Autore: Leda Masi
MUCK DIVING
Tutti amiamo le immersioni sui reef: acque limpide, nuvole vivaci di pesci guizzanti, grandi coralli; oppure affrontare il grande blu, alla ricerca dei giganti del mare.
Tutti sogniamo incontaminate isole coralline lambite da acque calde, luminose, con pareti che precipitano nel blu ricoperte di gorgonie enormi, da coralli dalle forme più disparate e dai colori più accesi, con le pacifiche tartarughe che veleggiando accanto a noi ci osservano con i loro occhi saggi, con le cernie curiose che si avvicinano a dare un’occhiata, le murene che si affacciano dalle loro tane fra i coralli, i grandi banchi di carangidi che improvvisano caroselli per noi, l’insperato e sempre emozionante passaggio degli squali o delle mante, i raggi di sole che ci raggiungono a grandi profondità creando giochi di luce irreali… Vero, no?
Ma esiste anche un altro mondo da esplorare, spesso snobbato dai subacquei, ma altrettanto ricco di vita, altrettanto prodigo di sorprese, altrettanto interessante e divertente.
In questo mondo spesso c’è una pessima visibilità, non ci sono coralli, ma sabbia o limo, sul fondo spiccano sovente relitti dell’attività umana, cianfrusaglie che l’uomo scarta e affida al mare (nella erronea convinzione che spariscano, mentre purtroppo si conservano per lunghi, lunghissimi anni…), e, soprattutto, a una prima e distratta occhiata, questo mondo sembra deserto.
Sto parlando dei fondali sabbiosi, delle praterie di alghe, del mondo che prospera sotto i pontili, nell’acqua bassa delle baie sabbiose, fra i moli… in due parole: MUCK DIVING! (Muck, letteralmente, è terriccio, melma, fradiciume – e un sacco di altri significati, come sempre in lingua inglese!- ma i subacquei lo adoperano in senso più ampio, ad indicare tutte quelle immersioni che non si svolgono sulle pareti, su secche o nel blu, ma su fondali piatti, a profondità modeste, su substrati sabbiosi o simili)
Così descritta non sembra granché, ci si potrebbe domandare: “Ma perché fare un’immersione nel fango, in condizioni così negative, in ambienti così poco invitanti?”
Ma quei subacquei coraggiosi che decideranno di sfidare la scarsa visibilità, il fango e il compito arduo di scovare l’invisibile, sicuramente non rimarranno delusi e potranno raccontare un’avventura eccitante e affascinante.
Certo, bisognerà armarsi di pazienza, molta curiosità e voglia di imparare, ma le ricompense non tarderanno ad arrivare. Le prime volte, specie se non si può approfittare dell’esperienza di amici o guide esperti, forse ci si potrà sentire un po’ delusi, probabilmente avremo visto meno di quanto ci aspettassimo; ma perseverando ci “faremo l’occhio” e cominceremo a trarre grandi soddisfazioni.
La nostra pazienza sarà premiata dalla scoperta delle affascinanti e bizzarre forme di vita che conducono la loro appartata esistenza nella sabbia, fra le alghe, al riparo di un copertone abbandonato, che colonizzano le strutture di moli e pontili.
Animali che difficilmente potremmo osservare sulla barriera o in mare aperto, animali che affidano la propria sopravvivenza a eccezionali doti di mimetismo: prede prive di altra protezione o predatori assai scaltri e specializzati.
In tali ambienti si ha infatti la possibilità di osservare alcuni comportamenti particolari, sia di predazione che di difesa, forme “fantasiose” di adattamento all’ambiente, strategie di camuffamento che variano dall’imitazione perfetta dei colori del fondale all’esibizione di vistosissime colorazioni tese a scoraggiare eventuali aggressori; e ancora, qui è possibile osservare le incredibili varianti giovanili di animali che ben conosciamo, che trascorreranno la loro vita adulta di fuori di questi ambienti protetti e che nella loro forma immatura ben poco assomigliano ai genitori.
Alla fine dell’immersione vi garantisco che vi fionderete sui vostri libri di biologia marina e sulle guide all’identificazione per scoprire cosa era quell’esserino che tanto vi ha stupito e che non avevate mai visto.
Molte delle più recenti scoperte di nuove specie sono state fatte proprio qui. Non è per nulla strano scoprire che non si è in grado di identificare qualche organismo osservato durante una di queste immersioni, ma se provate a cercare su alcuni dei molti validissimi siti web che si occupano di biologia marina (a titolo di esempio vi posso citare: www.mondomarino.net , www.fishbase.org www.edge-of-reef.com . Elenco assolutamente non esaustivo, naturalmente, solo i primi che mi vengono in mente), sulle riviste, oppure a contattare qualcuno dei biologi che collaborano con i siti o le riviste (e vi assicuro che sono generalmente persone molto disponibili), probabilmente riuscirete a scoprire l’arcano. E se nemmeno i biologi lo identificano, bè, potreste aver scovato una nuova specie, o variante!
Sarebbe bene avere con sé la macchina fotografica, e magari una lavagnetta, per prendere appunti o per disegnare dei dettagli particolari.
Questo tipo di immersioni, come appare evidente, è particolarmente gradito ai fotografi, che troveranno soggetti interessanti, bizzarri, talvolta orrendamente affascinanti, a volte delle rarità. Rimarrà nella borsa il grandangolo, non ci sono grandiosi paesaggi da immortalare da queste parti, e spesso la scarsa visibilità e la presenza massiccia di sospensione rendono del tutto inutilizzabile questo obiettivo. Perfetti invece gli obiettivi macro, e ovviamente un buon flash!
Personalmente consiglierei un’attrezzatura ridotta al minimo indispensabile: data la particolare natura del fondale è bene non sovraccaricarsi di oggetti che potrebbero impacciare nei movimenti; è bene anche assicurarsi che tutte le fruste e gli strumenti siano bene assicurati e ben aderenti al corpo, per evitare che inavvertitamente vadano a dragare il fondo, sollevando nuvoloni di sedimento, e rovinandosi.
Essenziale è un buon assetto: basta una pinnata sbagliata e ci si può trovare nella nebbia più fitta, che impedisce la visuale tutt’attorno (mi è già capitato di dover mantenere il contatto col gruppo per mezzo di soli segnali acustici, senza nessuna speranza di vederci fra noi…), e, cosa decisamente più seccante, la nube di sabbia oscurerà inesorabilmente il soggetto della nostra foto!
D’obbligo avere occhio e spirito d’osservazione: l’occhio si allena col tempo, e la capacità di scovare le quasi invisibili forme di vita che popolano questi fondali si affinerà anche con la lettura di libri e riviste, oltre che con l’esperienza. La conoscenza delle abitudini di questi animali è fondamentale per poterli scovare e avvicinare: conseguenza, ma anche presupposto per queste immersioni. Diventerà poi fonte di grande soddisfazione riuscire ad individuare animali perfettamente mimetizzati, immobili, schivi, e saperne poi snocciolare con naturalezza i nomi, una volta a terra.
Occorrerà muoversi con calma, senza nessuna fretta, nuotare lentamente, facendo attenzione a non smuovere il fondale, evitare movimenti bruschi che possono spaventare i timidi animali che stiamo cercando. E tenere gli occhi ben aperti, fare attenzione ai dettagli, essere curiosi. Una protuberanza anonima nella sabbia deve incuriosirvi: andate a controllare più da vicino, potrebbe rivelarsi una sorpresa. Ci sono centinaia di piccole creature da scoprire.
Anche per le notturne questi ambienti si rivelano particolarmente adatti: con il calar della sera escono dalle loro tane animali che durante il giorno si tengono nascosti.
Granchi di ogni genere e foggia, l’elegante ballerina spagnola, le seppie che escono in caccia col favore delle tenebre, le cipree, l’astrospartus dalle mille braccia, il polpo che si fa tutt’assieme ardimentoso, gli schivi pesci mandarino che approfittano del buio per consumare i loro fugaci amori…
Quali sono in concreto gli ambienti adatti a queste esplorazioni? Si tratta solitamente di baie riparate e poco profonde con moti di marea che ne rinnovano le riserve di cibo, fondali sabbiosi o detritici, talvolta misti a fango, ma anche praterie di alghe, mangrovieti.
Sarebbe bene informarsi presso il diving locale o la Capitaneria sugli orari delle maree, sui possibili pericoli, sulle correnti e sulle generali condizioni del sito. Generalmente le migliori condizioni di visibilità si hanno con l’alta marea.
L’aiuto di una guida locale che conosca bene i siti potrà offrire ottime opportunità per incontri particolari ed entusiasmanti.
Ma non parliamo solo di calde acque tropicali: anche il nostro Mediterraneo offre la possibilità di fare questo genere di immersioni, non meno gratificanti. Sono molti i luoghi qui in Italia dove le spiagge digradano dolcemente verso il largo, splendidi pianori sabbiosi, la cui granulometria può variare dal ghiaetto al fango finissimo e che ospitano una fauna quanto mai ricca e interessante; frequenti e ancora in buono stato di conservazione sono poi le splendide praterie di posidonia, autentici ecosistemi a sé stanti, dove prosperano centinaia di piccoli animali che fra i lunghi steli conducono un’esistenza appartata, ma vivace. La lotta per la sopravvivenza non conosce tregue, non ci sono zone neutrali: ovunque ci sono esseri che nascono, si nutrono, si riproducono e muoiono, che predano e vengono predati.
L’ambiente litoraneo è caratterizzato da una certa uniformità di colori e dalla scarsezza di rifugi, ragion per cui il mimetismo è per gli animali che lo abitano quasi una necessità. La vita qui non è appariscente, ma molto varia. Non sono solo gli animali inermi e privi di difese a nascondersi: anche temibili predatori sfruttano le particolarità del luogo per asicurarsi la sopravvivenza. Tracine e pesci prete si infossano nella sabbia, lasciando visibili solo gli occhi e facendo oscillare la loro “esca” davanti a sé: molti piccoli pesci finiscono la loro esistenza in bocca a questi astuti cacciatori. Altri predatori si affidano invece al mimetismo e all’immobilità per indurre le loro ignare prede ad avvicinarsi tranquille, per poi fulmineamente colpire; così si comportano ad esempio i pesci rana, che sfruttano un mimetismo perfetto con la sabbia del fondale, e gli antennaridi, abilissimi ad assumere la colorazione delle spugne su cui stazionano.
Ma non è finita: nella infinita lotta per la sopravvivenza, uccidere e cercare di non essere uccisi, gli animali assumono identità illusorie, tentano di scomparire o di apparire diversi.
I pesci pietra imitano alla perfezione rocce coperte da filamenti d’alga; alcuni Solenostomus, i pesci ago fantasma, si “travestono” da foglie morte fluttuanti a mezz’acqua o da foglie verdi se vivono fra le alghe, mentre altri, come i pesci fantasma ornati, hanno sviluppato sul corpo escrescenze che imitano alla perfezione rami di corallo;
gli scorfani foglia si sono evoluti in una forma appiattita e cercano di ingannarci lasciandosi cullare dal moto ondoso come foglie alla deriva; |
il pesce coccodrillo, pur essendo di dimensioni rispettabili, si rende quasi invisibile grazie alla colorazione estremamente complessa che lo confonde con il fondale, rendendo difficile distinguerne la sagoma, ed è così fiducioso del proprio travestimento che non si muove nemmeno se gli andate vicinissimi; altri esibiscono colorazioni illusorie, spacciandosi per specie pericolose, e fra questi particolarmente curiosi sono i giovani di alcune specie di serranidi: assumono infatti la colorazione e le movenze di nudibranchi, prede particolarmente sgradite ai più; ed è commovente vederli così impegnati nella loro forsennata danza per convincerci di questa loro tossicità;
la palma del mimetismo tocca a polpi e seppie, noti trasformisti, grazie alla presenza nella loro cute delle cellule dette cromatofori, che gli consentono di adeguare la propria colorazione all’ambiente in tempi quasi istantanei: dalle minuscole seppie tropicali che cercano di diventare foglie morte, ai polpi mimo che sono in grado di modificare la propria struttura corporea per imitare altri animali quando vengono disturbati, dalle piccole seppie orchidea che sfruttano una colorazione cangiante ed ipnotica per irretire le vittime, al comune polpo di casa nostra, maestro nell’arte di sfuggire a sguardi curiosi.
Altri ancora affidano la propria sicurezza a stratagemmi curiosi: il granchio facchino si sobbarca il peso di grossi ricci e si aggira per il fondale protetto da questa spinosa armatura; il granchio decoratore porta a spasso invece un’urticante attinia;
se vedete invece una grossa spugna che lentamente si muove sul fondo, non è colpa dell’azoto! È un altro piccolo granchio che ha staccato un grosso pezzo da una spugna e gira portandoselo sulla groppa.
E ancora: può capitarvi di osservare incuriositi una pietra che goffamente si muove, poco a dire il vero, ma si muove. Vi avvicinate e…improvvisamente si spalancano due coloratissime ali! È l’Inimicus didactylus, lo scorfano diavolo, che vi avverte: siete decisamente troppo vicini! Questo curioso pesce, come i suoi affini Dactylopus dactylopus, gallinella e cappone, si sposta sul fondale “camminando” sui primi raggi, modificati, delle pinne ventrali, e utilizza la vistosa colorazione delle sue ampie pinne pettorali per avvertire possibili predatori della sua pericolosità.
Un altro pesce bentonico che fa uso di ali vivacemente colorate è il pesce civetta; anche qui la funzione della splendida colorazione è aposematica: “lasciatemi tranquillo, posso diventare pericoloso”.
Come sempre in mare, anche qui è bene seguire il consiglio che ci dà il piccolo pesce civetta: guardare e non toccare! Per rispetto degli animali, ma anche per noi stessi: sebbene sembrino animaletti divertenti e timidi, molti di questi animali sono meglio armati di quel che appaia, e dispongono di armi per nulla da sottovalutare.
E sempre in tema di sicurezza: osservate con la massima attenzione il fondale, prima di posare una mano in terra, prima di inginocchiarvi o stendervi per una foto. Moltissimi degli animali di cui abbiamo parlato affidano la loro sicurezza all’immobilità e al mimetismo, ma ciò non significa che siano inermi. Molti di loro dispongono di spine, aculei o altre armi spesso molto velenose; basta una piccola distrazione e ci si inginocchia su un pesce armato di aculei, che non ne sarà entusiasta: a nessuno farebbe piacere trovarsi un grosso e goffo bipede inginocchiato sulla schiena!
E a tratti ecco una improvvisa macchia di colore che spicca sulla sabbia, come fiori qua e là spuntano dal substrato ceriathus e altri ciuffi colorati.
Insomma, quello che a una prima occhiata ci era sembrato un mondo brullo, deserto, monotono, si è rivelato invece uno scrigno pieno di piccoli, ma preziosissimi gioielli.
Per chiudere, vorrei segnalarvi alcuni siti dove ho potuto fare delle splendide Muck dives:
La mia prima volta fu a Manado, ospite del Mapia Resort: la nostra guida ci propose una notturna e ovviamente acconsentimmo entusiasti. L’entusiasmo si raffreddò un po’ quando come sito di immersione ci indicò il tratto di mare immediatamente antistante il resort, sotto il pontile. Ma, se lo dice Massimo, varrà la pena! Quindi scendiamo. Appena accesa la torcia mi è sembrato di vivere un sogno: in quei pochi metri quadrati, in pochi metri d’acqua, c’era una vita quale non immaginavo nemmeno. Non posso descrivere tutto quello che vidi accadere quella sera, sarebbe troppo lungo, ma c’erano il polpo e la seppiolina a caccia, un granchio enorme che mi minacciava con le lunghe chele blu, i pesci fantasma, i petaso e i civetta, il serpente che attentava alla vita di poveri pescetti indifesi, la murena che si aggirava fuori tana, il falso serpente, il granchio scatola che scompare velocissimo sotto la sabbia,l’astrospartus, e…. bè non riesco a ricordare tutto!
Decisi però che avrei ripetuto l’esperienza.
E l’occasione venne qualche giorno dopo, con le immersioni nel mitico Stretto di Lembeth, vicino a Bitung, non distante da Manado. Qui, su un fondale di nera sabbia vulcanica, prospera una vita bentonica da favola, un vero monumento alla biodiversità: diverse specie di “frog fish”, “pesci scorpione”, alcune rarità che solo qui si trovano, i minuscoli e quasi invisibili cavallucci pigmei, murene, rinomurene, pesci mandarino, nudibranchi “critters” di ogni specie, piccoli stupendi mostri colorati, mantidi, gamberetti e granchi, seppie e polpi mimo. Tre immersioni, profondità massima 12 metri, non riuscivo proprio a venir via!
Altre immersioni di questo tipo, bellissime, a Mabul e Kapalai, in Malesia. Tutti i dintorni delle due isole si prestano eccezionalmente bene per queste esplorazioni, anzi, devo confessare che ci sono andata apposta. Fondali bassi, sabbiosi o detritici a Mabul, sabbiosi o ricoperti d’alghe a Kapalai, e poi le immersioni sui piloni della piattaforma petrolifera. No, non ridete! Vi assicuro che ne vale davvero la pena: fra le strutture metalliche della piattaforma vive infatti una grandissima varietà di animali, animali che di solito vivono sulla sabbia, mentre qui hanno trovato dei sostegni che sono sopraelevati, il che rende decisamente più semplice fotografarli: per la prima volta sono riuscita a riprendere un pesce coccodrillo dal basso, senza dover strisciare nel limo! E sempre a Mabul ho imparato ad apprezzare anche i vecchi copertoni abbandonati, sicuro ricovero per splendidi pesci ago fantasma ornati, ovviamente di colorazione tendente al nero, le strutture arrugginite di un argano per le reti, splendido palcoscenico per alcuni frog fish “arrugginiti” e in vena di esibizioni.
Ho trovato poi da praticare queste immersioni in ogni posto che ho visitato, anche se qualche volta gli amici si rifiutano di assecondare la mia “mania per i sabbioni”…
Anche qui da noi, nel Mediterraneo sono possibili alcune escursioni interessanti: a Paraggi, in Liguria, molto belle sono le immersioni sulle praterie di posidonie, qualche volta si riescono a trovare i cavallucci, così come a Noli si riescono a fare bellissime immersioni dalla riva su un fondale sabbioso che nasconde spesso splendide sorprese. Tracine, rane pescatrici, molluschi gasteropodi e bivalvi, molti granchi, polpi, e tanti altri interessanti animali.
E senz’altro splendide, ma non ci sono mai stata, devono essere le rive dell’Adriatico.
Bè, amanti del Blu, vi ho convinto?
Ci vediamo in acqua!
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