Autore: Fabio Carnovale
I fotografi subacquei si dividono tra quelli che hanno allagato l’attrezzatura e quelli che lo faranno.
Questa frase, applicata con le dovute varianti alle più svariate attività, rappresenta comunque una verità difficilmente contrastabile.
Tanto per citare un caso, al sottoscritto è capitato di recente (dopo anni e centinaia di immersioni con la macchina fotografica) e questo ha mutato completamente l’atteggiamento tenuto in questi casi verso il compagno d’immersione con la fotocamera a bagno: quel sentimento di superiorità (chissà come l’aveva trattata quest’attrezzatura…) mascherato da un solidale disappunto e un sorrisetto sotto i baffi (a me non capiterà mai; io sono un pignolo…) ha lasciato il posto ad un’autocritica che trova sempre nei nostri errori la causa dei nostri disastri.
Ora, scongiuri a parte, teniamo presente che questo malaugurato evento purtroppo è sempre possibile, quindi cerchiamo di organizzare le nostre esigenze pratiche ed economiche in modo tale che nel caso avvenga non ci troveremo tagliati fuori dalla nostra amata arte per troppo tempo.
Detto questo vediamo di mettere a punto un metodo per ridurre drasticamente la probabilità di trovarci con un mucchio di ferraglia in mano laddove pochi attimi prima albergava un gioiello di tecnologia.
Prima ancora di addentrarci nei particolari della manutenzione ordinaria e straordinaria, una considerazione di carattere generale: la maggior parte dei danni alle attrezzature deriva da una errata manutenzione, e nella maggior parte dei casi si sarebbero evitati semplicemente non effettuandola. E’ dimostrato, in tanti campi, automobilistico, aeronautico e così via, che ad un intervento sbagliato segue un guasto tecnico, laddove molto probabilmente tale intervento avrebbe potuto benissimo non avere luogo, lasciando tutto com’era.
Quindi: staccare e riattaccare cavetti (con conseguente gocciolina d’acqua salata che cade sui contatti), rimuovere O-ring per pulirli in maniera nevrotica e maniacale col rischio di non riposizionarli correttamente o addirittura dimenticare del tutto di rimontarli e altre operazioni di scrupolosa prevenzione, in realtà possono aumentare il rischio di danni invece di ridurlo.
Iniziamo dunque a parlare di manutenzione dalla prima operazione da effettuare: un accurato risciacquo, non dimenticando però che pur essendo indispensabile non è affatto la soluzione di tutti i problemi. L’acqua dolce viene applicata a pressione ambiente, mentre l’acqua salata, molto più attiva dal punto di vista della corrosione, entra nelle parti più sottili a pressione maggiore (quella, ovviamente, della profondità raggiunta) dove inevitabilmente rimarrà nonostante il salutare bagno di risciacquo.
Non tardiamo quindi troppo ad inviare l’attrezzatura all’assistenza periodica dove la smonteranno e ripuliranno e sostituiranno gli O-Ring dei rimandi e dei contatti sincro. Il risciacquo infine non va effettuato con acqua troppo fredda, se abbiamo chiuso la custodia in ambiente caldo ed umido lo sbalzo di temperatura causerà la formazione di condensa acquosa, anche sulla fotocamera e sui delicati circuiti interni. Nel caso questo accada, attendiamo che la macchina fotografica sia asciutta bene prima di accenderla di nuovo.
Vediamo ora quali sono le principali accortezze per far sì che l’evento citato in apertura sia sporadico, molto sporadico…
Una semplice spruzzata d’acqua dolce non è sufficiente, sarà bene immergere l’attrezzatura per mezz’ora in acqua non gelata.
L’oggetto principale delle nostre attenzioni è la guarnizione toroidale detta O-ring (anello a sezione ad “O”), l’invenzione di questo tipo di sigillo merita veramente un plauso infinito: pressioni anche enormi (come quelle all’interno della bombole, più di 200 bar) sono tenute a bada da una semplice guarnizione di neoprene od altri materiali, spesso lasciando anche alle parti mantenute in tenuta la libertà di movimento.
L’o-ring non permetterà mai all’acqua di distruggere la nostra attrezzatura ed il nostro conto in banca, però va conosciuto per far sì che svolga sempre la sua indispensabile funzione.
La tenuta dell’OR è data dalla sua deformazione momentanea, la sezione rotonda della guarnizione, sottoposta a pressione, si schiaccia contro le pareti delle sedi delle parti da sigillare; questa deformazione, però, deve essere assicurata da una consistenza elastica del materiale con cui l’OR è fabbricato: se questo è “secco”, indurito, screpolato, o addirittura deformato permanentemente, la funzione sigillante verrà meno.
L’O-ring per funzionare deve essere in perfetta efficienza: se rimane deformato o screpolato non è più in grado di assicurare la tenuta.
Badate bene che stiamo parlando di acqua a pressione, non semplice pioggia o schizzi, l’ingresso di acqua (pur trattandosi di bassa pressione, al massimo 5-6 bar per una immersione impegnativa) significa entrata rapida e massiva e distruzione di tutto in tempo molto breve.
Gli OR sono presenti in tutte le soluzioni di continuità della nostra attrezzatura: coperchi, semigusci, comandi (eccetto quelli di tipo magnetico), oblò, finestrelle varie, connettori flash. La manutenzione ordinaria che potremo effettuare con una certa frequenza e regolarità riguarda solo quelli che assicurano la tenuta dei coperchi di chiusura delle custodie, degli oblò, dei flash e quelli che sono posizionati sui connettori di quest’ultimi. Gli altri, sostanzialmente i comandi, non è consigliabile smontarli se non si ha una esperienza specifica, si invierà lo strumento all’assistenza per la manutenzione programmata indicata dal costruttore.
Innanzitutto come si rimuove l’OR: sicuramente sono da mettere al bando spilli, aghi e gli strumenti da dentista (“specilli” o “sonde”, quelli, per intenderci, che fanno vedere la stelle quando entrano in un dente cariato) che, essendo fatti d’acciaio e di forma appuntita rovinano l’OR e rigano la sede dove è alloggiato, questi strumenti possono essere utilizzati (con estrema cautela per non rovinare, appunto, la sede) per rimuovere OR di bombole ed altre attrezzature non fotografiche laddove sia molto difficile rimuovere la guarnizione, tenendo presente che poi questa va gettata perché rovinata. Per effettuare invece una corretta manovra di rimozione degli O-Ring delle attrezzature fotosub, l’ideale è sfruttare l’elasticità del materiale per spingerlo con le dita fino a farlo fuoriuscire un minimo dalla sede, a questo punto potremo afferrarlo e rimuoverlo. In alternativa, se la manovra prima descritta si presenta troppo laboriosa, potremo utilizzare uno specifico attrezzo della Sea&Sea (O-Ring Remover) od, in mancanza di questo, una carta di credito od un biglietto da visita plastificato del quale avremo però verificato accuratamente la mancanza di slabbrature ed angoli appuntiti.
L’O-Ring deve essere rimosso con delicatezza, spingendolo o utilizzando un pezzo di plastica liscia e morbida.
A questo punto faremo un’ispezione visiva della guarnizione, possibilmente avvalendoci di un mezzo di ingrandimento (lenti, occhialetti da modellista etc). Non dovranno essere presenti screpolature (per verificare questo si potrà leggermente tirare l’OR in modo da evidenziarle), tagli, graffi od altri difetti, eccezion fatta per la normale linea longitudinale che residua dallo stampaggio dell’OR. In caso di difetti, eliminiamolo senza pietà anche se ha funzionato perfettamente fino all’immersione precedente, è bene non approfittare troppo della fortuna…
Un OR può durare veramente un tempo inimmaginabile se ben trattato: la lubrificazione, che ne previene il contatto con l’aria e con l’acqua, con conseguente ossidazione, indurimento e screpolatura, deve essere fatta con regolarità per gli O-Ring che sono soggetti a essere rimossi; questa va effettuata applicando, dopo averlo ripulito scrupolosamente da sabbia e altri residui dell’immersione, un sottilissimo velo di lubrificante. Perché sottilissimo: se immergiamo la guarnizione in una massa di grasso eccessivo, esso stesso sarà ricettacolo di sabbia e sporcizia, che si trasferirà poi nella sede inficiando la tenuta.
Il grasso; quello migliore e più duraturo è di tipo “siliconico” ma attenzione: non è adatto alle guarnizioni OR in silicone, infatti queste si possono danneggiare a causa del potere solvente che questo tipo di grasso ha nei confronti di esse. Sarà bene verificare nella nostra attrezzatura quale grasso utilizzare per ogni specifica guarnizione (oggigiorno c’è una discreta varietà di “mescole” e materiali diversi), per non sbagliare possiamo semplicemente usare quello che viene dato in dotazione dalla casa produttrice.
Quando riposizioniamo l’OR nella sua sede dovremo verificare attentamente che non sia presente sporcizia, in particolar modo sabbia e capelli, la sede può essere ripulita con un cotton fioc, facendo attenzione che non rilasci peli, oppure con una pezzetta di cotone.
La sede dell’O-Ring deve essere ben pulita da sabbia, polvere e capelli.
Bisognerà evitare di inserire l’OR nella sede lasciandolo “abbondante” da una parte e “tirato” da un’altra perché questo ne può provocare la fuoriuscita magari proprio un attimo prima della chiusura (non è una considerazione frutto della fantasia, è capitato a me e ad altri, il risultato è una bellissima reflex da buttare). Non crediate che un O-Ring mal posizionato impedisca la chiusura della custodia o del flash: gli OR fotografici sono piuttosto teneri come mescola e si schiacciano anche fuori dalla sede, tutto può apparire perfettamente assemblato fino al momento in cui vediamo che l’acqua non sta dalla parte giusta… A proposito di questo, altri due consigli: appena messa la custodia in acqua, verificate IMMEDIATAMENTE che non vi siano infiltrazioni, prima ancora di dare l’ok al compagno di immersione ed iniziare la discesa; se vi sono problemi di tenuta normalmente questi si manifestano subito producendo una catenina di bollicine continue anche solo tenendo la custodia con le braccia tese a mezzo metro di profondità, in questo caso orientate la macchina con l’oblò in basso, in modo che l’acqua si raccolga dentro a quest’ultimo e risalite in barca immediatamente. Per quanto riguarda il flash invece, in caso di infiltrazione orientatelo con la parabola in alto. In questi casi può essere utile l’allarme anti-allagamento che quasi tutti i produttori di scafandri forniscono, ma questo non deve assolutamente significare che non si deve porre massima attenzione alla prevenzione, infatti nella maggior parte dei casi quando l’allarme suona è già troppo tardi per salvare la fotocamera. Un altro motivo di perdita di ermeticità può essere il calore: non lasciate mai l’attrezzatura al sole diretto: l’effetto serra dovuto al passaggio dei raggi solari all’interno attraverso le parti trasparenti porta al raggiungimento di temperature altissime, con possibilità di danni alle parti elettroniche e meccaniche. Inoltre le custodie ed i flash in plastica possono essere soggetti addirittura a deformazioni con perdita di chiusura ermetica in caso di riscaldamento eccessivo.
Fate la massima attenzione al corretto posizionamento degli O-Ring.
E’ importante anche la modalità di apertura della custodia, sarà bene che il coperchio sia rimosso tenendola appoggiata su un tavolo con l’obiettivo in avanti, infatti, sebbene sia più comodo farlo tenendo l’obiettivo in basso, la rimozione del coperchio farà cadere facilmente delle goccioline di acqua (probabilmente salata nonostante il risciacquo) all’interno ed ovviamente queste andranno a infiltrarsi nei comandi che, anche nelle macchine cosiddette “tropicalizzate” può causare effetti nefasti.
Quando si ripongono per un tempo lungo il flash e la custodia è bene non lasciarli chiusi, questo provoca una deformazione permanente degli O-Ring di tenuta, potremo, dopo mesi di inattività, trovare gli OR deformati, con la loro sezione non più rotonda ma “squadrata”, questo riduce la capacità delle preziose guarnizioni di fare il loro lavoro. Quindi è bene lasciarli aperti, questo per non avere la sgradevole sorpresa di trovare l’attrezzatura inutilizzabile magari proprio il giorno prima della partenza… Comunque procuratevi sempre degli OR di ricambio da portare in viaggio, questi si possono danneggiare anche durante il corretto utilizzo.
Custodie e flash è bene che siano riposti aperti, così come la presa sincro flash, cha va conservata priva del tappo (in foto) che provoca l’appiattimento dell’OR.
Il cavo sincro del flash deve essere disconnesso con molta attenzione e, per evitare problemi, non continuamente. Nel toglierlo si dovrà fare attenzione alle goccioline di acqua che possono cadere all’interno dei contatti, noteremo che queste saranno (assaggiare per credere) di acqua salata nonostante l’accurato risciacquo che avremo fatto, questo perché, sottoposta a pressione, l’acqua marina riesce a penetrare più in profondità dell’acqua dolce applicata a pressione ambiente. Per ridurre la possibilità di caduta delle gocce d’acqua salata all’interno dei contatti della presa sincro sarà bene effettuare il distacco posizionando questa in orizzontale, in modo che l’acqua non cada verso i contatti. Questi ultimi possono essere protetti o, in caso di bagnatura ed ossidazione, ripristinati con i prodotti specifici come il CRC 6-66 per ambiente salmastroso, tenendo presente però che questo prodotto non è “amico” degli O-Ring, per cui sarà utilizzato non come spray ma applicato con un oggetto sottilissimo solo sui contatti stessi, e poi asciugato evitando colature. Un’altra importante operazione da effettuare sui cavetti sincro se non si smontano di frequente: ingrassare anche la filettatura; spesso infatti, a causa del prodursi di correnti galvaniche, si verificheranno delle ossidazioni e delle vere e proprie corrosioni che rovineranno le prese e gli spinotti ed addirittura possono far bloccare e saldare insieme il tutto.
Il connettore sincro flash deve essere pulito e la filettatura ingrassata per evitare ossidazione e blocco.
Un altro capitolo del “fai da te” è l’oblò: se questo è in cristallo praticamente non ha bisogno di manutenzione, è difficile che si graffi ma è altrettanto difficile ripristinarlo in caso di danni, se è in metacrilato o altre sostanze plastiche invece dovremo stare attenti a non farlo graffiare contro gli scogli e, all’asciutto, contro oggetti presenti in barca. Molto utile per gli oblò sferici è il paraluce, che pur svolgendo in misura limitata la sua funzione di evitare riflessi non graditi sull’immagine, è invece molto efficace nel proteggere la delicata cupola di materiale plastico. Per quanto riguarda la normale cura, evitiamo innanzitutto di strofinarlo da asciutto, questo provoca la produzione di micrograffi (che si vedono nei controsole), infatti quando si asciuga dopo il risciacquo spesso residuano tracce di impurità e di calcare, lasciamole pure lì, verranno via durante l’immersione successiva. Veniamo ora al trattamento di eventuali danni accidentali: in caso di graffi minimi in linea di massima possiamo anche non effettuare nessun intervento, normalmente l’acqua, durante l’immersione, “riempie” tali piccole asperità rendendole invisibili, e comunque l’obiettivo non li metterà a fuoco, in caso invece di una rigatura più seria dovremo correre ai ripari. Prima di tutto una considerazione importantissima: quanto sto per descrivere è una procedura da attuare solo in caso in cui si renda veramente indispensabile; se non si è più che certi di saperla effettuare è bene non tentare, è meglio finire il nostro viaggio con un piccolo difetto sulle foto (magari correggibile in post-produzione) che trovarsi con un oblò inutilizzabile. Faremo esperienza su un vecchio oblò già danneggiato oppure su un pezzo di plexiglas per renderci conto delle nostra capacità di fare questa riparazione. Il trattamento del graffio deve essere così effettuato: carteggeremo delicatamente con una carta abrasiva sottilissima (da 500) bagnata: renderemo uniforme la superficie fino a far sparire il graffio, poi, con carte abrasive ancora più sottili, da 800, 1000, e, se la trovate, anche 1200, liscieremo la zona trattata, infine con una pasta abrasiva per materie plastiche (ottime quelle per eliminare i graffi dal display dei cellulari, reperibili nei negozi di telefonia oppure prodotti specifici per la lucidatura delle materie plastiche, si trovano anche nei negozi di accessori per moto, servono a lucidare i cupolini trasparenti) lucideremo la superficie facendola tornare brillante. Ripeto: in caso di partenza verso luoghi costosi ed irripetibili non avventuratevi a fare questa riparazione se essa non è più che indispensabile e se non avete più volte verificato la vostra capacità di effettuarla, si potrebbe passare da un piccolo difetto ad un oblò inutilizzabile. Inoltre, tenete presente che tale riparazione altera, seppure minimamente, la curvatura dell’oblò, questo normalmente non costituisce un problema data la similitudine dell’indice di rifrazione del metacrilato con quello dell’acqua, però pure trasformare un oblò sferico in uno bitorzoluto non è che sia il massimo in tema di qualità ottica.
Un graffio sull’oblò può essere rimosso con carte abrasive finissime e polish.
Ed ora veniamo ad un’ultima nota dolente: il trasporto. Inutile dilungarci sulle precauzioni da osservare nel trasporto delle attrezzature in macchina od in barca: ricordiamoci di non lasciare che cadano o vengano urtate da altre pesanti attrezzature subacquee, anche in caso di mare calmissimo le improvvise ondate provenienti da altre imbarcazioni possono avere effetti nefasti facendo rovinare tutto a terra, o peggio, in acqua. Per quanto riguarda il trasporto durante l’immersione credo che l’assetto migliore della custodia+flash sia, quando possibile, leggermente positivo, a patto di assicurarla con un moschettone di elevata qualità al nostro gav, in questo modo la custodia si posizionerà in alto come un palloncino senza urtare sul fondo nel caso (raro) in cui dovremo lasciarla per effettuare qualche altra operazione (ad esempio aiutare un altro sub a sistemare l’attrezzatura), il moschettone dovrà essere sicurissimo però, altrimenti in caso di distacco la “pallonata” della fotocamera ci creerà un problema serio. Durante il pinneggiamento potremo tenerla accostata al ventre facendo attenzione a non far urtare l’oblò al fondo. Ma i problemi veri sono legati al trasporto aereo, con le limitazioni del peso dei bagagli, compreso quello a mano, ci ritroviamo sempre di più nella impossibilità di trasportare attrezzature di riserva nel caso di guasto di quella principale. Per quanto riguarda il trasporto di custodie e flash è molto facile eccedere il peso massimo, quindi informiamoci accuratamente prima di intraprendere il viaggio su quanto potremo trasportare come bagaglio a mano e, se eccediamo tale peso, se saremo costretti a imbarcare l’attrezzatura in stiva o potremo semplicemente pagare un sovrapprezzo. In questo ultimo caso mettiamo mano al portafoglio e pazienza, ma nel caso del trasporto in stiva evitiamo questa soluzione come la peste; le cose delicate spesso arrivano danneggiate e sappiamo bene che nella nostra attrezzatura basta veramente poco a rendere il tutto inservibile, altrettanto spesso i bagagli al seguito non arrivano per niente o con giorni di ritardo, questo deve essere considerato anche per un eventuale trasporto di parti di attrezzature non delicate (braccetti, etc) che però ci metterebbero in difficoltà in caso di smarrimento. Nel trasporto aereo sia in stiva che in cabina dovremo tenere presente un’altra importante precauzione: le nostre custodie sono molto ben progettate per resistere alla pressione esterna, ma non a quella interna: nel caso di esposizione alla “pressione inversa” (ovvero con una pressione interna alla custodia maggiore di quella esterna, cosa che si verifica nel caso in cui venga lasciata chiusa durante il trasporto aereo, specialmente in stiva) potremo assistere al distacco di parti (oblò, mirini, finestrelle) che potrebbero trasformare il nostro viaggio fotografico in un rilassante periodo a prendere la tintarella. Quindi lasciamo tutto aperto, custodie e flash, oppure utilizziamo, quando sono presenti, le apposite aperture per il trasporto aereo.
Infine, in viaggio, non dimentichiamo di portarci tutti quegli attrezzi che possono servirci per il normale utilizzo e per eventuali emergenze: verifichiamo tutto quello che dovremo fare e quello che può capitare e portiamoci cacciavitini, brugole e tutto quello che può servire. Questo per evitarci di stare a “mendicare” poi sul posto od a cercare disperatamente in qualche cassetta di attrezzi arrugginita la chiavettina a tubo da 5 trovando inevitabilmente solo la 4 o la 6…
Selezioniamo attentamente gli attrezzi che possono esserci utili e gli O-Ring di ricambio.
In conclusione: con questa trattazione non voglio trasformarvi in maniaci ossessivi né tanto meno rendere questa piacevole attività una fonte di stress, semplicemente, se quanto esposto diventa una abitudine, o meglio un mentalità, si eviteranno cocenti delusioni e (questo sì che è stress!) eventi nefasti come la perdita dell’attrezzatura magari proprio in occasione di quel viaggio subacqueo e fotografico che abbiamo preparato con tanta cura. Spesso vedo sulle barche dei sub attrezzature trattate con poco riguardo, elettronica e acqua salata che tranquillamente convivono in macchine aperte da subacquei con ancora la muta gocciolante indosso, custodie e flash che cadono sui paglioli, tutto questo ci può rovinare il gusto della nostra passione e poi, i soldi per l’attrezzatura, si trovano forse per terra?
Nota: i consigli esposti in questo articolo hanno valore generico, le diverse attrezzature e i diversi luoghi e situazioni e le capacità di metterli in pratica possono inficiarne l’utilità, pertanto non mi assumo alcuna responsabilità sulla applicazione di essi. I ringraziamenti, invece, sono più che bene accetti.
Ringraziamo Fabio per questo articolo e vi invitiamo a visitare il sito:
Fabio Carnovale www.fotoevita.net
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