Ebbene sì, mi sono adeguato a quella che sta andando in scena, e che potrebbe essere vista come la seconda rivoluzione nel mondo della fotografia. Sono passato a una mirrorless e ho cambiato custodia sub, da Leo3 a Leo3wi.
La rivoluzione digitale
La prima rivoluzione a cui faccio riferimento, avvenuta a cavallo del millennio è stata il passaggio dalla fotografia chimica a quella digitale. Semplicemente credo che quando l’industria della fotografia si sia sentita pronta abbia realizzato il passaggio, senza porsi troppe domande, in stile Robespierre. Il che ha provocato inizialmente pianti e rimpianti da parte dei nostalgici, i più hanno preso atto del cambiamento. Quasi tutti ci siamo adeguati, adesso… alzi la mano chi tornerebbe indietro.
Il passaggio al digitale, oltre ad eliminare la schiavitù dei 36 scatti e a rendere più veloce il processo di acquisizione e prima visione del risultato, si porta dietro un’altra importante conseguenza: il sistema reflex, pentaprisma, tendina e specchietto ribaltabile, progettato con lo scopo di rendere possibile la visione attraverso l’obiettivo, quindi di trasferire al mirino l’immagine che al momento dello scatto è vista dalla fotocamera, serve ancora? Tutto serviva, eccome, a evitare che la luce impressionasse la pellicola prima del tempo permettendo nel contempo la visione attraverso l’obiettivo, ma in un sistema digitale la luce proveniente dal soggetto può colpire il sensore, che invia il segnale allo schermo LCD o a un mirino elettronico, per mostrare la scena al fotografo. Il sensore al momento dello scatto registra la luce, ma non ha bisogno di essere messo al buio prima da uno specchio, quindi possiamo farne a meno (mirrorless vuol dire appunto “senza specchio”), e possiamo fare a meno anche del pentaprisma, e del vetro smerigliato per la messa a fuoco, e alleggerire e rimpicciolire l’attrezzatura. La fotocamera, la custodia, tutto insomma.
La seconda rivoluzione: mirrorless
Ed ecco la seconda rivoluzione, il passaggio al mirrorless, più sotterraneo e lento ma a giudizio di molti inarrestabile. Va detto che in questo caso non tutti i costruttori si trovano allo stesso punto, e così, mentre alcuni resistono e investono ancora sul mercato reflex, altri che finora erano stati ai margini della fotografia si sono buttati nel nuovo settore di mercato con grossi investimenti e collaborazioni importanti con costruttori di lenti.
La prima cosa fondamentale per me è questa: si risparmiano grammi preziosi, che sommati tra loro diventano chili, e soprattutto chi viaggia in aereo sa quanto sia importante. Se per la foto esterna molti giudicano le dimensioni di una reflex quelle giuste da maneggiare, nella fotosub piccolo è meglio.
A causa della distanza diversa tra l’attacco dell’obiettivo e il sensore, praticamente tutti i costruttori hanno dovuto passare a una linea dedicata di obiettivi. L’assortimento è ancora per forza di cose limitato rispetto al parco obiettivi che può avere una reflex, ma si sta rapidamente adeguando e poi, spostando il discorso sulla fotosub, quali obiettivi sono realmente necessari per fotografare sott’acqua? Nel mio caso, la mia mirrorless è la Sony α7 III, ho trovato due lenti favolose nel nuovo parco di obiettivi equipaggiati con lenti Zeiss: uno zoom supergrandangolare 12-24 mm e un 90 mm Macro. Cosa potrei desiderare di più?
Ho trovato che tra i fotografi esiste un preconcetto, mirrorless = messa a fuoco lenta. Può darsi che fosse vero per le prime generazioni, ma devo dire che la mia Sony mette a fuoco a grande velocità. Non avverto differenze sensibili con quanto avveniva con la Nikon, anzi, tra le due assegnerei a Sony la palma della più veloce.
Leggendo il manuale d’uso e facendo i primi esperimenti sul campo mi sono reso conto di una cosa, che i nativi digitali faticheranno a capire: nel passaggio da Nikon analogica a Nikon digitale mi ero limitato a trasferire sul nuovo sistema quanto conoscevo dalla fotografia chimica, continuando a fotografare come avevo imparato. Col passaggio alla mirrorless sono proiettato nella fotografia digitale, e mi trovo a sfruttare davvero (e a dover studiare) funzioni e modalità d’uso per me nuove.
Anatomia della mirrorless
Alcuni esempi? Ho sempre pensato che non ci fosse alternativa a guardare nel mirino per comporre l’immagine. Sott’acqua aggiungiamo spazio tra occhio e mirino, la custodia, la maschera, e dobbiamo imparare (in un ambiente che ci penalizza) a valutare diversamente l’immagine. In un sistema mirrorless invece si usa lo schermo posteriore per comporre l’immagine: grande, comodo da guardare anche allontanando la custodia dal viso e avvicinandola al soggetto.
E con delle caratteristiche opzionali inattese da un vecchio fotografo nato nell’era della pellicola. Per esempio la possibilità di vedere sullo schermo un’immagine luminosa sempre, indipendentemente dal terzetto tempo/diaframma/ISO selezionato: opzione utile in profondità, in notturna o quando si lavori con tempi veloci, diaframma chiuso e ISO bassi, ad esempio in macro. O, se lavoro con un fisheye e desidero uno sfondo ben illuminato dalla luce naturale, ma sottoesposto per avere l’acqua di un bel blu profondo, posso impostare il monitor in modo che mi mostri l’immagine come apparirà nello scatto finale (a eccezione del primo piano che sarà illuminato dal flash).
E così via. A onor del vero ci sono ancora due piccoli inconvenienti del sistema mirrorless. Il primo riguarda la pulizia del sensore, che si trova dietro all’obiettivo, senza la protezione di specchio reflex e otturatore, per cui a ogni cambio di obiettivo rischia di sporcarsi. Necessario fare molta attenzione, e per fortuna il fotosub non cambia obiettivo spesso.
L’altro inconveniente riguarda la durata delle batterie, sottoposte a un consumo maggiore per via del monitor che rimane acceso e consuma energia anche nei tempi morti.
La custodia Leo3 wi di Easydive ricarica la batteria della camera durante l’uso, mediante connessione USB. Inoltre, se sappiamo che non useremo la fotocamera per un po’ di tempo, ad esempio per un trasferimento a nuoto, possiamo spegnerla dall’esterno. E vi ricordiamo che si tratta di una custodia universale, adattabile a vari modelli con un semplice aggiornamento del software che avviene via email, e che, grazie ai pulsanti elettronici, è operativa a -150 m. E la stessa custodia può ospitare alternativamente diversi modelli, riconoscendoli tutti tramite collegamento wireless. Che fatica, per un nativo analogico! Ma soprattutto è compatta, leggera, maneggevole, e trasmette all’esterno in via elettronica praticamente tutte le funzioni della mia nuova Sony, nonostante la pulsantiera ridotta rispetto alla Leo3 un tasto switch permette di accedere a funzioni di uso meno frequente.
Leo3 wi è la custodia subacquea più tecnologica al mondo, la prima con collegamento wi-fi. Un altro bel punto a favore di Easydive, nell’attesa che la seconda rivoluzione fotografica si concretizzi definitivamente.