Autore testo:
Simonetta Troiani
Autore foto: Simonetta Troiani e Fabrizio Mazzini
L’ isola caraibica di Santo Domingo, gettonata meta turistica, alcova di
languide lune di miele, refugium peccatorum di imprenditori con allegra
amministrazione alle spalle, in fuga dall’ Agenzia delle Entrate, altro non è
che la leggendaria Hispaniola, ricettacolo e rifugio nel 1600 e 1700 di pirati,
corsari, bucanieri ed altri tagliagole. Prima colonia europea nel Nuovo Mondo,
fu scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492 e proprio qui sembra che, dopo una
lunga diatriba con le spoglie che giacciono nella cattedrale di Siviglia, si
trovi sepolto il navigatore sotto un monumentale mausoleo a forma di croce,
edificato nella capitale.
Dunque tra caccie ai pirati e rotte delle navi che portavano preziosa mercanzia
dal Nuovo al Vecchio Continente, le acque di Hispaniola dovrebbero essere ricche
di prestigiosi relitti di epoca sei-settecentesca. Ed in effetti lo sono, se non
fosse che lo scafo di queste imbarcazioni è andato completamente perduto e
restano di loro solo cannoni ed ancore. Così nel sito di immersione di Viva
Shallow troviamo i cannoni ed una grossa ancora del galeone Nuestra Senora de
Guadalupe, naufragato nel 1724 in seguito ad una violenta tempesta che la fece
incagliare mentre da Portorico cercava di raggiungere L’Avana con un carico di
368 tonnellate di mercurio ed oltre mille passeggeri. Inoltre recentemente gli
archeologi subacquei hanno ritrovato i resti (26 cannoni, 3 ancore e l’albero
maestro) del veliero del famigerato pirata William Kidd, la Quedagh Merchant,
naufragato vicino Catalina nel 1699; il sito è esplorabile a breve distanza
dalla costa de La Romana a soli 6-8 metri di profondità.
Ma, a parte la leggenda che ci riporta romanticamente ai pirati dei Caraibi ed
ai loro velieri, a sanguinose battaglie navali e feroci arrembaggi, le acque
della Repubblica Dominicana ci regalano relitti più recenti interessanti da
esplorare.
A Bayahibe, zona sudorientale del paese, nelle acque del Parque Nacional del
Este, facciamo conoscenza con la motonave St George e con l’Atlantic Princess.
Non hanno il passato glorioso delle navi da guerra o storie di naufragi
spettacolari, ma sono ben degne di immersioni di tutto rispetto che regalano
emozioni e divertimento.
Il relitto della St George
Ad essere precisi questa nave aveva un altro
nome, era il cargo Norbrae, costruita in Scozia nel 1962, nei cantieri navali
Ardrossan di Strathclyde. Lunga 73 metri era utilizzata per il trasporto di
grano, orzo e canna da zucchero dalla Norvegia al Nord e Sud America. Dopo venti
anni di onorato servizio, venne lasciata nel porto di Santo Domingo per alcune
riparazioni, ma in seguito ad una disputa circa il costo delle stesse
riparazioni e le tasse locali di ormeggio, il proprietario decise di disfarsene
abbandonandola lì attraccata. A quel punto il governo procedette alla confisca
della nave, che iniziò ad andare in malora nell’attesa di un possibile utilizzo.
Nel Settembre del 1998 venne investita dall’ uragano George, che spazzò i
Caraibi ed il Golfo del Messico, resistendo strenuamente al suo passaggio
distruttivo. Per questa sua notevole prova di tenacia venne rinominata St.
George. Finalmente nel Giugno del 1999 il Governo decise il suo destino: sarebbe
stata affondata per creare un magnificente reef artificiale. E così dal 12
Giugno 1999 si trova al largo di Bayahibe, vicino La Romana, dando rifugio ed
ospitalità ad una incredibile varietà di organismi marini che l’hanno
completamente colonizzata.
È adagiata a mezzo miglio marino dalla spiaggia
di Viva Dominicus su un fondale di 44 mt. Il relitto si estende per circa 80 mt.
La poppa è situata ad una profondità di 30 mt ed il punto più alto si trova a 15
mt. È un’immersione adatta a subacquei con livello avanzato. Per esplorarla
completamente sono necessarie almeno tre immersioni. Ci affidiamo alla serietà e
competenza del Coral Point Diving di Bayahibe e con la supervisione di Stefano,
valido istruttore proveniente dai Castelli Romani, scendiamo lungo la cima.
Vedere apparire nel blu la sagoma sempre più nitida di un relitto è sempre
un’esperienza emozionante e le dimensioni ragguardevoli della St. George
incutono una sensazione di timore reverenziale.
Ci si ferma a 20 mt sul castello di poppa o si
inizia l’esplorazione scendendo direttamente sul ponte a 32 mt. Polipi di
corallo, spugne ed alghe hanno colonizzato completamente i resti del cargo,
ricoprendolo di vita e colore e fungendo da riparo e nutrimento per molluschi,
crostacei e una miriade di pesci. Un grosso branco di barracuda volteggia
intorno, ormai stanziale, così come numerosi sergenti maggiori.
Ed ancora: pesci farfalla multicolori, murene, lionfish, grugnitori gialli
strati di bianco e nero. Si pinneggia lungo le fiancate e si entra facilmente
all’ interno in tutta sicurezza esplorando i vari livelli. Si percorrono le
cabine, si entra nella poppa, nel ventre profondo della nave, si perlustra la
sala macchine, un’occhiata alla toilette…. inquietanti zone oscure che si
rivelano alla luce delle torce e spazi ben illuminati attraverso ciò che resta
delle finestre e dei boccaporti. Uno sguardo sempre all’aria ed al computer
perché facilmente ci si distrae e si rischia di dover andare in deco.
Questo genere di immersioni si scontra sempre con il tempo, tiranno impietoso,
nonché con l’aria nella bombola. È dunque consigliabile pianificare bene almeno
tre tuffi per poter lasciare la St.George senza il rimpianto di non averla
conosciuta approfonditamente. Il Coral Point Diving sarà ben disponibile a
facilitare il subacqueo in ogni sua esigenza. Lo garantisco per esperienza
personale.
L’Atlantic Princess
Anche in questo caso niente di glorioso nel
passato della nostra imbarcazione.
Costruita in Germania presso i cantieri VEB Schiffswerft Edgar Andre nel 1961,
era un battello lungo 43 mt usato per il trasporto di 305 passeggeri lungo la
costa della Repubblica Dominicana. Al termine del suo servizio, nel 2008, venne
subito destinata ad essere affondata per creare un reef artificiale. Ma le beghe
burocratiche andarono per le lunghe ed il 15 Agosto 2008, durante l’uragano Fay,
delle onde gigantesche la spiaggiarono di fronte al Dreams Resort de La Romana,
con grande curiosità e diletto per i turisti. Poco dopo il Ministero
dell’Ambiente insieme con la Marina Militare iniziarono i lavori di
decontaminazione e rimossero 100.000 galloni di acqua dalla nave. I tempi in
ogni caso iniziarono ad allungarsi e di tre mesi in tre mesi la data
dell’affondamento venne procrastinata finché il 6 Maggio del 2009, il battello
stremato dalla burocrazia si inabissò spontaneamente.
Purtroppo questa singolare manifestazione di protesta è avvenuta in una zona di
mare poco profonda ed il relitto, essendo più esposto alle correnti ed al moto
ondoso, potrebbe andare incontro ad un processo di distruzione assai veloce.
Per il momento, comunque, ciò che resta dell’Atlantic Princess è ancora lì, a
12,5 mt di profondità, di fronte alla spiaggia di Bayahibe, e purtroppo la parte
superiore è già andata perduta.
Ovviamente si tratta di una immersione molto tranquilla, adatta anche ai neofiti
della subacquea che possono così cimentarsi con il loro primo relitto.
Spazioso e ben illuminato non pone alcuna difficoltà o sensazione claustrofobica
e si visita con divertimento passando senza problemi nelle zone praticabili
della nave.
L’imbarcazione è diventata il regno fastoso di coralli e spugne straordinarie,
che da queste parti si sviluppano con forme e colori incredibili: azzurre,
viola, gialle, arancioni, verdi, talmente tanto vivaci da fare impallidire le
livree dei pesci di barriera che se la spassano intorno. Anche qui troviamo
gruppi numerosi di sergenti maggiori, pesci farfalla, damigelle, pesci palla,
scatola, trombetta e numerosi lionfish che da queste parti sono poco amati,
essendo una specie aliena che sta espandendosi a spese della fauna autoctona. I
pescatori del posto hanno il permesso di ucciderli per fermare questa invasione
silenziosa.
Ed ancora pallidi trigoni e murene di vari colori e dimensioni.
Sui corrimano ormai completamente ricoperti di vita marina, dei minuscoli
blennidi beige marroncino fanno capolino attraverso le aperture di piccolissime
formazioni calcaree rotonde, così che, avvicinandosi, il subacqueo curioso si
trova di fronte decine di faccine impunite che lo guardano facendo le boccacce!
Tutto intorno al relitto, inoltre, si sviluppa un bellissimo giardino dove il
solito piacevole connubio di coralli e spugne variopinte rende anche questa
immersione davvero affascinante. E così, anche stavolta, si va in sosta di
sicurezza con l’amaro in bocca (erogatore a parte!), anche se, senza dubbio, la
ridotta profondità ci permette tempi di fondo decisamente generosi.
Si risale dunque in barca per tornare appagati alla base, dove gli amici del
Coral Point Diving sono pronti a programmare per noi una nuova, piacevole
avventura sotto il mare.
P.S. Ringrazio l’equipe del Coral Point Diving, in special modo Diana per
l’assistenza e la collaborazione.
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