A proposito di tasse: il regime fiscale per i Professionisti della subacquea.
Il mondo degli istruttori e degli accompagnatori sub si divide un due filoni: chi lo fa per professione abituale e chi invece lo utilizza come secondo e piacevole lavoro.
Ma come si potrebbero inquadrare da un punto di vista lavorativo e quali differenze si possono riscontrare?
Non vi è dubbio che i sub appartenenti alla prima delle due fattispecie –coloro che lo svolgono come professione principale- non possono che essere ricondotti ai più classici rapporti di lavoro subordinato (gli istruttori sono dipendenti di operatori della subacquea, spesso di grosse dimensioni ed organizzati come piccole medie imprese).
In alternativa per chi non volesse un legame così stretto con il proprio datore di lavoro, c’è la possibilità di aprirsi la partita iva come lavoratori autonomi (potrebbero infatti rientrare nella formazione sportiva prevista nel codice attività ATECO 85.51.00).
Di sicuro la platea degli appartenenti al secondo gruppo –coloro che svolgono la professione in modo più occasionale- è più elevata, soprattutto in Italia dove raramente i diving center assumono forme commerciali ma si organizzano piuttosto come circoli sportivi o associazioni sportive dilettantistiche.
Spesso i soggetti che lavorano nella subacquea lo fanno come hobby, ma non per questo, ed alla luce delle importanti responsabilità legali che hanno nei confronti dei propri “clienti”, non debbono averne un corrispettivo economico che va regolato ai fini fiscali.
Il problema è: come?
L’Italia dal punto di vista dell’elasticità nel trovare forme di lavoro temporaneo che si stacchino dai soliti schemi non primeggia. Vediamo dunque cosa rimane con una sintesi da interpretare solo come spunto di riflessione in quanto un’analisi approfondita dei rapporti tra committente e prestatore d’opera non può prescindere da una verifica delle posizioni giuridiche e fiscali di entrambe le parti (un banale esempio: un dipendente full time di una banca non potrà essere assunto come istruttore subacqueo anche part time; un operatore del commercio non potrà aprire una partita iva come professionista addetto alla formazione sportiva).
Prestazione occasionale di lavoro autonomo.
Se si rispettano i vincoli sia economici (massimo 5.000 euro totali annuali) sia di impegno (massimo 30 giornate lavorate), con il versamento della sola ritenuta d’acconto pari al 20% del corrispettivo la faccenda è conclusa. Nessuna incombenza né previdenziale nè di iva. Va detto però che la prestazione, essendo soggetta a ritenuta d’acconto, obbliga la redazione della dichiarazione dei redditi e spesso con spiacevoli sorprese, soprattutto nei confronti di chi magari ha un reddito elevato dal proprio lavoro principale.
Oppure, ancora, l’art. 90 della Legge 289/2002 concede la possibilità alle associazioni sportive dilettantistiche di erogare compensi a coloro che svolgono l’attività sportiva in esenzione d’imposte fino alla soglia di euro 7.500.
Non sono invece utilizzabili altre forme più elastiche come i “buoni lavoro”. La L. 92 del 26-6-12 consente l’utilizzo dei buoni solo per lavori che comportino il rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale e mai nei confronti di terzi.
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Autore: Dott. Fabio Maestri, commercialista – http://www.iltuolegale.it
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