Autore: Sergio Loppel
Sono ritornato a Ponza dopo molti anni da quando fotografai un relitto della seconda guerra mondiale che giace sul fondale dell’Isola.
Mi parve allora uno scenario severo, greve: disgiunto da ogni formalismo.
La vita rigogliosa a ridosso del fondale non mi parve degna di essere immortalata dall’obiettivo. Allora mi interessavano soltanto i relitti e, come fotografo, erano quelli i soggetti da immortalare.
E’ strano come si cambino gli interessi nel corso della vita.
In qualità di fotografo li ho cambiati moltissime volte: per necessità e per educazione ambientale.
Ma mai come questa volta mi è sembrato esaltante capire come la vita riesca sempre a vincere sulle avversità e sugli errori del nostro passato. Intorno a me, quasi a mascherare un ricordo che il mare aveva cancellato, forse per pietà degli uomini, la vita ingioiellava ogni anfratto delle pareti sommerse dell’Isola di Ponza.
Questi fondali sono la chiara dimostrazione che il nostro Mediterraneo combatte attimo per attimo il tentativo di sopraffazione dell’uomo. E ci riesce talmente bene che offre ai fondali, o meglio, alle pareti che strapiombano nel blu, la possibilità di vestirsi di una ricchissima vegetazione che cambia di continuo con l’esplosione dei colori.
La Storia: quella millenaria della nostra civiltà, ha lasciato nell’isola e sui fondali tracce evidenti del suo evolversi.
E’ difficile scegliere un tema singolo per ogni immersione sui fondali di Ponza. E’ talmente variegato il panorama eco ambientale che l’eccitazione ti impedisce di fermarti a lungo su di una parete. Vorresti ritrarre il tutto con la velocità di uno sguardo. La decompressione in parete, non mi è mai sembrata come lì, una cosa così bella e squisitamente istruttiva.
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