Autore: Francesca Zambonin – www.iltuolegale.it
A seguito della conferenza intitolata “La legge e la subacquea”, tenutasi domenica 16 marzo 2014 a Bologna, nel corso della manifestazione EudiShow 2014 e dell’intenso dibattito che l’argomento ha suscitato tra gli stessi relatori ed i molti partecipanti, abbiamo voluto approfondire tali argomenti con l’Ing. Giovanni (Nanni) Cozzi, nella sua qualità di Consigliere Adisub (Dan, Idea, Padi, Ssi), Consigliere Consulta Didattiche Sub (Adisub, Assosub, Cias, Fipsas), nonché SSI Instructor Certifier e appassionato subacqueo da quasi 50 anni (49, per la precisione). Nanni ha accolto la nostra richiesta con immediata disponibilità, e anche per questo – e per la competenza e chiarezza delle risposte – lo ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato.
Sei favorevole alla regolamentazione normativa dell’attività subacquea?
Certamente, ci mancherebbe altro. L’esigenza di una legge quadro è manifesta,
sia nello specifico, sia in generale, per regolamentare una attività
professionale, come avviene in quasi tutti gli altri settori. Una legge in
proposito coprirebbe tre ambiti fondamentali: il primo è l’area normativa vera e
propria, costituendo un preciso fondamento per coloro che devono normare
localmente o centralmente. Il secondo riguarda l’area operativa/industriale,
creando seri presupposti per la creazione di posti di lavoro ben individuati. Il
terzo, collegabile al problema sicurezza, riguarda la definizione di precisi
requisiti di professionalità, come garanzia per fornitori di servizi e fruitori.
Peraltro imponendo anche una semplificazione, perché l’attuale vuoto legislativo
porta ad una confusione terrificante, in cui gli stessi punti sono coperti da
Amministrazioni locali, Ordinanze e regolamenti, tra loro spesso contradditori.
E’ proprio una confusione totale, che a volte impedisce l’applicazione di alcune
leggi, o la rende problematica ed interpretativa.
Cosa ne pensi del Disegno di Legge n. 320 in corso di esame in Parlamento, con
particolare riguardo alla sezione III dedicata alla subacquea ricreativa?
Ne penso tutto il bene possibile. Allo stato attuale, il DDL sottoposto
all’esame delle commissioni è certamente suscettibile di miglioramenti, o di
introduzione di nuovi punti, ma nella sua totalità è esattamente quello di cui
la professione ha bisogno. La creazione di regole per l’esercizio dell’attività,
a mio parere, è importante per diverse ragioni, tra cui la protezione del
consumatore, l’allineamento alle normative europee, il riconoscimento delle
professionalità in gioco, i requisiti minimi per poter operare.
A tuo avviso, risponde alla necessità di prevenzione dei rischi e di tutela per
il subacqueo che si è prefissato come obiettivo da raggiungere?
Ti ringrazio per questa domanda, su cui mi dilungherò un poco, perché mi
permette di chiarire un equivoco di fondo, il quale ha creato opposizione
inutile da parte di chi, soprattutto, non ha capito cosa è questa legge quadro
ed a chi si rivolge. Se si va oltre il titolo, e si guarda la classificazione,
il DDL intende regolare la professione di istruttore, guida, Fornitore di
servizi, sia nelle vesti commerciali che amatoriali. In sintesi, la legge non
regolamenta l’attività subacquea, se non in maniera sfumata nel capo I, bensì
l’attività professionale. La subacquea, in quanto tale, è libera, come
chiaramente detto nell’art 1, ed è ovviamente regolamentata localmente dalle
ordinanze delle Capitanerie di Porto per la sicurezza, nonché dai regolamenti
delle AMP per la protezione ambientale.
Fatta questa premessa, senza la quale la mia risposta sarebbe poco
comprensibile, rispondo affermativamente alla tua domanda. La legge sarebbe uno
dei punti, non l’unico, a garantire la sicurezza. La tutela del subacqueo è
evidente, vedendo i requisiti di professionalità richiesti ai fornitori di
servizi. Questo concetto “trasuda” da ogni articolo del disegno. La prevenzione
dei rischi ha la stessa matrice, individuando secondo quali regole bisogna
lavorare. Il “Risk assestment”, di anglosassone origine, è un concetto che parte
da lontano, e che affonda le sue radici nel presupposto fondamentale della
professionalità del fornitore di servizi. L’obbligo delle agenzie didattiche di
essere certificate ISO 24801 e 24802 ti pare poco?
Dal punto di vista di questo DDL 320, cosa altro o di meglio si potrebbe
prevedere ai fini di rendere la subacquea più sicura?
Così come abbiamo introdotto l’obbligo della certificazione ISO per le Agenzie o
Federazioni didattiche, dovremo in qualche modo rendere obbligatorio per i
fornitori di servizi l’osservanza della ISO 24803. Difficilmente potremo
chiedere alle piccole imprese o alle ASD di certificarsi in tal senso, perché le
procedure in merito sono care e queste piccole realtà economiche forse
potrebbero non farcela ad affrontare spese di questa entità, almeno in questo
momento. Ma potremmo introdurre l’obbligo di adeguarsi, per esempio con un
proprio Manuale della Qualità magari registrato con qualche ente (è una cosa
tutta da studiare, e sarà oggetto di un eventuale decreto attuativo). A meno che
i fornitori di servizi non capiscano che a loro converrebbe, dunque potrebbero
riunirsi in associazioni e chiedere alle Agenzie Certificanti un prezzo
particolare cumulativo. Chiunque si rende conto che pagare 300/400 € sarebbe
un’opportunità irrinunciabile, ma se un processo di certificazione di un diving
con la ISO 24803 costasse 3.000/4.000 €, chi realmente potrebbe farlo? E’ una
cosa veramente da studiare.
Parlando di tutela dei soggetti indicati nel capo III (diving center,
istruttori, guide e organizzazioni didattiche), ritieni che il disegno di legge
n. 320 tuteli anche i loro interessi?
Certamente. Valutiamo attentamente che, oltre ad elementari doveri di rispetto
della vita umana, i fornitori di servizi, siano essi Istruttori, Guide, Diving o
ASD, hanno tutto l’interesse a non far avvenire incidenti. Un grosso contributo
a tutto ciò lo darebbe il rispetto di procedure certe, come il DDL impone. Non
si risolvono i casi singoli, ma si pone una buona base di lavoro. E non
dimentichiamo poi che il riconoscimento di una professione porta comunque
all’applicazione di leggi ampiamente esistenti, come per esempio il T.U. 81/2008
sulla sicurezza del lavoro, con gli altri corredi sull’antinfortunistica ecc
ecc.
Tutelerebbe anche i loro interessi sul piano economico, perché il consumatore si
sentirebbe più protetto dalla garanzia di qualità del servizio, e coloro che non
rientrano nei parametri automaticamente sparirebbero, in caso di non adeguamento
alle regole, lasciando spazio a chi lavora seriamente.
E riguardo agli altri operatori professionali esclusi dal novero degli operatori
elencati nel capo III?
Se ti riferisci alla contestazione elevata da alcuni ricercatori universitari,
avvenuta durante la tavola Rotonda all’EUDI, ho un mio pare preciso. Intanto,
nel capo I art 2 comma 2 si recita quanto segue:
“Al fine di tenere conto delle particolari esigenze connesse al servizio
espletato o alle peculiarità organizzative esistenti, sono assicurate specifiche
modalità di applicazione della normativa di cui alla presente legge da parte
delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di
istruzione ed educazione di ogni ordine e grado…………..da definire con decreto del
ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con i
ministri delle infrastrutture e dei trasporti e del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, emanato, entro e non oltre un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge…”
Dunque che si attivino loro con i relativi ministeri e propongano quanto
desiderano, a tutela di una attività scientifica, sempre con il rispetto
fondamentale della vita. Più di così……….Ciò potrà essere oggetto di un articolo
nel decreto attuativo, oppure si proporrà in corso d’opera un emendamento che
aggiunga una voce al capo III.
Concludendo, esiste qualche punto particolare che vuoi sottolineare,
all’interno del DDL 320?
Ce ne sarebbero molti, ma lo spazio è tiranno.
Allora voglio sottolineare un punto non riferito al testo, bensì alla
situazione. Il tavolo di discussione, proposto nel 2009 per il PDL 344 e
rinnovato quest’anno per il DDL 320, ha visto una sostanziale unità delle
didattiche che operano in Italia, costituitesi in un protocollo d’intesa
(Consulta delle Didattiche Subacquee), che riunifica 27 delle 33
Agenzie/Federazioni operanti in Italia. Questo è un fatto “storico”, perché
finalmente le didattiche hanno capito che una concertazione unitaria è il
presupposto irrinunciabile per confrontarsi con le istituzioni. Le 3
associazioni di settore (Adisub, Assosub, Cias) e Fipsas hanno da allora
intessuto interessanti e fattivi rapporti con le principali istituzioni che si
occupano di subacquea, segnatamente con le Capitanerie di Porto, ma anche con
Regioni e Province, facendo ogni sforzo per rendere fruibile e sicura la pratica
della nostra attività. La strada è lunga, ma i primi passi sono molto
incoraggianti. Storicamente la subacquea è fatta di individualisti, ma il
momento suggerisce l’unione d’intenti (e di interessi). Chi non lo capisce…si
prenderà le sue responsabilità.
È assolutamente vietata la riproduzione, anche
parziale, del testo e delle immagini presenti in questo articolo senza il consenso dell’autore.