anche lui. Sono a 6 metri e mi fermo per 3 minuti, nei quali mi diverto a sperimentare il mio assetto, mi lascio dalla cima e riesco anche a restare in quota. Grande soddisfazione!!! Ce l’ ho fatta…
Insomma più mi immergo con questa muta e maggiore è la scoperta nettamente positiva di questo gioiello, veste alla perfezione e che da tanto confort.