In un articolo pubblicato di recente sulla rivista scientifica Journal of Marine Biology, Erich Ritter e Alexandra Quester investigano per scoprire se davvero, come si dice comunemente, gli squali attaccano per sbaglio. Infatti è opinione diffusa quella per cui gli squali bianchi attaccherebbero i surfisti quando sono distesi sulla tavola con mani e piedi sporgenti, scambiando la loro sagoma vista da sott’acqua per quella di un pinnipede, foca o otaria, loro preda abituale.
Nel loro studio gli autori fanno una considerazione importante: lo squalo bianco cambia la sua dieta con l’età. Da giovane si dedica soprattutto ai pesci e solo quando raggiunge una taglia compresa tra 3,5 e 4,5 m di lunghezza ha ormai le caratteristiche di rapidità e potenza necessarie per dedicarsi a otarie e foche, prede ambite per via del grasso sottocutaneo, fonte di energia.
Tra il 1966 e il 2015, 67 incidenti hanno coinvolto lo squalo bianco e i surfisti lungo le coste della California e dell’Oregon, con identificazione certa dello squalo bianco. Di questi il 50% sono stati causati da giovani squali, lunghi da 2,5 a 3,5 m. Circa il 13% degli incidenti sono stati semplici urti, musate alla tavola che non hanno causato nemmeno la caduta in acqua del surfista. Oltre il 72% degli incidenti si è risolto con danni moderati o minori al surfista o alla tavola.
Solo nel 21% degli attacchi, dopo il primo morso di assaggio lo squalo è tornato a dare un secondo morso, nella maggioranza dei casi senza fare grandi danni. Un terzo morso non è mai stato riportato.
Gli Squali attaccano per sbaglio o per gioco?
Squali e pinnipedi esistono sulla terra da oltre 15 milioni di anni, periodo in cui i primi resti fossili di squalo bianco sono noti. In 15 milioni di anni di evoluzione, lo squalo ha avuto tempo di imparare a riconoscere un’otaria da ogni angolo visuale? Gli autori pensano di sì, e pensano che mordere un surfista o la sua tavola sia piuttosto un tentativo consapevole di investigare un oggetto strano e sconosciuto piuttosto che uno scambio di identità. Insomma, un comportamento di gioco, che è già stato dimostrato nei grandi elasmobranchi.
Il gioco nei giovani animali ha lo scopo di provare e allenare un comportamento, e questo spiega bene gli attacchi più violenti: anche sapendo che l’oggetto non è un pinnipede, il giovane squalo bianco prova l’attacco, allenandosi per quando lo farà per nutrirsi. Ma il gioco serve anche per accumulare informazioni e conoscenze sull’ambiente circostante e sui suoi abitanti, ed ecco perché molti attacchi si risolvono con un morso non affondato o con una musata, sistemi con cui lo squalo, sprovvisto di mani, assume informazioni attraverso il tatto e il gusto.
In ultima analisi consideriamo la visibilità: in quasi tutti i casi considerati la visibilità era molto limitata, pochi metri, e questo costringeva lo squalo ad avvicinarsi molto all’oggetto da esplorare o a toccarlo col muso.
Foto di Gaspare Schillaci