Autore: Claudio Di Manao
Le statistiche della Camera Iperbarica di Sharm el Sheikh
Non è un fatto ordinario, in Egitto, che i dati sugli incidenti vengano resi noti. Non lo è per una semplice, quanto comprensibile motivazione: timore per l’immagine. Immaginate un Paese che vive quasi esclusivamente di turismo, con leggi speciali per la tutela del turismo e dell’industria turistica. Immaginate un Paese che si sta affrancando dalla mentalità mediorientale, ma con ancora i suoi retaggi culturali.
In questo contesto un miracolo c’è stato. Quel che era solo chiacchiere, spesso avvelenate, sul molo della marina, ora ha delle cifre di riferimento. Cifre che non sono da poco, dato che Sharm el Sheikh è una destinazione subacquea mondiale, e dato che il Dr. Adel Taher, titolare della camera iperbarica (Hypermed), presidente della Dan Egypt, è un riferimento nel mondo accademico.
Adel non si è limitato ai dati: come membro di questa comunità subacquea che vive della passione, dell’amore per il lavoro che svolge, è andato oltre cifre e dati, ha detto la sua. L’ammetto, ho dovuto trattenere le lacrime, alla fine del suo intervento. Ho sentito una voce autorevole diventare la voce di tutti noi, vecchie guide sharmesi, ma con le cifre all mano. E senza peli sulla lingua.
Ma chi è Adel, e cosa è la camera Iperbarica di Sharm el Sheik? La Hypermed opera dal 1993, e vanta con orgoglio di non aver mai chiuso per ferie o per lutto, di non aver mai rifiutato un caso, di aver preparato centinaia di istruttori subacquei al livello di tenders, assistenti volontari, di offrire un servizio medico gratuito allo staff ed ai beduini, la popolazione locale: un vero e proprio organo vitale di Sahrm.
I dati sono stati raccolti nel periodo che va dal 1995 al 2003. e comprende 457 casi trattati in camera iperbarica. Parecchi casi di DCI, com’è noto, si risolvono semplicemente con la pronta somministrazione di ossigeno. Nella statistica sono stati presi in considerazione solo i casi che hanno avuto bisogno di un trattamento iperbarico.
I trattamenti, negli anni, crescono col numero dei centri subacquei, e quindi dei subacquei.Nel 1993 c’erano 15 diving centres, i casi trattati, 11. Nel 2003 Sharm ospita 103 centri subacquei e Dahab 69, i casi trattati trattati diventano 106.
Ma l’aumento del numero dei casi trattati non è proporzionale al numero dei subacquei. Lo eccede. Il vero boom subacqueo a Sharm si è avuto negli anni 98-99, con rispettivamente 30 e 63 trattamenti, mentre nel 2003, con un grande incremento dei diving centres, ma non del numero dei subacquei, i casi trattati schizzano a 103.
Curioso notare anche che i lughi d’immersione dove maggiormente si verificano gli incidenti, sono quelli che comportano più difficoltà per correnti, profondità, che richiedono maggiori capacità del subacqueo e della guida. 91 casi totali in Ras Mohammed, 66 nella zona di Tiran, 50 al Thistlegorm.
Curioso notare anche come gli incidenti siano distribuiti tra le varie nazionalità, pur non rispecchiando le percentuali di presenze subacquee. In testa ci sono gli Inglesi, con 124 casi totali, poi gli Italiani, 89, seguiti dai Tedeschi, con 55 casi.
Le cause
Le cause di una DCI (con il termine Decompression Illness tagliamo la testa al toro) sono sempre le stesse, almeno per gli operatori del settore non costituiscono una novità, e agiscono spesso in concomitanza fra loro. Quindi la statistica si basa su i ‘contributing factors’, ovvero i fattori che accertati in un caso di DCI. In testa troviamo il responsabile numero uno: la quasi onnipresente disidratazione, riscontrata su 186 casi. Segue la negazione o non riconoscimento immediato dei sintomi, che ha influito allo sviluppo in trattamento di 121 casi, e l’abuso di alcolici, riscontrato su 84 trattamenti.
Altre possibili concause riscontrate, in ordine sono:
affaticamento, condizioni fisiche preesistenti, cause varie o sconoscite, risalite rapide, immersioni ripetitive, ignoranza, stress psicologico, immersioni profonde in aria, diarrea, profilo inverso, età superiore ai 45 anni, uso di farmaci, iperventilazione o affanno, profilo yo-yo, esposizione all’altitudine, immersioni al limite o fuori curva, fumare eccessivamente, attrezzature non funzionanti, narcosi, respiro trattenuto in risalita, addestramento inadeguato, obesità, condizioni fisiche inadeguate, mute strette.
Il sospetto di forame ovale pervio è lecito su circa il 10% dei casi.
Interessanti novità.
E’ interessante notare quanto incida l’età. Pare che i 45 anni siano la soglia oltre la quale bisogna andar cauti. E’ anche interessante notare come la DCI a carico dell’orecchio interno sia stata riscontrata maggiormente nel gruppo già citato, e che è stata riscontrata, almeno a Sharm El Sheikh, solo in esemplari sub di sesso maschile!
Diving Staff
Adel ha usato, una volta, una battuta significativa: ‘ Sono un medico iperbarico cui tocca anche il lavoro di psichiatra’. Si riferiva a noi, istruttori e divemasters di Sharm. La parte più controversa e ‘censurabile’ è proprio questa: riguarda il numero di incidenti allo staff. Perchè controversa? Perchè non è mai una buona pubblicità per una diving destination sapere che quasi un quarto del suo staff finisce regolarmente in camera iperbarica. Non è un buon esempio. Parliamo di circa un terzo dei trattamenti totali.
Le ragioni sono state identificate in due cause principali: i diving centers che spesso ‘spremono’ gli elementi più volenterosi con centinaia di immersioni al mese senza un giorno di riposo, anche per sei mesi!
L’altra è quella che lo psichiatra definisce come la ‘Divemaster Syndrome’. Un cambio della personalità del divemaster: per aumentare i suoi guadagni e la sua popolarità all’interno del diving centre si getta nel superlavoro, anche 10 immersioni al giorno, in più immergendosi nei giorni liberi a profondità non consentite, oltre, cioè quelle cui è ‘costretto’ coi clienti subacquei.
L’impennata è vistosissima negli ultimi anni della statistica, come con tutto il resto. Sono curve che salgono esponenzialmente.
Quanti subacquei
Difficilissimo dirlo. Gli unici documenti esistenti sono quelli depositati alla Polizia Marina ed alla Guardia Costiera, coi nomi e le nazionalità di chi si imbarca, ma che non comprendono mai chi s’immerge dalla riva. Alla mia richiesta presso l’SSDM ho capito che gli stavo chiedendo di trovare l’ago nel pagliaio.
Ma un modo c’è. Se Adel misura coi diving centres, io vado a barche. La barca è il bene/mezzo che nessuno terrebbe mai inattivo. A Sharm el Sheikh operano circa 400 barche. Non tutte si occuperanno di diving, diciamo che da tempo la maggior parte si occupa di snorkelling, due terzi snorkeling, ad esagerare. Parliamo allora di 130 barche diving, negli anni più bui, per una media di 15 subacquei a bordo ed abbiamo il numero: 2000 sub circa, di media, al giorno. Il che corrisponde ad un numero almeno doppio di immersioni.
Oppure guardiamo la capienza di Sharm, come destinazione vacanze: a pieno ritmo di oltre 75.000 posti letto. Facciamo una media risicata di 50.000, con una incidenza di subacquei dal 2% al 7% ed i conti tornano di nuovo. Prima, con meno di un quarto dei posti letto, i subacquei eccedevano il 20% delle presenze.
Procediamo così per le nazionalità. Per capire quanti inglesi e quanti italiani e quanti tedeschi vanno sott’acqua a Sharm, non è difficile, basta guardarsi intorno. Basta notare che i 4 diving centre più grandi di Sharm, ognuno di loro con una flotta di almeno 10 barche sono di clientela quasi esclusivamente inglese, mentre solo un diving di quelle dimensioni è quasi esclusivamente italiano, e solo uno tedesco. Il resto è una frazionamento che però rispecchia sempre le stesse proporzioni.
In linea di massima: al primissimo posto per le presenze subacquee ci sono gli inglesi, poi i tedeschi, poi gli italiani, poi gli altri.
Non è neanche fuori luogo affermare che l’assunzione di alcolici, seconda concausa delle DCI a Sharm, riguardi di più gli inglesi ed i tedeschi che non gli italiani in generale. Quella è gente cui è difficile tener testa in certe cose.
Conclusione
La domanda è: Ras Mohammed incide sulla disidratazione o sull’età del subacqueo più di quanto incidano i Gardens? Gli anni 2000 e passa, quando s’è verificata in realtà una flessione nelle presenze subacuee, sono stati anni di sfiga? Oppure è cambiato qualcosa a Sharm El Sheikh, o nella testa dei subacquei?
Qualcosa è successo, nel frattempo, certo. Qualcosa che ha indotto il consorzio BLUE a mettere in campo uomini e mezzi per far fronte ad una esigenza reale: lo studio della subacqueain toto per poter aumentare la sua sicurezza. L’impatto sociale è alto. Ormai milioni di individui nell’EU si dedicano a questa attività, ma il trattamento ed i postumi di una errata conduzione di questa attività hanno già un peso economico sulla comunità non più indifferente. E Sharm el Sheikh, per la sua vicinanza all’Europa e per il suo gigantesco serbatoio di ‘cavie’ e di dati è diventata il laboratorio ideale per questo studio.
Ma cosa è successo a Sharm negli ultimi 6 anni?
La promozione di Sharm el Sheikh come ‘destinazione notturna’ non ha certo giovato alla subacquea in generale, attirando subacquei poco esperti, o con scarso interesse, e offrendo troppe opportunità anche ai vecchi sub affezionati di tirar tardi e di bere alcolici fino al mattino nelle centinaia di locali aperti tutta la notte. Prima si veniva quaggiù ad immergersi, adesso si viene a far baldoria, e a detta di Adel queste due cose… non vanno d’accordo.
C’è stata una vistosa diminuzione della qualità dei subacquei brevettati in tutto il mondo, e della qualità dei divemasters, grazie all’abbassamento del numero minimo di immersioni come prerequisito professionale, numero che non potrà mai giustificare la responsabilità delle quali si viene fatti carico in queste acque. C’è stato il rilascio dei brevetti facili, a Sharm come in Europa o altrove.
C’è stato l’aumento della concorrenza e dei costi, in faccia al numero dei subacquei in diminuzione, che ha indotto i diving centres, per contenere le spese, ad accettare qualunque subacqueo su qualunque destinazione, a non imporre i check dive, ad assumere personale poco esperto, o addirittura alla pari. Le conseguenze si leggono nei numeri delle statistiche.
No, non sono così tanti gli incidenti iperbarici a Sharm, se consideriamo il volume di subacquei. Dovremmo anche considerare il clima, così secco che ti asciuga tutti i liquidi in un colpo di vento. Sharm muove un numero enorme di subacquei al giorno. Se calcolare il numero di Sharm è difficile, di Dahab, che tuttavia fa parte delle statistiche, è quasi impossibile. Dicevo, non sono tanti. Ancora no. Non lo sono. Ma conoscere questi numeri è come conoscere la subacquea europea, è una sorta di specchio di quello che siamo, di cosa facciamo in vacanza.
Qualcuno si sarà domandato perchè nelle statistiche non è citata la profondità. Adel mi ha risposto molto semplicemente: “dato che qui ci sono delle regole, nessun divemaster si sognerebbe di fornirmi il suo ‘personale’ computer. La maggior parte dei computer che m’hanno portato erano al polso di qualcun’altro. Le statistiche vanno fatte seriamente.”
A questo punto, per concludere, mi auspicherei che gli italiani stiano più attenti, sopratutto in un clima ed in un ambiente diverso. Il Mar Rosso offre uno scenario, sopra e sotto la superficie, irripetibile, mozzafiato, indimenticabile, e non c’è mai nessun motivo valido per cui debba trasformarsi nello sfondo di un incidente. Basta solo idratarsi e seguire le solite regole.
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