Si fa un gran parlare di microplastiche, ma sono davvero un pericolo per il mare?
Risponde l’esperto di biologia marina, Massimo Boyer
È una scoperta recente, ma tutti i mari del mondo sono ormai pieni di microframmenti di plastica, con diametro inferiore ai 5 mm. L’origine è varia, in parte derivano dalla frammentazione di oggetti più grandi, in parte dalle microscopiche palline di plastica che l’industria dei cosmetici aggiunge a prodotti come scrub o dentifrici sbiancanti. Buttiamo oggetti di plastica in mare da decenni, le microplastiche si sono accumulate, e adesso finalmente ci accorgiamo che costituiscono un problema. La plastica contiene sostanze chimiche tossiche che, se ingerite, possono accumularsi e alterare i processi biologici degli animali, tra cui la crescita, lo sviluppo e la riproduzione, spiegano i ricercatori in un lavoro pubblicato sulla rivista Trends in Ecology & Evolution. E poi le stesse sostanze si accumulano lungo la catena alimentare, e alla fine possono causare gli stessi effetti nei consumatori di pesce, tra cui noi.
Vogliamo quantificare il problema? In un tratto di oceano considerato quasi incontaminato, come il Mare di Cortez, ci sono 0,7 frammenti di microplastica al m3, il che vuol dire che un grosso filtratore come lo squalo balena, mentre apre la bocca per mangiare plancton e piccoli pesci, può ingerire 170 particelle di plastica al giorno. Una balenottera che si nutre in Mediterraneo arriva a ingerirne migliaia!
Senza contare che i piccoli organismi, come i polipi dei coralli, sembrano attratti da qualche componente chimica contenuta nella plastica, che loro trovano buona, la catturano e la mangiano! Vedi un mio recente articolo.
Questa è la situazione attuale, difficile pensare di raccoglierla, credo che la cosa più intelligente da fare sia smettere di buttarla. Parlo ovviamente della plastica, che molti comuni hanno cominciato a riciclare.