Autore: Andrea Lazzeri
IL RELITTO “G32” San Vincenzo (Livorno)
Luglio 2008, mare calmo e temperatura dell’acqua ideale per le immersioni, anche con la muta umida; siamo a San Vincenzo e gli amici Andrea e Marco del Dive’n fun mi propongono un’uscita comoda, a portata di…gommone, con visita ad un relitto tutto sommato molto abbordabile visto che si trova tra i 22 e i 26 metri, e la cui unica difficoltà è forse quella della visibilità molto spesso scarsa a seguito del fondale circostante limaccioso.
Il viaggio di andata oltre che dal briefing, è assorbito dalle notizie storiche sul dragamine oggetto della nostra visita. Infatti il G32 appartiene, anzi apparteneva alla classe di dragamine che la Regia Marina Militare Italiana implementò nel proprio organico all’alba del 1916 e che vennero varate con le sigle G con numerazione progressiva da 1 a 47. Tali navi sono in realtà ex pescherecci oceanici d’altura provenienti dal Giappone e riconvertiti per l’uso bellico dalla Marina.
A bordo oltre l’armamento anti aereo, vi era tutta l’attrezzatura per il dragaggio delle mine in corsa; infatti a sinistra ed a dritta potevano essere calati alcuni cilindri muniti di ali con superficie dentata e di “timone” dietro, con la vaga forma di un aeroplano che transitando nei campi minati, tagliava i cavi di sostegno delle mine che una volta salite a galla venivano poi fatte brillare. Il primo febbraio 1918, il sommergibile tedesco U-80 la avvistò in navigazione in prossimità del paese di San Vincenzo e, lanciato un micidiale siluro, colpì il G32 a prua provocando uno squarcio a tutto naviglio ne causò il rapido affondamento del bastimento; ne è testimonianza il fatto che il relitto a tutt’oggi si trova in assetto di navigazione su un fondale di 26 metri. Siamo ormai sulla verticale del relitto, quindi tutti in acqua, torce e macchine fotografiche accese…si comincia a scendere!
Oltrepassati i 10 metri abbiamo la netta impressione che la visibilità di oggi non sarà di quelle memorabili, comunque si scende ancora e giunti a -20, la figura della nave pur confusa si svela ai nostri occhi, buia e sinistra come tutti i relitti di guerra e con l’evidente “ferita” da siluro nella parte di proravia. Siamo quindi giunti sul relitto e ci troviamo sulla parte del ponte di prua, abbastanza collassato nelle sovrastrutture ma con ben visibile ancora, il ponte da cui affacciarsi sulla parte di prua più bassa sede degli argani e dei meccanismi di alaggio per la draga delle mine. Scendiamo quindi in prossimità degli argani, che sono ancora ben individuabili: sono composti da cinque ruote, ed in quella centrale più grande c’è ancora in tensione una grossa fune, come se da un momento all’altro dovesse riprendere a lavorare.
Da questa prospettiva il ponte di comando, punto di partenza dell’esplorazione e punto di fissaggio del gavitello del diving, sembra alto ed imponente, come di fatto è, e lascia immaginare il movimento di ufficiali che davano ordini ai marinai sottostanti intenti nelle operazioni di smantellamento.
Torniamo quindi a salire un po’ e ci dirigiamo verso poppa per visitare tutte le strutture ancora presenti, lasciando la visita della prua squarciata dall’esplosione al termine prima della risalita. La visita alla parte di poppa svela subito dietro il ponte di comando, il castello di comando, ormai vuoto e privo di comando o strumenti di manovra, ma ancora intero nella struttura e con tipiche aperture rotonde laterali da oblò; poi a seguire la sala macchine, che in realtà risulta allo stesso livello degli argani di prua, e reca una copertura superiore sul ponte tipo “tetto di casa” con quattro luci, struttura molto caratteristica e molto ben riconoscibile. Segue poi una parte di ponte con ancora intatta la copertura e con bitte, maniche a vento e camini un po’ dovunque sino ad arrivare alla coda. Qui invece le coperture del ponte sono crollate e permettono di vedere lo scheletro del telaio e lasciano intravvedere le stive sottostanti.
Decisamente sono ben visibili anche gli effetti del tempo: ottant’anni sotto il mare hanno pian piano eroso le strutture, ed hanno trasformato le parti metalliche in una sorta di barriera corallina, tutte incrostate di spugne, briozoi e qua e la hanno costituito la tana per pesci o crostacei di tutti i generi.
A questo proposito infatti, a prua nelle lamiere divelte dall’esplosione, vive quasi a livello del fondo un’aragosta di generose dimensioni, che ha trovato un valido rifugio dove ripararsi dai predatori. E’ tempo, purtroppo, di avviarsi verso il gavitello per la risalita e di lasciare il relitto alla custodia delle acque; durante la risalita e la doverosa sosta a cinque metri controllo le foto scattate poco prima ed in effetti oltre all’evidente sospensione che limita la visibilità, si riesce a percepire sia il fervere del lavoro durante la navigazione, sia la drammaticità dei momenti che sono susseguiti al siluramento ed all’affondamento del bastimento.
Per finire oltre a consigliare vivamente l’immersione per vivere quest’atmosfera magica e per visitare un monumento della Grande Guerra, un po’ di cifre per descrivere la nave: Lunghezza 38,15 mt; Largezza 6,78 mt; Immersione in navigazione 4,24 mt; Dislocamento 425 tonn.; Propulsore 1 caldaia alternativa a carbone da 400 hp; Varo anno 1912; Entrata in servizio Costa Toscana 1916; Affondamento 1 febbraio 1918.
Buone bolle a tutti.
Andrea Lazzeri
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