Il futuro delle formazioni coralline è incerto, ma secondo un mega-gruppo di scienziati non è troppo tardi, bisogna solo capire bene cosa si può salvare.
I reef (o formazioni coralline) sostengono una biodiversità immensa, finora conosciuta solo in parte, e forniscono servizi fondamentali a milioni di persone, garantendone la sopravvivenza (protezione delle coste dall’erosione, supporto alla pesca, al turismo. I reef intorno al mondo sono minacciati da molte attività umane, con la minaccia più grave e attuale rappresentata, su scala mondiale, dal riscaldamento e dall’acidificazione delle acque marine.
Una grandiosa equipe di esperti, in un lavoro pubblicato sul numero 546 della rivista Nature, affronta il problema sotto un nuovo punto di vista. I reef del futuro, queste le conclusioni, saranno completamente diversi da quelli di oggi o di 30 anni fa, dobbiamo accettare l’impossibilità di restaurarli esattamente come erano, e agire subito.
L’approccio attuale alla conservazione sta fallendo, perché troppo spesso si cerca di conservare senza conoscere le vere cause del declino. Cause che possono includere la raccolta diretta, opere marittime, l’inquinamento, la pesca eccessiva, la sedimentazione e l’aumento globale della temperatura.
Il reef salvabile
L’azione combinata di questi fattori sta trasformando i reef verso una nuova forma, composta da un nuovo mix di specie.
La scienza deve accettare questo e rinunciare a salvare le singole specie. La sfida adesso è cercare di avere in futuro dei reef completamente funzionali, in grado di sostenere la vita e il benessere di centinaia di milioni di persone che dipendono da loro. In questo aiutati dalla capacità che molte specie dimostrano di evolvere, di modificarsi adattandosi alle nuove condizioni. E dalla nostra capacità di cambiare.
La possibilità di salvare il reef è una porta socchiusa, che si sta chiudendo rapidamente. L’aumento della temperatura di 1°C ha già prodotto 3 eventi massivi di sbiancamento, l’aumento previsto dal COP21 di Parigi (1,5°-2°) porterebbe a cambi ancora più radicali.
Ammesso che si riesca a rispettare i limiti previsti dal COP21, ma questa è un’altra storia…