Gestire le specie invasive senza cercare di eliminarle del tutto risulta in un uso migliore del tempo e delle risorse di conservazione in molti casi, secondo uno studio condotto dallo staff dell’Università di Alberta.
Sono centinaia le specie introdotte accidentalmente e ogni anno causano miliardi di dollari di danni agli ecosistemi, all’agricoltura e alle infrastrutture solo in Nord America. La ricerca sostiene la necessità di lavorare in modo intelligente, non duro, per mitigare l’impatto delle specie invasive distruttive e diffuse, utilizzando una strategia chiamata eradicazione funzionale.
L’eradicazione funzionale si pone come obiettivo quello di limitare l’abbondanza delle specie invasive al di sotto del livello che può danneggiare l’ecosistema in siti prioritari, piuttosto che cercare di eliminare completamente le specie invasive, ormai diffuse su grandi aree, che può essere impossibile o comunque molto difficile. Le risorse che altrimenti potrebbero essere sprecate per tentare un’eradicazione completa possono essere utilizzate in altre aree, proteggendo più luoghi.
Un esempio di eradicazione funzionale attualmente in corso è quello del pesce leone (lionfish). Il pesce leone, Pterois volitans e Pterois miles, specie Indopacifiche, si è ormai diffuso nel Mar dei Caraibi e nell’Oceano Atlantico, incluso il Mediterraneo, dove preda molte specie native e potrebbe per questo avere un forte impatto. Al momento il pesce è catturato e consumato come cibo, e usato nell’arte locale. Gli incentivi finanziari per la cattura dei pesci leone sono utilizzati per ridurre la loro popolazione al di sotto dei livelli che possono danneggiare le specie native della zona.
Strategie simili possono essere applicate ad altri invasori, quelli che noi abbiamo definito clandestini.
Per chi volesse approfondire: Stephanie J Green, Edwin D Grosholz. Functional eradication as a framework for invasive species control. Frontiers in Ecology and the Environment, 2020; 19 (2): 98 DOI: 10.1002/fee.2277