Autore testo: Beatrice
Rivoira
Autore foto: Davide Lopresti
Prostheceraeus giesbrecthii,
Gymnothorax unicolor,
Cheilidonichthys lastoviza
… non si tratta di antiche formule magiche, ma di “semplici” nomi scientifici
che, rispettivamente, indicano la planaria rosa, la murena nera e il così detto
capone ubriaco.
A leggerne alcuni spesso ci si chiede se non siano stati inventati apposta per
non essere ricordati e, soprattutto, perché? Dopotutto i nomi comuni sono tanto
comodi e facili da memorizzare!
Se un subacqueo di ritorno da un’immersione dicesse “Ho visto un
Prostheceraeus giesbrecthii bellissimo” la
maggior parte delle reazioni sarebbe caratterizzata da espressioni facciali
alquanto perplesse ed esclamazioni del tipo “Un che?”. La persona in questione
verrebbe etichettata come “stramba” e si comincerebbe a prenderla in giro sul
fatto di aver aggiunto qualcosa in più al contenuto della sua bombola!
Eppure ad ogni subacqueo, prima o poi, capita di cogliere qualche conversazione
ricca di questi nomi astrusi oppure di trovare strani personaggi che, non appena
rientrati dall’immersione, si tuffano con la testa nei manuali. Difatti, se per
molti è sufficiente identificare un organismo semplicemente come granchio,
nudibranco o spugna, per molti altri non è così. Appena tornati sentono la
necessità di dare nome e cognome agli organismi che hanno visto. Si lanciano
quindi a cercare immagini identificative sulle guide, su internet o a scrivere
sui forum. Spesso postano le foto scattate per farsi aiutare dai più esperti
nell’identificazione e danno così il via a lunghe discussioni circa la vera
identità del “loro organismo”.
Prostheceraeus giesbrecthii (Planaria rosa)
Ma facciamo un passo indietro… perché questi nomi?
I nomi scientifici delle specie vengono spesso paragonati al nome e al cognome
di un individuo, che permettono di identificarlo in maniera univoca. Nel mondo
delle scienze naturali questo viene attuato in modo leggermente diverso, ma con
lo stesso intento: un’identificazione chiara e precisa. Gli studiosi hanno
sempre tentato di porre ordine in quello che è il mondo vivente, creando delle
vere e proprie classificazioni. Gli organismi sono stati riuniti in
raggruppamenti di grandi dimensioni, ognuno dei quali contiene dei sottogruppi,
che a loro volta ne contengono altri e così via. La suddivisione, inizialmente,
si basava su caratteri di somiglianza. Ad oggi, invece, molti preferiscono
seguire una classificazione filogenetica, utilizzando i gradi di parentela fra i
vari organismi.
Tuttavia le classificazioni stilate continuano ad essere in continuo mutamento
grazie al progredire delle tecniche d’indagine, che permettono un’analisi su
scala sempre più fine e dettagliata.
Due Sphyraena viridensis (Barracuda) in mezzo a una nuvola di Chromis chromis
(Castagnole)
Tutto ciò è molto interessante ma perché il doppio nome latino?
L’utilizzo della così detta “nomenclatura binomiale” si deve a Carl Nilsson
Linnaeus, medico e naturalista svedese, che la introdusse nel lontano 1735!
Questo tipo di nomenclatura si basa su quella già utilizzata da Aristotele nel
De partibus animalium
e consiste nell’utilizzo di un doppio nome latino. Il primo è generico, scritto
con l’iniziale maiuscola, mentre il secondo è specifico e presenta l’iniziale
minuscola. Il tutto poi va accuratamente riportato in carattere corsivo.
Esemplare di Flabellina ischitana, specie spesso confusa con la somigliante
F. affinis
In definitiva…
Chiunque si avvicini alla tassonomia dovrà vedersela con intricati alberi
filogenetici e nomi alquanto impronunciabili, ma non è il caso di scoraggiarsi.
Se affrontata con pazienza può portare a delle vere soddisfazioni e scoprirete
che la sua memorizzazione non è così difficile come appare. Potete cominciare
dai nomi di quegli organismi che incontrate frequentemente o che più vi
interessano e segnarli magari sul logbook. Dopo ogni immersione potrete
controllare quattro o cinque nomi e provare a ricordarveli al tuffo successivo.
Poco alla volta riuscirete così ad ampliare sempre di più il vostro personale
elenco e senza un eccessivo sforzo!
Insomma, la tassonomia ha effettivamente creato un certo ordine nel modo di
descrivere il mondo naturale. Riuscire però a districarsi in queste
classificazioni… bè spesso è tutt’altro che facile! Ma tentar non nuoce e,
dopotutto, come sosteneva Linneo: “Se
non conosci il nome, muore anche la conoscenza delle cose”.
Esemplare di Flabellina affinis (Flabellina rosa). In trasparenza, nei
cerata, sono visibili le uova.
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