Autore testo: Pierpaolo Montali
Autore foto: Mario Spagnoletti
12 febbraio 1864, il battello a vapore che collega abitualmente Romanshorn a Costanza dall’altra parte del lago, in territorio tedesco sta per salpare gli ormeggi.
Sono le nove e trenta ed il battello è già preparato dai marinai sin dalla sera prima: il fuochista sta al governo della caldaia dalle quattro del mattino, da quando cioè ha ricevuto il carbone che serve per alimentare le due grandi bocche di fuoco che se lo divoreranno.
Il mozzo ha cazzato le cime per avvicinare l’imbarcazione al pontile e permettere al personale di agganciare le passerelle; i marinai del ponte di sopracoperta stanno allestendo per la partenza le poche cabine per i Signori e le toilette.
Aleggia sulla zona una fittissima nebbia, come poche altre volte.
Tutti appaiono come silenziosamente eccitati dalla manifestazione del tempo: nessuno rivela apertamente la paura, forse per non spaventare i bambini o gli altri passeggeri: da queste parti la gente è dura come il clima e non vuole dare adito ad interpretazioni.
Sono le dieci e trenta e si dovrebbe partire, ma ecco che all’improvviso sbuca il capitano Martin Motz da dietro la baracca del mastro d’ascia che ripara le poche barche da pesca del porto ed annuncia che il battello partirà con mezz’ora di ritardo: non si fida a lasciare l’ormeggio con una muro di nebbia così fitto fin sull’acqua.
La notizia è presa come una specie di sollievo da tutti: alcuni sbottano in malo modo, altri si avviano verso casa, la giornata è ormai persa per loro.
E’ come se si sentisse la strana sensazione
Ore 11.00 Il comandante Motz dà l’ordine di slegare gli ormeggi e di dare carico alla macchina, dopo aver invitato i passeggeri a reimbarcarsi: la società di navigazione non può permettersi di perdere un viaggio con i suoi ricavi correlati . Sono tempi duri per tutti: in Europa infuriano le guerre d’indipendenza ed i loro costi sono altissimi.
Dall’altro lato del lago a Costanza invece il battello Stadt Zurich è regolarmente partito dalla banchina alle dieci e trenta, sbuffando il suo vapore che si confonde con la coltre nebbiogena. Il capitano Jakob Blumer è impeccabilmente preciso e determinato: il servizio non conosce soste, nemmeno a causa della quasi nulla visibilità.
Al punto d’incontro abituale sarà facile riconoscersi con i fischi delle sirene a vapore che annunciano i passaggi incrociati: le rotte sono ormai marchiate a memoria da anni nelle sensazioni e nei gesti dei rispettivi equipaggi – pensa Blumer – e sarà così possibile accorgersi dell’altro alla sola percezione di un’ombra scura a distanza.
Invece tutto tace in una sorta di silenzio irreale.
Uno strano silenzio avvolge l’atmosfera, rotto soltanto dal rumore dello scambio degli ingranaggi dei grossi motori a vapore.
All’improvviso però si sente il fischio troppo vicino di un’imbarcazione rinveniente dalla spessa coltre. I marinai sul ponte insieme a tutti i passeggeri, tesi a scrutare l’impossibile attraverso i giochi di luce che i pochi raggi di sole passanti riescono a creare, cominciano ad animarsi.
Il mozzo dello Stadt Zurich, Joseph Hornstein, aziona a sua volta ed impetuosamente la sirena dell’imbarcazione.
Troppo tardi: come se apparisse dal nulla davanti al Jura, si staglia nitida e troppo vicina la grande sagoma dell’omologo battello a vapore partito da Costanza puntuale e ritrovato ora dove di solito non lo si incrocia mai.
Martin Motz urla l’ordine di virare completamente la barra nel tentativo di passare a tribordo e di evitare la collisione con lo Stadt Zurich, che invece si verifica con un perfetto angolo di 15 gradi sulla linea di galleggiamento a dritta del Jura.
E’ un urto tremendo: un cigolìo misto a quel suono cha pare più un urlo umano, come quando si fracassa il legno del tronco, già preventivamente tagliato e segato, per l’abbattimento di un albero.
La ferita è mortale e lo si comprende da subito mentre il panico attanaglia i passeggeri che disperatamente si gettano nelle acque gelate del lago nel parapiglia generale.
Il Jura, invaso dall’enorme quantità acqua penetrata dallo squarcio a prua, cola a picco nella sua interezza in soli quattro minuti con ancora il fumo del vapore che esce dal comignolo al centro del ponte di coperta, l’ultimo ad essere inghiottito dalla fredde e scure acque del lago.
I passeggeri vengono tratti in salvo dall’equipaggio dello Stadt Zurich nel volgere di una mezz’ora ed alla conta finale mancherà solo il marinaio Rupflin, unica vittima di un naufragio annunciato.
I superstiti vennero tutti riportati a Romanshorn al termine del primo soccorso.
L’inchiesta della polizia cantonale di Turgovia chiuse poi il capitolo il 16 giugno del 1884 senza alcuna responsabilità specifica nel disastro navale.
25 settembre del 1976, centododici anni dopo: Hans Gerber annuncia il ritrovamento ufficiale del relitto del Jura su un fondo piano e coperto di fango a 38 metri.
Dopo una cinquantina di immersioni, stimolate dalla curiosità insinuatagli dalle leggende locali , che vogliono il ritrovamento del relitto da parte di alcuni sommozzatori negli anni ’60 durante le ricerche del relitto di un aereo naufragato in quella zona nel periodo della seconda guerra mondiale, egli finalmente può segnare i riferimenti dell’esatta posizione del battello a vapore lungo una cinquantina di metri appena scoperto o ri-scoperto.
Hans cercò di modificarne poi l’aspetto originale, nell’intento di rendere il relitto ancora più attraente, ricostruendo la scritta a centro nave e tentando finanche di posizionare una piccola imbarcazione a poppa via, come scialuppa di salvataggio, rinunciandovi però in seguito, per essersi reso conto che non poteva essere credibile un’aggiunta così vistosamente moderna e ben conservata rispetto all’insieme (intervista diretta).
La si ritrova ancora adesso, pochi metri dopo il timone girato ed infisso nel limo, con due cime di tenuta tagliate e distese verso la superficie.
L’immersione purtroppo non è tutelata e regolamentata dall’autorità elvetica né da quella degli altri due Paese rivieraschi (Germania ed Austria), ma dal buon senso e dal rigore dei sub avveduti che ci si immergono, trovandosi il Jura in acque internazionali di difficile individuazione.
Hans Gerber, a più di settant’anni anni, è ancora lì solo a far da custode al suo Jura, di cui s’è cucito letteralmente addosso la notorietà.
Hans Gerber
Il relitto appare come una delle imbarcazioni interamente in legno meglio conservate in Europa, senz’altro a causa della bassa temperatura e dell’acqua dolce: i suoi intagli e la sua preziosa continuità danno, al sommozzatore che si spinge sin lì sotto, una completezza di soddisfazione davvero unica e questo vale anche per chi, come noi, di relitti ne ha già visti qualcuno.
E’ il classico relitto della fantasia fumettistica, in alcune sue parti rovinato purtroppo dalla pochezza di coloro che se ne sono portati via i pezzi classici nelle prime immersioni: campana ed ancora, rulli di carico e serrature per esempio.
Pedagnato dal suo scopritore, esso rappresenta un ritrovamento tanto popolare da quelle parti da farne auto conservare i resti: Hans impone infatti verbalmente di non penetrare nel relitto né con circuito aperto né con il chiuso infatti.
Jura
I comandamenti per chi vorrà immergersi in futuro dunque sono le doverose sensibilità e prudenza nel compiere questa suggestiva immersione.
Il tuffo comincia a centro nave e la si percorre istintivamente verso la poppa seguendo in rapida successione: l’albero motore scoperto, le caldaie corrose dal tempo e ripiegatesi, le toilettes stivate in apposita cabina, le camere con ruote a pale nello spazio loro dedicato, le scale di sottocoperta, le murate con bitte d’ormeggio integre, il poggiolo di poppa via con argano di manovra, il timone e la barca aliena a cinque/sei metri di distanza dal relitto adagiata sul fondo piatto e fangoso peer chi è più audace a spingersi nella fredda oscurità del lago.
Albero motore
Argano
Bitte
Si prosegue lungo l’altro fianco sino alla scaletta, ancora quasi del tutto integra, per la salita e discesa dei passeggeri, alla grande scritta JURA (aggiunta come detto dopo il ritrovamento) ed alla parte prodiera, ormai quasi tutta infossata nel limo, dove si trova ben visibile ancora l’antico argano salpa ancora e lo squarcio prodotto dallo Stadt Zurich 147 anni fa.
I minuti di fondo concessi da Hans sono 22 in miscela e 18 in aria e ci si è quindi attenuti al volere dello scopritore per il doveroso rispetto.
L’acqua è a dieci gradi in superficie e tocca i quattro sul fondo ai primi di novembre quando ci siamo immersi noi.
Abbiamo effettuato due immersioni con utilizzo di circuiti aperti e chiusi e con miscele di fondo tutte diverse dall’aria; il freddo a certe latitudini gioca brutti scherzetti, ancorché la profondità non sia rilevante.
A nostro parere è un’immersione impegnativa per la temperatura e la poca visibilità generali che s’incontrano oltre che, a volte, un’insospettabile corrente. Il lago di Costanza è l’unico infatti che abbiamo visto con un moto ondoso serale del tutto simile ai marosi dal lato di Bottighofen.
Un grazie particolare va ad Hans Gerber per la sua gentile e sincera ospitalità.
Bozzello per cime
Cala scialuppa
Ciminiera
SCHEDA DELL’IMMERSIONE
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Massima profondità: 38 mt
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Minima profondità: 34 mt
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Difficoltà: elevata. Immersione quadra con bassa temperatura, scarsa visibilità e saltuarie correnti a seconda dei periodi nell’anno
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Diving di appoggio: Hans Gerber, telefono diretto +41716481269; massimo 5 sub
al prezzo di 100 franchi svizzeri vuoto per pieno -
Camera Iperbarica più vicina: Costanza
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Come si arriva: 292 km dal confine di Chiasso, di cui 240 su strade a scorrimento veloce (fonte: viamichelin.it)
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Permessi per l’immersione: no
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Immersione in solitaria: impossibile, il relitto è al largo e ci si arriva in 7/8 minuti di
navigazione con il diving -
Periodo migliore per immergersi: l’inverno, stanti le temperature esterne e subacquee,
mai superiori ai 4 gradi centigradi
ASPETTI PARTICOLARI
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Battello passeggeri a vapore costruito da Maschinnenfabrik Escher-Wyss & Cie a Zurigo in Svizzera nel 1.854 su disegno di Eric Liechti
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Costo originale: 137.000franchi svizzeri.
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La nave era di proprietà della Société des Bateuauxà Vapoeur du Lac de Neuchatel.
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Tutte le zone passeggeri erano ubicate sotto il ponte e il giorno del disastro fu davvero una fortuna che la curiosità e l’ansia li avessero tutti richiamati sul ponte di coperta: non ci sarebbe stato, altrimenti, il tempo di poterli evacuare in soli quattro minuti soltanto.
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I soli due alloggiamenti delle ruote pagaia erano sotto il piccolo ponte. Non vi erano sovrastrutture sopra il ponte, fatti salvi i servizi igienici
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Nel 2.000 la nave è stata gravemente danneggiata a causa dell’intensità delle immersioni: alcuni sprovveduti hanno effettuato l’ancoraggio di barche in superficie direttamente sul relitto, in legno, provocando gli sfondamenti tuttora evidenti e rendendo le strutture meno solide. Occorrerebbe tutelare maggiormente il sito regolamentandolo con rigore; questo potrebbe essere un caso di protezione internazionale del patrimonio
IL JURA IN CIFRE
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Lunghezza: 46 metri
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Larghezza: 10 metri
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Il motore a vapore era un due cilindri oscillanti a bassa pressione da 45 HP, il cui consumo era di 500-630kg di legname/ora e sviluppava una velocità di 11/12 miglia terrestri l’ora.
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Foro dei cilindri: 813 mm
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Diametro Ruota a Pale: 3,11 metri
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Numero di pagaie per Ruota: 12
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Poteva imbarcare sino ad un massimo di 400 passeggeri.
ALTRE FOTO
Gabinetto
Poppa
Prua
Prua e argano
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