L’attesa alla partenza
Come è che faceva quella canzone?… “prima di partire per un lungo viaggio…”
È già, finalmente si parte.
Manca un’ora direi. Dopo tanta attesa, incontri, telefonate, mail, scambi di idee e confronti finalmente il nostro viaggio con destinazione Palmi è sul punto di avvio. Il ‘temerario’ Marco Fossati ha già fatto il viaggio in solitaria ieri, la coppia che ha unito l’Italia settentrionale dal Friuli (Enrico Bortolotti) al Piemonte (Alessandro Geo Ruga) è in viaggio da stamattina. Il gruppo misto lombardo ‘milanese/oltre Po’ è partito da poco (Roberto Prestini + Ivan Giauna)
La coppia di francesi (Alexandre Legrix + Karlito Tof) a bordo della DiveMobile è in partenza in queste ore da Parigi avendo preventivato 20 lunghe ore di guida alternata! Dita incrociate pe ril loro passaggio sulla Salerno/Reggio Calabria. Alessandro Bertasi ci raggiungerà direttamente sul luogo con mezzo aereo….che classe!!
Infine siamo rimasti noi, Andrea Fattore ed io, con il Wreck Van alla sua prima attreversata longitudinale per la punta dello stivale.
La logistica a Palmi
“La prima classe costa mille lire, la seconda cento. La terza dolore e spavento e puzza di sudore dal boccaporto e odore di mare morto”.
Il viaggio è stato lungo, si è dormito poco. Eppure ogni volta che sto per chiudere un occhio c’è un pensiero che si aggiunge e mi accompagna. Avevo già il guanciale pronto quando non so ne come ne perché mi è venuta in mente la prima strofa di “Titanic” del menestrello italiano… E così non sono riuscito a trattenere una breve lettura che mi ha accompagnato per qualche decina minuti.
“Su questo mare nero come il petrolio, ad ammirare questa luna metallo.
E quando suonano le sirene ci sembra quasi che canti il gallo.
Ci sembra quasi che il ghiaccio che abbiamo nel cuore piano piano si vada a squagliare
In mezzo al fumo di questo vapore di questa vacanza in alto mare”
Chissà come sarà stata quella notte del 1943 quando la Motonave Viminale veniva affondata per mano di un siluro americano dalla PT 219 a un miglio al traverso di Pietre Nere. Probabilmente non vi sarà stata alcuna luna elettrica di marinettiana memoria, vi era solo il mare nero come il cielo privo di stelle. Simile a quello che c’è stasera qui, a Palmi, la notte che precede la nostra prima immersione sul relitto simbolo di un’epoca.
Alla nostra base è già tutto pronto.
Mancano otto ore di sonno, poi si iniziano gli ultimi e adrenalinici preparativi che anticipano la dipartita dalla banchina.
A cosa pesare? A tutto. Alla Storia di questa nave che indica un periodo, alle razie che ha subito prima del suo disarmo e dopo che è divenuta relitto, ai subacquei pionieri che l’anno conosciuta intatta quando l’hanno scoperta, ma anche al significato e al fascino che continua ad avere questo transatlantico italiano che ha servito il proprio Paese civilmente e in guerra. Sempre con un tono distinto.
La prima immersione, non si scorda mai
Quando vedi galleggiare la boa rossa in superficie e sotto di essa la cima bianca che scompare nel blu, allora sai che li sotto c’è quel relitto che giustifica i tanti sforzi compiuti. Non è soltanto una boa. È il segno che quel tratto di mare è diverso da quello che gli sta attorno. Pochi metri oltre è mare, li sotto è Storia.
Il primo team composto da: Andrea Fattore, Enrico Bortolotti, Ivan Giauna eRoberto Prestini, in accordo alla pianificazione tra le due barche è già sceso quando noi approcciamo il punto di ormeggio. Abbiamo deciso di lasciare tre le due squadre un intervallo di circa trenta minuti, pari quasi al tempo di fondo. Questo permetterà di avere la linea di risalita il più libera possibile, soprattutto durante le tappe decompressive più lunghe più prossime alla superficie.
È il mio turno. Capovolta, stage, macchina video e sono pronto sul pedagno.
Aspetto in galleggiamento qualche minuto i miei due compagni di immersione: Alessandro Bertasi e Marco Fossati. A cinquanta metri incontro il primo team che risale e vedo nei loro occhi la aggiusta soddisfazione. Scorre anche fugace una battuta di palmi. A ottanta metri la valvola di carico della mia stagna si blocca e non immette più aria all’interno. Ancora un paio di “puff” e poi è definitivamente KO. Pochi secondi dopo arrivo sul ponte di coperta, stacco la frusta dalla valvola e provo a usare una di quelle disponibili che ho installato sulle stage di fondo. Nulla.
Non mi resta che chiudere immediatamente la valvola di scarico sul braccio sinistro. Sono poco oltre i novanta metri. L’aria che ho all’interno non è moltissima. Un turbinio di pensieri mi passa per la testa, da come comportarsi sul fondo, alla risalita, alle precauzioni o le scelte da fare. Allungheró la decompressione.
Decido, dato il contesto, di non eccedere di molto la quota e di continuare la mia immersione. I miei due compagni sono stati avvisati. Alcuni passaggi che avevamo pianificato automaticamente sono scartati da lì a venire. Oggi si fa quel che si può. Guadagno la quota massima del nostro giro. Novantanovemetri. La muta stagna si sente maggiormente addosso adesso. La valvola di scarico chiusa mi permette però di sfruttare tutta la minima espansione del coibente aereo non appena mi alzo di quota. Procediamo inizialmente con murata del cassero a sinistra. Lo sguardo d’insieme dal basso verso l’alto è davvero suggestivo: la nave con le sue finestrature rettangolari, i cala scialuppa, i resti di reti che si annidano lungo il ferro, la Promenade elegante e sontuosa.
Staccandosi un po’ dal corpo del relitto si vede lo scafo in tutto il suo splendore. Entriamo nella Promenade e contemporaneamente l’interno del relitto in quel punto è completamente collassato. Il ponte superiore e i divisori degli spazi interni sono crollati. Sarebbe possibile procedere solo in direzione della prua, esco.
Arrivato all’altezza del ponte di comando guardo verso l’albero prodiero che si intravede nella densità dell’acqua. Le maniche a vento in parte sono crollate sotto il proprio peso e giacciono coricate. La copertura dell’ultimo ponte è variegata e colma di dettagli e componenti maestosi che varrebbero un’unica immersione in questa zona. A centro nave troviamo l’ingresso dello svaso della presa d’aria che una dozzina di metri più sotto conduce alla sala macchine. Il riferimento è preso per il giorno seguente.
Tornando verso la linea di risalita e la strobo, il piano di copertura è collassato parzialmente a V in direzione poppa. Una moltitudine di pesce si sposta in banco creando frequenze argentee inaspettate.
Mentre inizio la risalita il castello, dall’alto, prende le sembianze di una cattedrale gotica.
SPONSOR e LOGISTICA
La spedizione sulla Motonave Viminale è stata possibile grazie al supporto a Palmi del Comandante Rocco D’Agostino e alla base logistica dei cantieri nautici Costa Viola.
Si ringraziano le aziende che hanno sostenuto con i proprio materiali le immersioni sul transatlantico italiano: Giò Sub – illuminatori subacquei, PHY – cappucci, Scubatec – erogatori e componenti per la respirazione, DeOX – analizzatori gas multi miscela, LTS – mute stagne e accessori.