Mike Berry non cerca relitti storici o squali esotici. Il suo habitat sono le acque torbide, i fondali dei laghi e i fiumi in cui vengono nascosti corpi, armi e prove decisive. Dopo oltre 40 anni di servizio nella polizia della Virginia, è oggi uno dei massimi esperti mondiali di investigazioni criminali subacquee.

Una vocazione nata da bambino
L’ossessione per l’acqua arriva presto. A cinque anni osserva incantato una foto del padre in equipaggiamento da sub. Poco dopo ha già maschera e snorkel, e passa i pomeriggi nei ruscelli a cercare girini. Cresce tra serie tv come Sea Hunt e polizieschi americani, e già da allora immagina unire le due cose. Dopo l’esercito, si arruola nella Virginia State Police e si certifica subito come subacqueo.
L’inizio è fortuito: un collega gli propone di accompagnarlo a cercare armi rubate in uno stagno. Mike accetta. Dopo 40 minuti nel fango a visibilità zero, tocca qualcosa: è una pistola. Capisce in quel momento che ha trovato il suo lavoro per la vita.
L’esperienza in polizia e la nascita di UCI
Negli anni, Mike ricopre diversi ruoli nella polizia di Stato: agente su strada, istruttore all’accademia, comandante di distretto e oggi SAR Coordinator a tempo pieno. Ma è nel 1987 che fonda la sua organizzazione più nota, Underwater Criminal Investigators (UCI), con cui forma squadre di subacquei specializzati nella ricerca di prove e corpi in ambiente sommerso.
Il metodo è rigoroso: identificazione dell’area, disegno del pattern di ricerca, localizzazione dell’oggetto, marcatura, triangolazione, documentazione fotografica, recupero e gestione delle prove secondo la catena di custodia.
Tra le operazioni più complesse c’è quella condotta per l’FBI nella vicenda dell’antrace, tra il 2002 e il 2003. Mike dirige personalmente una delle più grandi operazioni di immersione mai svolte su suolo americano, con oltre 12 squadre impegnate nella pericolosa ricerca di prove in laghi ghiacciati.
Addestramento, libri e riconoscimenti
Berry ha scritto quattro manuali sul tema, tra cui The Water’s Edge, considerato il testo più completo sull’investigazione criminale subacquea. Ha formato centinaia di subacquei, inclusi molti operatori delle forze dell’ordine australiane, e ha ricevuto vari riconoscimenti, tra cui il Virginia State Police Superintendent’s Award of Merit.
Il suo approccio rimane pragmatico: non spettacolarizza il crimine, ma punta a restituire risposte alle famiglie e giustizia alle vittime. “Dormo benissimo la notte”, afferma. “Non ho incubi. So di aver aiutato persone nel momento più difficile della loro vita”.

Un lavoro che non ammette errori
Non è un mestiere per tutti. La visibilità è spesso nulla, le condizioni estreme, il materiale da recuperare quasi sempre scomodo. Gli allievi si confrontano presto con la realtà: può capitare di toccare un arto umano sul fondo. “Il segreto è restare calmi. Se sei lì, è perché qualcuno ha bisogno di risposte”, dice Mike ai suoi studenti.
Nel tempo libero, porta avanti l’attività con la famiglia: la moglie Kathy e le figlie Hannah ed Emma lo hanno sempre seguito e supportato, anche nei convegni. Un equilibrio raro tra una professione estrema e una vita personale stabile.
Il valore di una specializzazione
In un mondo in cui molte forze dell’ordine iniziano a riconoscere l’importanza di avere team formati in Underwater Criminal Investigation, figure come Mike Berry rappresentano una risorsa irrinunciabile. Non solo per la loro capacità operativa, ma per l’approccio etico e formativo che portano con sé.
Un esempio di come la subacquea, in contesti molto diversi da quelli ricreativi, possa essere strumento di verità e giustizia.
Guarda il video di Mike Berry l’investigatore subacqueo in azione

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