Autore: Gianpiero Piva
Una ventina di anni fa, a Hurgada in Egitto sul mar Rosso, ho trovato un’ostrica perlifera (Pinctada Margaritifera “credo” erythrensis) con all’interno 85 piccole perle e con in più molte mezze perle nel mantello su entrambe le valve. Di questo ritrovamento e dell’estrazione ho anche il filmato; inoltre sono in possesso della certificazione con radiografie di perle e conchiglia effettuata del CISGEM – Centro Informazione e Servizi Gemmologici di Milano.
Devo precisare che le piccole perle che ho trovato erano 85 ma una l’ho data alla ragazza presente al ritrovamento, mentre 2 sono andate perse. Per questo motivo la certificazione riguarda 82 “ovoidi irregolari” (complessivamente c.a 14 carati, corrispondenti a più di 55 grani), che sono tuttora in mio possesso. Nella certificazione si parla di perle e concrezioni calcaree: sono tali quelle piccole formazioni che, pur non avendo le sufficienti stratificazioni tali da definirle vere e proprie perle, sono comunque composte di madreperla (aragonite) al pari delle altre formazioni perlifere.
All’epoca sapevo che poteva essere un caso non frequente un ritrovamento come il mio, anche se le strade della cittadina erano piene di locali che vendevano ai turisti conchiglie e coralli. In seguito ho approfondito la cosa e lo scorso anno sul Web ho letto che le perle naturali sono diventate rarissime, costituendo oggi esemplari da collezione che gli amatori si scambiano direttamente e per i quali è impossibile stabilire una quotazione legata a parametri fissi quali peso, forma o colore.
Sempre su internet si legge, tradotto in tutte le lingue principali: “Le perle naturali o perle fini, sono estremamente rare. In natura, solo una su 10.000 ostriche produrrà una perla. Di queste, solo una piccola percentuale raggiungerà la dimensione, la forma e il colore di una gemma desiderabile. Le probabilità di trovare una perla naturale perfetta sono circa uno su un milione. A causa della loro rarità le perle naturali non si trovano quasi mai nella maggior parte dei negozi di gioielli. La maggior parte delle perle per la vendita nel mercato di oggi sono perle coltivate.” Da: www.pearlhours.com/index.php?natural-pearls-cutltured-pearls.html
Al di la dell’enfasi e dell’attendibilità di tali stime e percentuali, magari funzionali ad incrementare il valore delle perle naturali, non penso vi siano dubbi sul fatto che il loro ritrovamento sia un caso piuttosto raro.
Si legge infatti ed è un dato universalmente conosciuto che solo le ostriche di acqua dolce hanno produzioni plurime di perle e nella coltivazione di quelle di acqua salata si innesta solo un perla per ogni ostrica, nonostante ciò molti innesti non vanno comunque a buon fine.
Nella mia ricerca, durata mesi, ho trovato la notizia del ritrovamento di un’ostrica con 150 perle nel celebre libro di Jules Verne “20.000 leghe sotto i mari”, nell’edizione inglese. Lo stesso capitan Nemo sembra avere però dei dubbi. Sapendo che spesso Verne riportava notizie di pubblicazioni scientifiche ho cercato ancora ed ho trovato una traduzione pedestre in italiano sul GIORNALE DI FISICA, CHIMICA E STORIA NATURALE; 1. BIMESTRE DEL 1809. In essa si dice che se ne sono vedute fino a centocinquanta nella medesima ostrica, ma non viene riportato nulla sul suo ritrovamento e non c’ è nemmeno un disegno dell’esemplare.
Ho trovato invece una notizia più recente, in tutte le lingua principali e pubblicata tra gli altri sulle pagine on-line dei quotidiani The Telegraph, Il Corriere della Sera e La Repubblica, vedi:
http://www.repubblica.it/2006/12/gallerie/ambiente/ostrica-record/1.html
sul ritrovamento a Tyro in Libano nel 2008, da parte di una certa Amale Salha, di una Pinctada con 26 perle.
A tale proposito si parla di valore inestimabile e di inserimento nel libro dei “Records Guinness”; in seguito però non si sono più avute notizie, il reperto sembra sia ancora nel ristorante dove è stato trovato ma non è stato inserito nel Guinness dei primati; La mia ostrica sembra decisamente più significativa di quella trovata in Libano sia per le dimensioni e caratteristiche di ostrica e perle, nonché, ovviamente, per il numero di perle molto più consistente.
L’unico altro caso documentato trovato mi è stato segnalato dalla dr.ssa Monica Leonardi, collaboratrice del Museo di Storia Naturale di Milano, si tratta della foto di una radiografia di una Pinctada o Meleagrina con una quindicina di perle o mezze perle (la qualità dell’esame radiografico non permette di distinguerle) sul libro “Gemmologia” Cavenago & Bignami Gemmologia, volume II, pagina 1125, figura 901, pubblicato nel 1972 da Ulrico Hoepli.
Preciso che, in base alla foto pubblicata a corredo di questa informazione, a prima vita la mia ostrica sembra più “interessante”; inoltre la Pinctada ripresa non esiste sicuramente più, perché pescata solo per ricavare madreperla e perle per gioielli.
Non so se la mia ostrica rappresenti l’eccezione che conferma la regola e quindi meriterebbe in se una notevole attenzione o se ho trovato una sottospecie sconosciuta che ha la straordinaria capacità di produrre più perle contemporaneamente. In questo caso, se la si riuscisse a coltivare, potrebbe moltiplicare la produzione di perle di acqua salata, anche di notevoli dimensioni, dato che le sue valve sono particolarmente concave, inoltre potrebbe contribuire a salvare un genoma che potrebbe estinguersi.
Mi rendo conto che il valore commerciale (per ricavare gioielli) delle perle che ho trovato non può essere molto elevato, perché, a parte le blister, piuttosto grosse ma irregolari, le altre sono molto piccole, solo poche sono di discrete dimensioni, tra le quali ultime una barocca grigia. Credo comunque che sia altra cosa il valore dal punto di vista scientifico e ritengo che possano essere interessati istituti scientifici, università, musei ed acquari.
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