Autore: Carlo Amoretti
Ormai tutti i subacquei praticano una sosta di sicurezza di tre minuti a cinque metri di profondità . Questa sosta "decompressiva" (e tra poco spiegherò la ragione delle virgolette) si è dimostrata molto efficace nell’aumentare la sicurezza dell’immersione, infatti, i suoi effetti benefici sono dovuti, oltre alla sosta in una fascia di profondità particolarmente adatta alla desaturazione dall’azoto, anche al fatto che il doversi fermare costringe i subacquei ad una risalita più controllata soprattutto nei metri più vicini alla superficie. Come è noto dalla legge di Boyle e Mariotte è proprio a queste quote che la diminuzione della pressione della colonna d’acqua è più imponente anche per piccole variazioni di livello, ed è perciò della massima importanza risalire ancora più lentamente degli ormai canonici 10 metri al minuto. Alcuni computer, come gli Uwatec, riducono la velocità di risalita a soli 7 m/min in questa zona critica. Le prove dell’efficacia della sosta di sicurezza non derivano soltanto da dati anedottici, ma sono confortate dai risultati ottenuti attraverso rilevamenti doppler delle microbolle gassose circolanti nel sistema venoso al termine dell’immersione.
Come ho detto quasi tutti i subacquei effettuano una sosta a 5 m per tre minuti (ScubaTeknica consiglia di estenderla a 5 minuti visto che a queste quote l’assorbimento di ulteriore azoto è irrilevante mentre la desaturazione è considerevole), pochi invece sono a conoscenza della pratica dell’Extra Deep Stop. Questa manovra, che significa letteralmente Sosta a Profondità Extra, consiste nel fermasi per circa 2 minuti ad una quota di 3 metri inferiore alla prima tappa di decompressione prevista, nel caso delle immersioni ricreative si tratterà di 8 metri di profondità .
I dati pubblicati vari anni fa da Pilmanis dimostrano come l’effettuare una sosta di questo genere abbatta enormemente il numero di bolle circolanti post-immersione.
Il grafico, infatti, mostra i rilevamenti doppler effettuati a vari intervalli dopo il termine di tre immersioni. Tutte e tre a 30 metri per 25 minuti con tre differenti tecniche di emersione. Il profilo "blu" è terminato con una risalita senza soste (no stop) fino alla superficie, quello "rosa" con una sosta di 2 minuti a 3 metri, mentre l’ultimo vedeva l’effettuazione di una sosta si 1 minuto a 6 metri più altri 4 a 3 metri. L’asse orizzontale riporta il tempo trascorso dal termine dell’immersione, ovvero l’Intervallo di Superficie, mentre l’asse y mostra il numero di bolle rilevate ad ogni misurazione (rappresentata dai triangoli, quadrati e rombi che intersecano le varie rette). E’ evidente la notevole diminuzione del numero di bolle con l’effettuazione di una semplice sosta (retta rosa), ancora più evidente è l’effetto di una sosta in due tempi e di maggior durata (retta rossa).
La presenza nella circolazione venosa di un minor numero di microbolle silenti può tradursi soltanto in una maggiore sicurezza e in una ulteriore riduzione del rischio di incorrere in un episodio di Patologia da Decompressione.
La validità di questa pratica è stata recentemente riscoperta anche da altri "addetti ai lavori", e la pratica di soste di decompressione più profonde rispetto a quelle classiche è stata acquisita anche nel settore della subacquea tecnica e lavorativa che fa uso di miscele respiratorie quali eliox e trimix. Il ricercatore Hawaiano Richard Pyle incorpora nei suoi profili soste di decompressione "extra deep" da vari anni e con risultati confortanti. Anche il modello a permeabilità variabile (Varying-Permeability Model o VPM) prevede soste decompressive molto più profonde rispetto ai modelli tradizionali basati sui compartimenti.
Mi si può obiettare che parlo di decompressione e che la subacquea ricreativa viene distinta proprio dall’assenza di manovre di decompressione programmata. E’ proprio qui che sta il "trucco", infatti non si può avere immersione priva di decompressione. Ogni volta che ci si immerge si viene sottoposti alla pressione esercitata sul nostro organismo dalla colonna d’acqua che ci sovrasta. Questo causa il passaggio in soluzione (legge di Henry) del gas inerte presente nella nostra miscela respiratoria (in due parole: l’azoto), quando risaliamo la colonna d’acqua si fa man mano meno alta e la pressione diminuisce di conseguenza. Sempre per la legge di Henry il gas che si era sciolto nei nostri tessuti inizia a fuoriuscire per essere allontanato tramite i polmoni, ai quali viene portato dal sangue (microbolle circolanti). Fintanto che questo "uscire dalla pressione" avviene gradualmente (velocità di risalita corretta) il gas raggiunge i polmoni e se ne va così com’era entrato. Se la risalita è troppo veloce si ha "l’effetto Coca-Cola" ovvero una formazione di bolle più abbondante che il polmone non riesce a smaltire con le note conseguenze. Quindi non esistono immersioni "senza decompressione", le immersioni "no deco" sono quelle nelle quali si stabilisce di non eccedere i limiti impostici dal nostro computer (o dalle vetuste tabelle) e di poter quindi risalire direttamente alla superficie senza soste "obbligatorie".
Rimane appunto la sosta di sicurezza (5min/5m) che è consigliabile fare sempre, a meno che una emergenza non ce lo impedisca.
Per i meno esperti vorrei anche sfatare il mito delle soste "noiose", non è necessariamente detto che fare la sosta di sicurezza significhi stare 5 minuti "appesi a una cima", in realtà questo avviene soltanto nelle immersioni dalla barca con questa lontana dalla parete, oppure ancorata su di un relitto. Negli altri casi possiamo benissimo fare un’immersione multilivello che ci permette di esplorare la parete o il reef a vari livelli e terminarla continuando l’esplorazione alla quota di 5 metri, i 3/5 minuti passeranno in un lampo ed anzi, se abbiamo ancora aria, è molto probabile che rimarremo ancora più a lungo in acqua bassa ad osservare l’ambiente e la vita marina che, specie in acque tropicali, è abbondante proprio a profondità limitate. La desaturazione sarà in questo caso graduale con indubbi effetti benefici, inoltre osserveremo una parte più estesa del fondale marino.
Ringraziamo Andrea Neri per l’articolo fornito.
Se volete approfondire il discorso, visitate:
E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle foto presenti in questo articolo, senza il consenso dell’autore.