foto di Laura Pasqui
La testimonianza di un superstite e un documento storico, giunti in redazione, riportano alla luce il tragico episodio dell’affondamento, il 5 agosto 1943, della Regia Corvetta Gazzella in cui persero la vita oltre cento marinai italiani. Il relitto della nave riposa oggi nel nord della Sardegna, al largo di Castelsardo, su un fondale sabbioso di 56 metri.
Prologo. Lo studio del passato attraverso l’uso delle fonti, ovvero la storia. ScubaZone oggi si occupa anche di questo, grazie a preziosa documentazione che i lettori inviano in redazione, a volte affinché si possa far luce su vicende ancora nascoste, a volte affinché, come in questa circostanza, possano esserne ricordati i protagonisti. «Salve, siamo Nino, Vito, Enzo e Franco, figli di Pietro Santoro, classe 1922, marinaio imbarcato sulla Corvetta Gazzella, con la categoria di Torpediniere, un superstite, anzi un miracolato come lui stesso si definiva. Nostro padre ci ha sempre raccontato con orgoglio di essere stato un marinaio della Regia Marina chiamato a prestare il servizio di leva nel luglio 1942. Venne imbarcato sulla corvetta Gazzella il 16 dicembre dello stesso anno». E’ così che riaffiorano i ricordi del Gazzella…
ERA UN’UNITÀ’ DELLA REGIA MARINA, CLASSE GABBIANO SERIE ANTILOPE, IL CUI COMPITO PRINCIPALE, NEL CORSO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE, ERA LA CACCIA AI SOMMERGIBILI.
Le corvette della classe Gabbiano furono costruite durante il secondo conflitto mondiale quando si verificò la necessità di dover scortare numerosi convogli. Dopo aver fatto fronte a questa necessità utilizzando le navi più disparate, dai cacciatorpediniere di squadra alle vecchie torpediniere della prima guerra mondiale, nel 1941 venne decisa la costruzione di sessanta unità delle corvette classe Gabbiano, adatte alla scorta dei convogli e alla caccia dei sommergibili nemici. Il Gazzella venne impostato il 20 gennaio 1942, varato il 9 maggio dello stesso anno e il 6 aprile dell’anno successivo consegnato alla Regia Marina Italiana, il cui comando la contrassegnò con sigla identificativa C20 e la assegnò alla Squadriglia Corvette di stanza alla Maddalena. L’unità navale era armata con un cannone anti-nave da 100/47 mm a prora, tre mitragliere da 20/70 singole nella zona prodiera e due mitragliere binate da 20/65 mm posizionate a centro nave sulla tuga dove vennero installati, inoltre, uno a dritta ed uno a sinistra, due tubi lancia-siluri, armati con siluri da quattrocentocinquanta costruiti da silurifici italiani. A bordo erano imbarcati ben otto lanciatori singoli di BAS (bomba anti sommergibile) e due scarica-bombe Gatteschi. Il Gazzella sviluppava circa diciotto nodi di velocità, spinto da due motori diesel Fiat M407 da 1750 HP. La propulsione, oltre ai motori diesel per la marcia normale, prevedeva due motori elettrici per la marcia silenziosa per consentire alle unità, durante la caccia ai sommergibili, di eseguire la ricerca nella quasi totale assenza di vibrazioni e di sorgenti rumorose rendendo così più facile avvicinarsi all’obbiettivo senza essere scoperti. Nel breve periodo di attività, quattro mesi dal 6 aprile del 43 all’agosto dello stesso anno, svolse nel mar Tirreno sessantatre missioni, principalmente scorta ai convogli e caccia antisom, per oltre ottomila miglia.
ALL’ALBA DEL 5 AGOSTO 1943, IL GAZZELLA, URTÒ’ ACCIDENTALMENTE UNA MINA NEL NORD DELLA SARDEGNA ED AFFONDÒ’ IN POCHI ATTIMI A TRE MIGLIA DALLA COSTA.
Il 5 agosto 1943 alle ore 5.08 il Gazzella si trova in navigazione nel mare della Sardegna insieme alla corvetta C42 Minerva, dirette entrambi verso la Maddalena, quando, al largo di Castelsardo, urta in maniera accidentale la mina di uno sbarramento posato qualche giorno prima dai due posamine tedeschi, Pommern e Branderburg. Fonti non ufficiali attribuiscono la causa ad un errore di navigazione da parte del Comandante in seconda in quel momento in plancia al comando dell’unità, ma trattasi di ipotesi ancora da accertare attraverso la lettura del C.I.S. (Commissione di Inchiesta Speciale) conservato presso l’Ufficio Storico della Marina Militare. Lo scoppiò, tuttavia, devasta le lamiere a prora e causa la morte di un centinaio di giovani marinai rimasti intrappolati, a quell’ora del mattino, nella nave che affonda, spezzandosi in due tronconi, nel giro di pochissimi minuti, mentre i pochi superstiti vengono raccolti in mare dai mezzi di soccorso. Al momento dell’esplosione, Pierino, così come veniva soprannominato Piero Santoro è all’esterno della nave ed avverte solo di essere lanciato in aria per poi perdere conoscenza. «Il miracolo di nostro padre – continuano nella mail i figli – fu che, al momento dello scoppio, era di guardia sull’albero maestro, e quindi fu scaraventato in mare perdendo i sensi, per poi ritrovarsi in ospedale, come si può leggere dal rapporto originale che alleghiamo a questa testimonianza». Il marinaio Santoro, infatti, si riprende dopo circa un’ora a bordo della Regia Corvetta Minerva sulla quale riceve i primi soccorsi. Viene trasportato quindi a Maddalena e da qui trasferito il giorno seguente presso l’Ospedale Militare Marittimo di Riserva di Arzachena. Sul prezioso documento che ci viene inviato, foglio di protocollo 984 del 1° settembre 1943 della Direzione di Sanità Militare Marittima della Maddalena, si legge chiaramente: «Il Torpediniere Santoro Pietro di Gaetano da Bari, classe 1922, matricola 77162, appartenente alla Regia Corvetta Gazzella, è stato qui ricoverato per ferita penetrante nella regione tibiale anteriore piede destro, ferita da taglio guancia, contusione escoriate fianco gomito sinistro».
IL RESTI DEL RELITTO DEL GAZZELLA SI TROVANO OGGI A TRE MIGLIA DA PUNTA TRAMONTANA, A METÀ’ TRA LE CITTADINE DI CASTELSARDO E SORSO.
Il ritrovamento avviene nel 2002 grazie alle ricerche da parte del Batrokos Diving di Castelsardo, i primi ad immergersi sul relitto. La segnalazione da parte del diving comporta l’intervento degli specialisti della Marina Militare, che, dopo un sopralluogo iniziale, tornano nel 2004 per una vera e propria operazione di bonifica del relitto dalla maggior parte degli ordigni presenti. «A 48 metri mi accolgono le mitragliatrici binate da venti millimetri puntate verso il cielo ». Lo stato di conservazione del Gazzella e l’immersione sul relitto ce li descrive in maniera accurata Marco Occulto, nativo di Sassari, che, in compagnia del fratello Luca, hanno esplorato il relitto molte volte: «La mia prima immersione, risale all’ottobre del 2002. Ricordo che scesi in un blu intenso trasparente, tipico di queste limpide acque sino a cinquantotto metri arrivando sul fondo. L’ancora della mia barca appoggio aveva scarrocciato! Dopo una breve ricerca con il reel mi ritrovai sotto la murata del relitto e risalii sino a quarantotto metri sulla coperta. Ero sul Gazzella!». «Sulla prora rovesciata su un fianco e staccata di circa venti metri dal resto dello scafo – – prosegue Marco – si trovano l’ancora nell’occhio di cubia e il cannone da cento millimetri, attorno al quale girano nuvole di saraghi maggiori, fasciati e pizzuti di taglia considerevole». Il troncone è spaccato di netto dal resto dello scafo per via dell’esplosione ed attraverso una piccola apertura è possibile compiere una breve penetrazione. Marco ci descrive aragoste che fanno capolino da ogni tana e che, nel paracolpi del cannone da cento millimetri, trova nascondiglio una mustela per nulla preoccupata della presenza dei subacquei. «Proseguendo sulla scafo – continua Marco – è evidente il punto d’impatto con la mina. In questa zona del relitto si comprende la violenza della detonazione e la drammaticità di quei momenti: gli alloggi sono devastati dallo scoppio, la plancia è collassata per intero sulla tuga. Sono riconoscibili il fumaiolo ed una scala interna». Raccomanda, inoltre, che: «La penetrazione è vivamente sconsigliata poiché la ritengo molto rischiosa, i punti di accesso sono angusti e le lamiere sono un potenziale pericolo». Dal punto di vista tecnico Marco consiglia l’utilizzo di una miscela trimix 18/45 ideale per questa quota, miscele decompressiva EAN50 ed ossigeno a partire dalla quota dei sei metri. Superata la zona della plancia si presenta uno spettacolo mozzafiato. «Sulla tuga ci sono ancora le mitragliere binate da venti millimetri che servivano per il fuoco di sbarramento antiaereo – ci descrive Marco – con le canne rivolte ancora verso il cielo. Sia a dritta che a sinistra sono ancora in posizione i tubi lancia-siluri, inclinati di circa trenta gradi rispetto allo scafo. La loro posizione indica che la nave era ancora in caccia sommergibile pronta a fare fuoco» come si evince dalla fotografie a corredo dell’articolo, scattate qualche anno dopo da Laura Pasqui e Daniele Gualdani. L’immersione si conclude a poppa dove sono presenti i lanciatori pneumatici delle Bas e, sotto di esso, il timone e le due eliche, perfettamente poggiate e semiaffondate sul fondale sabbioso. Una rete appoggiata sul lato di dritta, si cala come un sipario sul fondo quasi a volerne celarne una parte. «Nonostante le numerose immersioni – conclude Marco – il relitto del Gazzella non manca mai di regalare qualche nuova emozione.
Epilogo. «Nostro padre – concludono i figli del marinaio Pietro Santoro – ricordava che i naufraghi del Gazzella si potevano contare su una mano ed a quel punto del racconto gli si riempivano gli occhi di lacrime dalla commozione e si mordeva le labbra dal dolore». Dopo la convalescenza nella sua città natale di Bari, Pietro Santoro fu imbarcato sulla Regia Corvetta Minerva dove vi rimase sino al congedo nel dicembre 1945. Pierino ha sempre narrato negli anni la sua storia di marinaio miracolato, sino al 1999 quando si è spento all’età di settantasette anni. I figli, Nino, Vito, Enzo e Franco, venuti a conoscenza di siti internet che riportano notizie del relitto del Gazzella, hanno deciso che il modo migliore per decorare simbolicamente il padre fosse quello di riportare ai lettori di ScubaZone la sua indelebile testimonianza.
SCHEDA TECNICA
- Cantiere: OTO Melara Livorno
- Impostazione: 20 gennaio 1942
- Varo: 9 maggio 1942
- Completamento: 6 febbraio 1943
- Perdita: 5 agosto 1943
- Radiazione: 20 dicembre 1946
- Dislocamento: 640 ton.
- Pieno carico: 740 ton.
- Dimensioni: lunghezza: 64,4 (f.t.) mt.
- Larghezza: 8,7 mt
- Immersione: 2,5 mt.
- Apparato motore: 2 motori diesel elettrici
- 2 eliche
- Potenza: 4.000 HP
- Velocità: 18,5 nodi
- Combustibile: 70 t di nafta
- Autonomia: 3.450 miglia a 10 nodi
- Armamento: Armamento all’entrata in servizio
- 1 cannone da 100/47 mm
- 4 mitragliere da 20/65 in impianti binati
- 3 mitragliere singole da 20/70mm
- 8 lanciabombe a.s.
- 2 scaricabombe a.s.
- Equipaggio: 112
CON CHI ANDARE – DIVING TDC I SETTE MARI
E’ possibile immergersi sulla corvetta C20 Gazzella guidati dalle esperte guide del TDC I Sette Mari, che offre un servizio technical diving. I punti di partenza per le immersioni sul relitto sono da Porto Torres o da Castelsardo. Le uscite in mare sono assicurate da due gommoni da 6,50 metri. Sempre presenti a bordo il barcaiolo (in possesso dei brevetti di assistente di superficie, CPR-FA, patente nautica), un assistente alla vestizione, un Safety Diver ed una guida. Oltre alle immersioni sul Gazzella è possibile eseguire immersioni sui seguenti relitti: A. Podestà (55-66 metri), Albatros (57-60 metri), il Number One (34-39 metri) ed il Baccan (72 metri). Numerose le secche in mare aperto tra cui la Secca di Castelsardo (11-45 metri), Secca algherese (34-54 metri), Schiena di cavallo (33-50 metri) e la Parete del corallo (65-100 metri). Per informazioni: www.i7mari.it – 349 6399213 Luca