Autore: Adriano Penco
L’ Eldorado si trova lungo i fondali corallini
della costa dove i giovani scendono più volte al giorno in immersione per
raccogliere le oloturie e fornirle al mercato orientale. L’ organismo marino per
la cucina cinese rappresenta infatti una prelibatezza e la sua richiesta è
costante nel tempo.
Sea cucumber fishermen, cronaca di un incontro straordinario
L’arcipelago in cui abbiamo vissuto questa
affascinante esperienza è quello delle Mergui
, in pieno Mar delle Andamane.
Lo abbiamo raggiunto passando dalla Thailandia dopo un volo internazionale per
Banghok, uno nazionale per Ranong ed infine navigando a bordo di una long-tail (
volgarmente una piroga a motore ). Obiettivo del nostro viaggio era quello di
conoscere da vicino i “sea-cucumber fishermen“. Una breve manciata di secondi
girati con un video amatoriale è quello che ci ha fatto scattare la curiosità e
l’interesse verso questi sommozzatori. Ci sembrava impossibile che per scendere
sott’acqua a guadagnarsi da vivere uomini contemporanei a noi subacquei evoluti,
si affidassero a delle apparecchiature e tecniche che avevamo visto e letto solo
su vecchie illustrazioni! Al di là di una improbabile qualità delle attrezzature
sub, in quei pochi fotogrammi io ed il gruppo di amici sub non avevamo notato
alcun strumento legato alla gestione delle immersioni, non un profondimetro, men
che meno un computer subacqueo, quindi come gestivano la risalita o i tempi di
decompressione per le immersioni successive? Bah..mistero! Tante domande, poche
risposte certe!
La tipica imbarcazione dei pescatori di oloturie
Facendo un po’ di ricerca avevamo trovato che
altre etnie sparse per il mondo utilizzano tecniche subacquee ben diverse alle
nostre. Questo fatto ricorda moltissimo le storie dei pescatori di spugne greci
dell’inizio del secolo scorso, come anche la situazione, ancora attuale, dei
pescatori di frutti di mare della tribù dei Mosquito Indians Americani. Tutti si
immergono con tecniche praticamente sovrapponibili. Situazioni inizialmente
simili e performance sorprendenti sono state osservate anche sui pescatori di
perle hawaiani , ancor più sulle famosissime pescatrici giapponesi ama ( in
particolare le funado che raggiungono i 25 metri ) ma buona parte di essi
pescano in apnea, su di noi aveva fatto breccia la gestione dell’immersione con
autorespiratore sotto il profilo della sicurezza e quindi il rispetto di regole
che al momento tra quei “frames” non avevamo notato! Ma allora profili delle
immersioni, livelli di saturazione tissutale raggiunti, produzione di bolle
gassose circolanti; fattori ematici particolari quali la produzione delle
cosiddette Heat Shock Proteins ed altri fattori in grado di stimolare la
produzione endogena di Ossido Nitrico che individuano come possibili ed
importanti fattori di protezione nei confronti dello stress decompressivo, tutto
il nostro sapere dove andava a finire ? La curiosità montava insaziabilmente.
Appena entrato in acqua il sub va immediatamente verso il fondo
Per muoversi non usano pinne ed il nuoto è a rana
A volte il sub tiene in mano la zavorra per muoversi meglio sul fondo
A bordo di un confortevole catamarano ci sono
occorsi un intero pomeriggio di navigazione più la notte seguente per
raggiungere alle luci dell’alba l’isola di Palau Bada. Avevamo individuato
questa isola su suggerimento del nostro contatto locale, come punto di partenza
per andare alla ricerca dei sea cucumber fishermen in quanto era l’unico lembo
di terraferma sulla quale se ne trovava stagionalmente una comunità. Oltre a
loro i “Moken” altrimenti conosciuti come i leggendari “gypsy-sea” o ancora i
“vagabondi o zingari del mare”. Sbarcano a terra per il periodo dei monsoni dove
sopravvivono coltivando, ma tra le due realtà non c’è un gran legame. Non a caso
l’unica informazione che si era riusciti a scucire dalla bocca del capo
dell’unica famiglia di gypsy-sea presente ( i pescatori di oloturie erano tutti
fuori in mare ) è che alcune delle loro barche erano state avvistate qualche
giorno prima, ma nulla di più! Dove ? “Verso la dice” , fu il commento laconico
della nostra guida indicando la rotta con la mano a coltello tesa verso
l’orizzonte ! Beh, almeno ci consolava il fatto che li avevano visti, quindi
rincuorati tutti a bordo per far rotta “verso la”… Anche noi a questo punto ci
eravamo sentiti ”zingari del mare”. Di lusso però, perché il nostro catamarano
disponeva di comode cabine e il cibo era assicurato, ma pur sempre emuli dei
pittoreschi gypsy-sea in quanto come loro anche noi privi di una rotta certa.
Durante l’errrare giornaliero rincorrendo una scia amica, approdammo a varie
isole e tra una sosta e l’altra ci dedicavamo all’esplorazione dei reef
corallini.
A fine crociera siamo scesi in immersione a
Colona, a North Twin Plateau, a Taung Taw Win, a Nga Khin Nyo, a Western Rocky e
Farway Banks, a Mac Leod Tila, e molti altri luoghi ancora, tutti punti di
immersione assai famosi per le crociere subacquee in questa zona e per la verità
altrettanto interessanti. Però il nostro obiettivo era un altro e stava
diventando una fissazione: incontrare i “ sea-cucumber fischermen “ e poterci
immergere con loro. Solo dopo quattro giorni di ricerca finalmente abbiamo
incrociato la prima e agognata imbarcazione dei pescatori di oloturie.
L’occasione si andava materializzando in una minuscola baia di sabbia bianca
presso l’isola di Nga Khin Nyo Nga dove avevamo in programma di sostare per la
notte. Avvicinandoci con estrema calma ci colpì fin da principio il profilo
delle imbarcazione. Le barche che utilizzavano infatti erano notevolmente
differenti dalle altre dedite alla pesca tradizionale con reti o palamiti o
lenze. Gli scafi non avevano tuga, erano filanti, completamente aperti e
misuravano tra i sei e gli otto metri di lunghezza. Da quel poco di
documentazione preventivamente raccolta, avevamo capito che a bordo non vi erano
mai meno di sei persone anche se poi in realtà chi si immerge sono soltanto in
due. Due sono anche le tecniche che utilizzano i raccoglitori di oloturie
sott’acqua: una la più classica in apnea, l’altra già più tecnologica ricorrendo
all’aria compressa. Come già accennato quest’ultima era quella che ci aveva
colpito.
Dal filmato avevamo visto che per respirare
sott’acqua non utilizzavano le bombole, ma quello che potremmo definire un
primitivo narghilè. Un ombelicale per un sub professionista moderno ed evoluto,
quello che parafrasando potremmo definire il primordiale modello del più famoso
Kirby Morgan tanto caro agli OTS ( Operatori Tecnici Subacquei ). Al centro
della barca infatti si trovava il compressore tristadio a cui erano collegati i
due tubi in gomma che trasportano ciascuno l’aria all’interno della maschera.
Naturalmente il flusso non è a comando ma continuo. La maschera subacquea era di
quelle tonde, nello specifico il modello che ha nella parte superiore il tubo
per respirare in superficie. Tolto lo snorkel il collegamento tra manichetta e
maschera sub era affidato ad una fascetta a vite in metallo! Per alleggerire il
peso del tubo in gomma ad intervalli di un paio di metri pongono pezzi di
sughero o gomma, i quali rendono estremamente positivo il condotto flessibile
dell’aria.
Il compressore per l’aria è avviato a mano
Ogni compressore può soddisfare la richiesta di
due sub, per cui il numero dei subacquei a bordo è determinato da quanti
compressori sono alloggiati all’interno dello scafo. Inoltre può pompare aria
fino a sette atmosfere. Grazie all’appeal del nostro accompagnatore che occorre
riconoscere ha saputo muoversi bene tra queste etnie locali grazie soprattutto
alla conoscenza di differenti idiomi, siamo riusciti così a farci accettare,
trascorrere alcuni giorni in loro compagnia e scoprire oltre l’ospitalità anche
risvolti di questo mestiere davvero singolare. Ad esempio che il proprietario
della barca ha diritto al 50% del guadagno detratte le spese, il restante è
suddiviso tra l’equipaggio in base alla mansione ricoperta da ciascuno. Che in
tutto l’arcipelago vi erano in quel periodo pressappoco non più di una
sessantina di barche allestite per questo genere di pesca e che alle Mergui la
raccolta delle oloturie con l’aria compressa è iniziata da poco più di una
decina d’anni, un lusso che non tutti si possono permettere. La stagione di
pesca inizia a Novembre, va avanti ininterrottamente e termina ad Aprile, anche
se poi in realtà periodicamente gli equipaggi rientrano nel porto più vicino per
scaricare il raccolto e riposare un giorno o due prima di riprendere il mare.
Infine che durante questi sei mesi se la pesca va bene i sub possono arrivare a
pescare cento chilogrammi di oloturie al giorno arrivando a guadagnare
duecentocinquanta dollari al mese; una bella cifra se rapportata al salario
medio che era oltre dieci volte inferiore! Iniziano la professione poco più che
maggiorenni e la terminano alla soglia dei quarant’anni.
Pescatori di oloturie in apnea
Oltre i quarant’anni chi ha guadagnato bene
preferisce mettersi in proprio, acquistare una barca e continuare a pescare, ma
dalla superficie come capitano. Ad essere sinceri su quest’ultima affermazione
qualche riserva su quanto ci riferiva il nostro traduttore la nutrivamo visto
che tra l’equipaggio in nostra compagnia la media era di ventiquattro anni. E la
conferma che forse non parlassero proprio lo stesso dialetto ma comunque a
spanne si potevano intendere, ci giunse quando nei giorni successivi incrociando
altri equipaggi di pescatori di oloturie, il maggiore o il più “anziano” del
gruppo non superava occhio e croce i trenta di anni. Quello invece su cui non
abbiamo avuto più dubbi era la tecnica con cui si immergevano che ci ha lasciati
incredibilmente stupiti, perché di quanto visto sul filmato ne eravamo
finalmente testimoni oculari. Un antipasto in realtà quello che ci è stato
servito in coperta nel constatare il livello delle loro attrezzature, perché il
piatto forte è arrivato quando per la prima volta hanno accettato di lasciarci
scendere in immersione con loro durante una prima battuta di pesca del giorno.
Improponibile il confronto tra i nostri ed i loro equipaggiamenti sub. Ma la
cosa stupefacente è che con quelle apparecchiature lavorano anche a quote di
quaranta metri di profondità, ed eccezionalmente sostengono spingersi fino a
meno sessanta. Ecco svelato perché i compressori devono fornire aria ad una
pressione di almeno 7 bar. Scendevano tuffandosi dalla barca di piedi con un
sasso in una mano per accelerare la discesa e nell’altra il retino in cui
mettere le oloturie raccolte. Senza indecisioni arrivano direttamente sul fondo,
compensano deglutendo dicono, anche perché la maschera grande e tonda non gli
permette di stringere il naso e non utilizzano mollette stringinaso. Non usavano
pinne ma solo scarpe in gomma, sott’acqua essi infatti non si spostavano
pinneggiando ma praticamente saltando da una roccia all’altra come fossero
astronauti in assenza di gravità.
Un retino con le oloturie di mare posto ad asciugare
Una sorta di palombari ma molto-molto più
agili. Il loro nuoto assomigliava ad una corsa rallentata e questa è la parte
più buffa da osservare. Comunque nonostante la resistenza dell’acqua si
muovevano con estrema rapidità e destrezza, mettendoci in difficoltà nel
seguirli per fotografarli. Dalla superficie erano costantemente assistiti da due
marinai addetti a svolgere o recuperare le manichette, inoltre c’era un addetto
al compressore che in funzione dei giri di manichetta rimanenti a bordo sa
valutare la profondità di esercizio ed aumenta o diminuisce la mandata dell’aria
in funzione di ciò. In più c’è un marinaio al motore che tiene l’imbarcazione
sempre sulla verticale dei sub, infine c’è un’ultimo addetto che si occupa di
filare e recuperare l’ancora posta a prora. La durata di ogni immersione si può
protrarre anche per un paio d’ore ( dipende quando finisce il carburante del
compressore o quanto pescano), dopodichè, e questo per noi è stato il gran
finale, risalgono direttamente in superficie ad una velocità impressionante e
senza accennare assolutamente a qualsiasi tipo di sosta di sicurezza, mentre
invece i nostri computer subacquei si sono messi a “bippare” all’impazzata
cercando di emularli. Lavoravano ignorando totalmente le più elementari regole
sulla sicurezza in immersione. Il fatto per noi sbalorditivo è che queste
immersioni, in nostra presenza le hanno fatte tre volte nella stessa giornata ,
le hanno ripetute sempre a profondità comprese tra i venticinque ed i trentasei
metri, ed ogni volta al termine risalendo sempre direttamente in barca.
Immancabile tra un tuffo e l’altro una sigaretta , l’accendevano ancor prima di
asciugarsi ( forse per bullismo, per stupirci o comunque per darsi un “tono”),
ed una ciotola di riso intriso di acqua e zucchero per alimentarsi. Inutile
sottolineare che nella struttura fisica tra la pelle i muscoli e le ossa non
v’era spazio per un filo di grasso.
Maschera e boccaglio di un pescatore di oloturie in apnea
Malgrado fossimo psicologicamente preparati,
vissuta così in prima persona la cosa ovviamente ci aveva meravigliato scavando
un profondo solco tra le nostre e le loro tecniche d’immersione.! Naturalmente
non essendo specialisti della materia le supposizioni si erano concentrate sul
fatto che potevano essere intervenuti adattamenti genetici oppure la loro
alimentazione o il metabolismo, o chissà per quale altro motivo gli consentiva
di superare tali alterazioni fisiche. Abbiamo però inteso che periodicamente
qualcuno di essi accusa dei dolori, soprattutto alle articolazioni. Solo, ci
chiedevamo ? Durano un giorno o due poi però passano e continuano la raccolta
perché è la sopravvivenza propria e della famiglia che glielo impone! La forte
richiesta dai mercati cinesi poi fa il resto. Infatti il cetriolo di mare o
cucumaria o ancora sea cucumber, in Malesia, in Giappone, in Indonesia, nelle
Filippine, ecc. è considerato una prelibatezza culinaria ed è spesso utilizzato
come base per zuppe. E’ un ingrediente indispensabile per preparare il Trepang,
una specialità tipica della cucina orientale a base di oloturie tritate,
essiccate, affumicate o bollite. Le oloturie vengono raccolte e utilizzate come
alimento da più di 1000 anni.
In Asia si ritiene possiedano tanto per
cambiare, proprietà afrodisiache, e tanto per dare idea di quanto è alta la
domanda da questi mercati basti sapere che sono stati sequestrati 25.000
esemplari tutti pescati di contrabbando. Questi organismi marini sono molto
apprezzati anche per uso terapeutico in quanto è confermato da ricercatori che
possiedono una tossina difensiva utile al trattamento di alcune malattie. I
medicinali contenenti suoi estratti presi per via orale, possono essere un
ottimo agente antinfiammatorio per affrontare diversi tipi di artrite, tendiniti,
lesioni sportive e dolori articolari. Altri sono ampiamente usati in omeopatia e
a detta degli specialisti orientali sono venticinque volte più potenti
dell’aspirina come analgesico e per ridurre le infiammazioni. Al termine del
nostro incontro con i sea-cucumber fishermen malgrado sia stata raccolta una
ampia e completa documentazione sulle tecniche delle loro immersioni, una volta
rientrati a casa non siamo riusciti a trovare le risposte tanto desiderate. I
dubbi e la curiosità sono rimaste , quello però che ci siamo e stiamo portando
dentro è il fascino di aver vissuto questa avventura a tutto tondo di cui
abbiamo fatto parte. Abbiamo conosciuto e vissuto, anche se per pochi giorni,
con i sea-cucumber fishermen, abbiamo incrociato e dialogato ( poco per la
verità ) con gli zingari del mare come poteva accadere solo ai protagonisti dei
romanzi di Emilio Salgari, infine violato il segreto nascondiglio di dove
venivano celati in una grotta all’interno di un grosso scoglio un’altra
leccornia per le cucine asiatiche, i nidi di rondine. E tutto questo grazie ad
una brevissimo filmato amatoriale. Non ci resta quindi supporre che i
sea-cucumber fishermen siano persone assolutamente normali che hanno sviluppato
col tempo variazioni biologiche ed ematologiche di cui la scienza non ha
risposte certe in quanto carente di uno studio mirato e approfondito, così come
invece è stato fatto per altre popolazioni di pescatori subacquei. Non a caso i
bambini di quest’area riescono sott’acqua ad identificare meglio gli oggetti se
rapportati a bambini occidentali, un po’ come fanno i pescatori di perle
polinesiani. La spiegazione scientifica su questo caso c’è; è stato infatti
appurato che la tecnica sta nel contrarre la pupilla anziché dilatarla come
normalmente avviene se non si ricorre all’uso di maschera ed occhialini sub. Può
darsi quindi che un domani si riesca a risolvere anche l’arcano sulla tecnica
dell’immersione attuata dai pescatori di oloturie. Occorre quindi pazientare un
po’ di più, ma arriverà anch’essa !
Oltre alle oloturie si pescano anche conchiglie
Si ringrazia per la collaborazione fornita
Faraway Yatching Team
Articolo completo e
foto reportage pubblicato su ScubaZone n.3
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