Con la pubblicazione di un nuovo volume dell’autore Franco Fantechi, ritorna alla luce la vicenda della motonave Paganini che, partita da Bari con a bordo 920 soldati italiani, affondò davanti alle coste albanesi il 28 giugno 1940, nella fase preparatoria della guerra contro la Grecia.
Ogni volta che ricevo l’invito a una presentazione di un libro, con argomento l’affondamento della Paganini, avvenuto agli inizi del secondo grande conflitto mondiale, provo un forte emozione, poiché riaffiorano i ricordi di quando girovagavo lungo le coste albanesi, alla ricerca di notizie di relitti inesplorati. Il mio interesse per la Paganini nacque nel 2008, quando venne pubblicato il libro dal titolo “Una storia nel cuore, l’affondamento della motonave Paganini” di Daniele Finzi, professore di Anghiari, in provincia di Arezzo. Il contenuto del libro ispirò le mie ricerche; prima quelle documentali presso l’Ufficio Storico della Marina Militare a Roma e poi quelle in mare al largo di Durazzo. Nel marzo 2009, localizzai e identificai il relitto a tre miglia dall’imboccatura del porto, su un fondale di quaranta metri, grazie al contributo dell’amico Rizari e dei piani costruttivi della nave ricevuti dalla nota Associazione navimodellisti bolognesi, per il tramite dell’Ammiraglio Giuseppe Celeste. Al mio rientro in Italia, venni invitato dal professor Finzi a mostrare alcune immagini subacquee del relitto ad una platea composta per la maggior parte da congiunti di caduti e dispersi nell’affondamento, nell’ambito di una toccante presentazione nella splendida cornice di Palazzo Medici Ricciardi a Firenze. Per completare l’opera di documentazione fotografica, l’anno seguente, organizzai una spedizione subacquea, alla quale parteciparono gli istruttori e subacquei IANTD e CMAS, Alessandro Boracina, Michele Favaron, Arian Gace, Mauro Pazzi e Igli Pustina.
A partire dal 10 giugno 1940, in concomitanza con la dichiarazione di guerra, la linea commerciale seguita dalla motonave Paganini venne sospesa e la nave, da allora, fu noleggiata dal Ministero Marina, per essere adibita al trasporto di truppe italiane dall’Italia verso l’Albania, nella fase organizzativa della guerra contro la Grecia. La mattina del 28 giugno 1940, partita da Bari la sera precedente e oramai giunta a destinazione, la Paganini affondò per cause ancora incerte e vi persero la vita oltre duecentoventi uomini. A bordo c’erano soprattutto artiglieri, nella maggior parte fiorentini del 19° Reggimento di stanza alla Caserma Baldissera, detta popolarmente la Zecca, a mente dell’antico opificio ove si coniava il Fiorino, la nota moneta fiorentina. Questo aspetto ispirò un secondo libro sulla Paganini, pubblicato a maggio 2015, dal titolo “Il naufragio della motonave Paganini 75 anni dopo”, scritto da Franco Fantechi, toscano ed ex artigliere. Qualche mese prima dell’uscita l’autore mi contattò e fornii un contributo di notizie e alcuni documenti indispensabili a dipanare i dubbi circa il numero delle le navi coinvolte nell’opera di soccorso durante il naufragio.
Nell’agosto 2017 tornai sul relitto della Paganini con il Nova Diving Center di Durazzo di Denis Nova, assieme a Stefania Bellesso, Michele Favaron e il fotografo Mauro Pazzi, componenti delle IANTD Expeditions. L’immersione sulla Paganini è relativamente facile; il punto più alto del relitto è sul castello di comando, alla profondità di ventotto metri, mentre la profondità massima è di quaranta metri sotto la poppa. Il relitto è lungo circa novanta metri e, se lo si vuole esplorare tutto, è consigliabile utilizzare una miscela nitrox di fondo EAN30 e una miscela deco EAN50. Al centro della nave spiccano il castello di comando e le cabine, andando verso prora si incontrano i boccaporti delle stive numero 1 e 2 e andando verso poppa quelli delle stive numero 3 e 4. La parte prodiera è devastata. Lamiere contorte e irriconoscibili, nascondono la gru di carico e l’estremità della nave, volta in direzione 210°, è appoggiata sul fianco sinistro, inclinata di 45°. Lo scafo del relitto è spezzato, con una parte vuota di circa venti metri, dove si incontra solo un cumulo di materiale ferroso tra cui è riconoscibile, tuttavia, il gruppo argani per le manovre di ormeggio. In questo punto le fiancate sono divelte, piegate sicuramente dal calore provocato dalle fiamme. Il castello appare devastato nella zona di prora, mentre è ancora integro nella parte poppiera, dove è presente un accesso ad un locale che, osservando i piani costruttivi della nave, coincide con la sala mensa. La zona di poppa è quella meglio conservata, con un invitante, ma imprudente accesso agli ambienti interni. I boccaporti delle due ampie stive sono divisi da un bilico di carico che sale sino alla profondità di quattordici metri. Arrivati all’estremità della poppa, tra nuvole di anthias e saraghi, si riconoscono le morse della lance di salvataggio poste sul cassero, più alto rispetto al ponte principale. Una scala collega il cassero con il ponte principale di coperta e sotto di essa si distingue la porta d’ingresso agli alloggi di poppa, una coppia di bitte ed una manica a vento alla base della scala, rispettivamente a destra e a sinistra. Percorrendo il ponte superiore di comando più alto rispetto al piano di coperta, si ritorna a centro nave, nel punto più alto, da dove si inizia la risalita verso la superficie.
Il 9 giugno scorso, presso la sede dell’Associazione Nazionale Alpini a Firenze, è stato presentato un nuovo libro scritto ancora da Franco Fantechi, dal titolo “Il naufragio della motonave Paganini 75 anni dopo – volume II”. Anche questo volume ricalca lo schema del precedente: introduzione, biografie e una serie di settanta allegati a presentazione e biografie, compresi due ex-voto. Oltre ai nuovi tredici naufraghi trovati nella passata fase di ricerca, rispetto alla lista pubblicata nel 1940 dal Ministero, in questo contesto ne sono stati rinvenuti ancora otto, di sicuro conosciuti soltanto dalle rispettive famiglie. Non essendo più disponibili le liste di imbarco, la ricerca si è sviluppata con il metodo del passaparola. L’autore ha realizzato questa nuova serie di interviste, avendo ottenuto la disponibilità delle famiglie che hanno offerto, perché fossero copiati, documenti e foto relativi al loro caduto/disperso o superstite che fosse, offrendo un nuovo contributo alla documentazione sulla vicenda.
fotografie subacquee di Mauro Pazzi