Autore: Cesare Balzi
Venerdì, 9 luglio – Valona, il relitto della motonave Rovigno
AL PORTO DI VALONA
Arriviamo in porto intorno alle 6.30 come programmato la sera precedente. Ad aspettarci all’ingresso del porto di Valona, Hamir, il titolare dell’agenzia “Shqiponja Travel & Tours” che questa volta ci ha trovato un’imbarcazione, adatta alle immersioni tecniche e idonea ad imbarcare un gran quantitativo di attrezzatura. Le pratiche doganali dovrebbero essere pronte, ma incontriamo qualche intoppo.
L’autorizzazione allo svolgimento dell’attività pervenuta dall’Ufficio Centrale della Polizia di Frontiera di Tirana prevede, inoltre, che dobbiamo presentare nell’ordine: le fotocopie dei passaporti, una lista del personale imbarcato sul mezzo, una copia dello scopo dell’attività per la quale si esce in mare, il si della Capitaneria di Porto di Valona, l’autorizzazione da parte della Guardia Costiera di Orikum che a sua volta deve informare per via gerarchica quella di Durazzo e il si definitivo dell’Ufficio della Polizia di Frontiera di Valona. Alle 14.30, determinati sino in fondo a non sospendere l’attività prevista per la giornata, siamo ancora ormeggiati in banchina. Un Ufficiale di Polizia ci rilascia infine i documenti e predispone l’ultimo controllo prima della partenza. Nel frattempo, come consuetudine, intorno a mezzogiorno si alzato un forte vento da nord-ovest ed ora il mare è abbondantemente increspato. Questa aspetto meteo, in questo momento, mi preoccupa più di quanto non mi preoccupino invece le difficoltà burocratiche, alle quali eravamo da tempo preparati. Il Com/te Colombo prende il mare e appena fuori dalle ostruzioni si inizia a ballare.
LA STORIA
Mi ero immerso sul relitto della motonave Rovigno nel febbraio 2008, nel prosieguo di attività bilaterali tra la IANTD ed il Dipartimento di Archeologia Subacquea dell’Istituto Nazionale d’Archeologia albanese. Le ricerche all’epoca erano volte all’identificazione di un relitto sconosciuto, identificato localmente col nome di “maune e mermerit”. Il piroscafo Rovigno, costruito nel 1941 nel Cantiere San Marco di Trieste per la Società Anonima di Navigazione Istria, fu requisito dalla Regia Marina il 9 gennaio 1942 e fu impiegato nel servizio di scorta ai convogli dopo essere stata armata con mitragliere 20/70.
Dopo l’8 settembre 1943, in sosta presso l’Isola di Saseno, fu catturato dai Tedeschi e trasferito nella rada di Valona, dove fu affondato da un siluro lanciato da motosiluranti britannici alle ore 02.10 del 22 settembre 1943. Il relitto si trova adagiato su un fondale di 53 metri all’interno della Baia di Valona, in assetto di navigazione, ma spezzato e diviso in due parti.
L’IMMERSIONE
Una volta giunti sul punto dell’affondamento, a 4 miglia dal porto di Valona, notiamo come il mare sia agitato e come il Com/te non abbia esperienza di assistenza nel corso di immersioni tecniche. Michele e Alessandro, hanno installato nel corso della mattinata l’ecoscandaglio e predisposto il pedagno con la stazione decompressiva. Decido di non scendere con loro e fare da assistente di superficie, in particolare preoccupato non dall’immersione, ma della fase di recupero dei subacquei, che dovranno risalire a bordo da una improvvisata scala fatta da due copertoni uniti fra loro, senza nessuno che gli possa porgere una mano o lanciare una cima. La ricerca del relitto procede e l’ecoscandaglio è preciso nel rilevarci la sagoma. Alessandro e Michele, con bibo, decompressive, videocamera e fotocamera, saltano in acqua in prossimità del pallone di segnalazione. Comunico a Colombo di allontanarsi velocemente. Scendono, dopo aver ripreso fiato in superficie, per via delle difficoltà di restare in piedi sulla barca con le attrezzature nell’attesa dell’ok a saltare.
Il pedagno è sul fondo, posizionato ad una decina di metri dalla prora purtroppo non visibile. Seguendo il solco lasciato sulla sabbia a 54 metri dal peso di 8 chili, che nel frattempo è scarrocciato per la forte corrente, Alessandro fila il reel, fino a giungere sulla prora. La visibilità è scarsissima, meno di un metro. Proseguono seguendo la linea di falchetta sino ad arrivare sottoplancia. Sulla coperta intanto è ben visibile il cannone di prora. Sulla parte superiore incontrano l’armamento antiaereo che coincide a quello visionato nel corso del briefing nelle fotografie storiche. Arrivati al punto in cui il relitto è spezzato in due parti decidono di ritornare alla cima di risalita. Trascorsi 30 minuti sul fondo risalgono e terminata la decompressione affiorano in superficie. Nel frattempo a bordo istruisco Colombo sulle modalità di recupero dei e il Com/te mi ascolta con grande professionalità ed attenzione, seguendo ogni dettaglio. Appronto le cime di corrente e mi assicuro che i copertoni siano ben saldi. Risaliti in sicurezza sull’imbarcazione rientriamo a Valona oramai in serata. Con il tramonto alle nostre spalle mormoro: «Il Rovigno è affondato il 22 settembre del ’43, e pensare che il 14 giugno era di scorta al Rosandra!». Ma questa è un’altra storia e forse… ne parleremo domani!
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