Polipi o polpi. Attenti a come rispondete. Allora, premettiamo che i polipi sono quelli dei coralli, ovvero i piccolissimi individui, per la cronaca animali, che vivono e producono uno scheletro calcareo, lo stesso che calciate di tanto in tanto facendo fischiare l’aria a suon di parolacce. I polpi, al contrario, sono tutt’altra cosa. Sono certa che appena ho detto ‘polpo’ qualcuno ha pensato ‘patate’ quindi ritengo abbiate capito di cosa parlo..
I polpi, dette anche piovre, appartengono ad una delle classi più peculiari del Phylum dei Molluschi. Questo gruppo comprende le cozze, le vongole, i nudibranchi e tutte quelle cosine che si infossano nella sabbia, si incastrano nel reef o strisciano, protette o meno da una conchiglia più o meno visibile. Chi ha pensato ‘paguro!’ se lo tenga per se, quello non è un mollusco, blasfemi. Insomma in questo grande gruppo estremamente eterogeneo c’è una classe, quella dei cefalopodi, che ha una storia particolare.
Cephalopoda, dal greco kephale, che vuol dire testa e podos, che significa piede. Che poi il perché lo capite anche da soli. Se avete mai guardato un polpo o una seppia da vicino (i calamari fritti non valgono) avrete notato che hanno dei tentacoli, in numero variabile dagli 8 ai 10 al centinaio, piantati in faccia subito sotto gli occhi. Hanno insomma i ‘piedi in testa’. E li usano per un sacco di cose. La propulsione, afferrare e stritolare, difesa, accoppiamento… i calamari giganti ci ‘abbracciano’ i capodogli… Ma anche se vorrei parlare all’infinito delle doti trasformiste dei tentacoli, mi soffermerò su una caratteristica peculiare e unica, che in certi animali sorprende sempre. Conoscete il mimetismo? A cosa serve? La differenza tra quello Batesiano e quello Mülleriano? Si ok, a braccio, così su due piedi li confondo sempre anch’io, ma proviamo a venirne a capo insieme.
Il mimetismo è una strategia, che si è evoluta nel tempo, con la quale alcuni animali cercano di difendersi, a volte attraverso l’inganno, nel tentativo di confondere i predatori e i loro sensi. C’è, in questo mondo, come del resto nel nostro, chi vuol sembrare qualcos’altro e chi, invece, qualcun altro. Andiamo per ordine. Il mimetismo Batesiano è quello attraverso il quale un animale innocuo tenta di imitare i colori, le forme e il comportamento di un animale pericoloso, in modo che un eventuale predatore che si imbattesse in questo organismo pensi ‘Mmmmmmm no. Nel dubbio, meglio di no.’ Il secondo, invece, quello Mülleriano, consiste nel mimetizzarsi, nascondersi, passare inosservati. Mentre il primo passa spesso attraverso colori sgargianti o abbinamenti vistosi, il secondo si riduce spesso alla totale assenza degli stessi, nel tentativo di risultare ‘invisibili’. I polpi, in questo, sono dei maestri. Sulla loro pelle infatti esistono cellule specializzate, dette cromatofori, che hanno la caratteristica di mutare il colore dell’animale e, quando ci si mettono di impegno, che ci crediate o meno, anche la forma (pensate che c’è un polpo, detto mimetico, che riesce ad imitare almeno una decina di animali diversi).
Questi cromatofori, dicevamo, possiedono dei pigmenti, ovvero sostanze particolari che riflettono e assorbono la luce e che producono quell’effetto che ai nostri occhi risulta come colore. Queste cellule sono come dei sacchetti… Se mettete delle biglie scure in un sacchetto di plastica trasparente e lo tenete all’apice, le biglie si ammasseranno, andando tutte sul fondo e avvicinandosi una all’altra. In questo caso, il colpo d’occhio sarà immediato e lo scuro delle biglie evidente. Se posate lo stesso sacchetto su una superficie piana e lasciate che le biglie vadano un po’ dove gli pare, queste si disperderanno e l’effetto del colore sarà meno vistoso. Allo stesso identico modo i cromatofori si espandono e contraggono modificando la distribuzione, e non la quantità, dei pigmenti. In contrazione il pigmento si concentra mentre in rilassamento la cellula si espande e il pigmento si disperde. Capito? La cosa delle biglie nel sacchetto! Sono il ninja della metafora. Questi stimoli arrivano al sistema dei cromatofori attraverso gli occhi e la pelle. In primis sono gli occhi a mandare il segnale al cervello, che a sua volta dà alle cellule l’ordine specifico di reagire. In secondo luogo è proprio la pelle, che in modo indipendente, reagisce direttamente agli stimoli esterni, modificandosi. Bypassando gli occhi il polpo può ‘vedere senza vedere’, e questo è il suo modo di comunicare. In fondo ognuno ha il suo. Pensate al linguaggio dei segni o al linguaggio del corpo, basta che funzioni! E funziona. Con simili e predatori. Considerate che queste reazioni hanno una natura emotiva, ovvero l’animale si comporta in questo modo principalmente quando è sotto stress, di qualsiasi genere di stress si parli. C’è un predatore? Cambiamo colore. C’è una femmina? Cambiamo colore. C’è un maschio? Cambiamo… sì, vabbè, avete capito come funziona. Il polpo nello specifico ha un’escalation di comportamenti ben definiti, che si ripetono più o meno invariati, tentativo dopo tentativo. Prima linea di difesa: sono invisibile. L’animale si ferma e si mimetizza completamente con il substrato sul quale si poggia. Il colore cambia, la pelle da liscia e vellutata diventa ruvida e spigolosa, ricoperta di tubercoli come se l’animale fosse fatto di roccia. Il predatore insiste.. Seconda linea di difesa: sembriamo grossi e incavolati. Il povero polpo si gonfia e diventa di un colore vistoso, rosso, marrone scuro, nero… a volte è talmente arrabbiato e spaventato che i colori pulsano e scorrono sulla pelle come se la livrea fosse animata. Tanta roba. E se il predatore insiste? Eh beh, a quel punto, inchiostro. L’animale espelle dal sifone una sostanza scura, simile ad inchiostro in tutto e per tutto, che in passato veniva usata come tale visto che scorre molto morbidamente sulla carta. Forte avete presente di cosa parlo, il celeberrimo ‘color seppia’, quello che insieme al bianco e nero rende tutti belli nelle foto su Facebook. Questo inchiostro serve a confondere il nemico, oscurandogli la vista o creando quello che in biologia si chiama zimbello, ovvero un’immagine alternativa di sé che viene offerta al predatore. Quest’ultimo punta alla macchia scura invece che all’animale vero e proprio, che nel frattempo se la batte in ritirata. L’ultima spiaggia, prima di mettersi i tentacoli addosso. Ricordate che in natura lo scontro è sempre l’ultima delle scelte, sprecare energie in una rissa è una bella idea solo per uno sbronzo. Tutto questo dovrebbe bastare a scoraggiare un predatore, un nemico o un subacqueo molesto (noi snorkelisti queste cose non le facciamo), ma se non dovesse bastare… ‘..liberate il Kraken..’ A quel punto, tentacoli, ventose, morsi di becco, tutto è lecito. In amore e in guerra tutto è lecito. A questo proposito, visto che i cambiamenti di colore sono a base emotiva, il polpo, quando si accoppia… eeeh sapeste. Ma questa è un’altra storia..