Abitare a città del Messico per uno che ama il mare non è facile.
Si vive a 2.500 metri di altitudine separati da oltre 1000 km a Est e ad Ovest da tre mari tra i piu’ interessanti e ricchi di vita marina al mondo: il Caribe, il mar di Cortes e il Pacifico.
Infreddolito da un inverno non particolarmente rigido, ma in una cittaà dove non esistono riscaldamenti domestici, mi trovai a leggere un articolo di National Geographic sull’unica, vera barriera corallina del Pacifico Boreale, situata esattamente sul Tropico del Cancro, nella penisola della Baja California, circa 2500 km a Nord dell’equatore.
Verso Est la riserva si bagna per i suoi 8 km di spiaggia sul mar di Cortes, altro nome del Golfo di California, un mare con salinità leggermente inferiore al Mediterraneo che ad agosto raggiunge i 31 gradi di temperatura! Un profondo golfo di 1000 km poco piu’ largo dell’Adriatico, ma profondo 3000 metri contro i 1200 del nostro secondo mare. Si tratta del letto sottomarino della faglia di Sant’Andrea. L’entroterra di Cabo Pulmo è desertico e cespuglioso, fino a scomparire ai piedi di bellissime cime montagnose protette dall’UNESCO, dove vivono i Puma. L’ambiente è pressoché disabitato, con scarsissimo impatto umano, elemento che secondo molti biologi fa ritenere che le acque della scogliera siano rimaste invariate nel loro aspetto e caratteristiche durante gli ultimi 4.000 anni.
Lo studio pubblicato nell’articolo sosteneva che questa barriera corallina, esplorata per la prima volta dal Comandante Cousteau solo nel 1974, era da considerarsi come la migliore al mondo per tre motivi: stato di conservazione, taglia media dei pesci e numero di specie residenti. Sono infatti ben 900 le specie qui catalogate che comprendono rettili, echinodermi, spugne, pesci, molluschi, crostacei e cetacei contro le circa 750 totali dell’intero Mare Nostrum. Tra le pagine dell’articolo mi sorprese la foto di un minuscolo diver in presenza di un branco di centinaia di grossi carangidi, foto ormai divenuta celebre, replicata da tutti i divers che visitano il parco data la presenza quasi costante di questi grandi branchi.
Di questa enorme biodiversità fanno parte anche 6 specie di squali, tra cui Tigre e grossi Toro di oltre 3 metri (parlo dello Squalo leuca, il Carcharhinus leucas, o zambesi, o Bull shark come appunto chiamato negli USA, da non confondere con il Carcharias taurus che non vive invece nel Pacifico Orientale).
Su questo tratto di spiaggia di 4 km nidificano 5 specie di tartarughe marine delle 7 totali esistenti: dalla Caretta caretta che troviamo anche in Mediterraneo, alla Dermochelys coriacea, coperta da uno scudo di pelle dura come cuoio, la più imponente delle tartarughe marine con i suoi 400 kg di peso e gli oltre due metri di lunghezza. Un vero dinosauro vivente che durante le notti d’estate è possibile incontrare sulla spiaggia impegnata nella faticosa fase della deposizione.
Tra i mammiferi marini troviamo leoni marini, varie specie di delfini, orche, megattere, capodogli, balenottere minori e altre specie di passaggio migratorio. Famosi diavoli di mare saltanti (mobule) e le mante giganti dai 6 metri di apertura alare, una specie intelligentissima, con la quale è possibile una straordinaria interazione imitandone i movimenti.
Incontenibile la voglia di vedere con i miei occhi tanta meraviglia. C’erano solo pochi passeggeri all’imbarco sul volo per La Paz quel giorno e io ero ansioso di arrivare dopo due ore di volo dalla immensa capitale messicana. Giunto in aeroporto noleggiai una Jeep e i 170 km che mi separavano da Cabo Pulmo furono gia’ una piacevole scoperta: chilometri di deserto disabitato ricoperti da cactus colossali, una cittadina mineraria fantasma, canyon rocciosi di granito rosa, uno sterrato finale che scorre dove il deserto della Baja incontra le spiagge di sabbia bianca e le acque turchesi del mar di Cortes. Un vero giubilo per gli occhi e la mente.
Nell’unico diving center esistente prenotai le due immersioni per il giorno seguente e mi ritirai per la notte in una cabaña che sembrava più quella di un naufrago come Crusoe, che quella di un viaggiatore in cerca di nuove emozioni. Una tana perfetta per il luogo e l’atmosfera incontaminata.
All’alba guardando il mare notai la pinna pettorale di una Megattera che sbatteva placidamente sulla superficie dell’acqua. Un bell’inizio… La lancia dovette navigare per appena mezzo miglio per raggiungere il primo punto di immersione. L’acqua tiepida non mi diede neppure un brivido, ma il brivido me lo diede il primo sguardo verso il fondale. Sotto di me, centinaia di pesci di diverse specie e taglie attendevano in corrente noi quattro. La nostra discesa verso sul fondale non disturbo’ la loro quiete. Vicino al fondo sostavano equidistanti tra di loro una decina di cernie lunghe più di un metro. Se avessi potuto avrei involontariamente aperto la bocca dallo stupore. Ci spostammo tra corallo giallo, piccoli canyon sottomarini, anfratti abitati da aragoste e murene, archi di pietra, fino al punto dove finivano le rocce e il fondo degradava fino ai 30 metri. Dal fondo sabbioso affioravano per metà le anguille da giardino tutte curiosamente orientate verso la stessa direzione, qui attendemmo i Toro, ma quel giorno non si presentarono. La seconda immersione fu decisa d’improvviso, quando la barca sorvolò un branco di centinaia di mobule, alcune delle quali compivano sorprendenti balzi fuori dall’acqua. Con il motore al minimo entrammo in mare e subito si apri’ sotto di noi un vuoto a forma di cilindro, con pareti costituite da un numero indefinibile di esemplari che ruotavano velocemente intorno a noi in un turbine quasi ipnotico.
Sulla via del ritorno, nel silenzio della nostra sorpresa, a un certo punto il capitano della lancia ridusse bruscamente i giri del motore e ci disse di metterci nuovamente in acqua, ma questa volta senza bombole. Con maschera e pinne entrammo incuriositi in attesa di un’altra sorpresa. Ma quello che vedemmo di fronte alle nostre maschere fu davvero sorprendente: appena sotto la superficie orbitava un branco di carangidi cavallo di circa 80 cm di lunghezza ciascuno. Mai visti cosi’ tanti pesci tutti assieme: un tornado di pesci metallici che andava dai 25 metri del fondo fino alla superficie. Erano senza dubbio diverse migliaia. Nuotammo sopra il branco, con loro incuranti della nostra presenza, ammirando affascinati le forme tridimensionali che creavano nel mare simili a quelle degli storni in migrazione visibili nei cieli d’autunno.
Restammo in acqua finché sentimmo freddo. Il ritorno a terra fu un racconto reciproco delle grandi emozioni vissute in un misto tra meraviglia e gioia per aver visto tutti assieme un mare ancora cosi’ straordinariamente vivo che ci aveva regalato scenari da documentario. Era marzo, a giugno mi trasferii stabilmente in Baja California, dove oggi vivo da 12 anni occupandomi soprattutto di turismo naturalistico sostenibile, crociere a vela nel mar di Cortes e crociere liveaboard di diving verso Socorro e Isla Guadalupe di cui vi scriverò in un altro momento. Da quel giorno indimenticabile che emerge dai ricordi di tante immersioni nei mari di tutto il mondo, non ho mai smesso di cercare il tempo per nuove emozioni nelle acque che Jacques Cousteau proclamò a ragione come “L’Acquario del Mondo”. Che sia per piacere personale o per accompagnare piccoli gruppi di divers, la sensazione che vivo è sempre effettivamente quella di immergersi in un grande acquario cristallino in perfetto equilibrio, un viaggio quasi onirico tra una moltitudine di specie diverse di grandi dimensioni, abitanti di una scogliera turisticamente ancora vergine che non conosce fenomeni di bleaching. Un mare primordiale. Un luogo unico, sopra e sotto il mare.
Consiglio di visitare Cabo Pulmo d’estate, con condizioni ottimali in termini di visibilità e temperature, soprattutto tra ottobre e novembre. Tra dicembre e aprile la visibilità può infatti essere ridotta per la grande presenza di plancton o per la fine sospensione dovuta a venti invernali da Nord che provocano un moto ondoso locale capace di alterarne i bassi fondali. Settembre e’ il mese peggiore per il pericolo di uragani e tormente che trasportano molti microsedimenti in mare e possono compromettere le uscite e anche la strada sterrata per raggiungere il piccolo villaggio.
Per molti anni questo luogo prezioso è rimasto indifeso, parco di pesca di ogni tipo fino alla fine degli anni ‘80. Ma grazie alla lungimiranza della Famiglia di pescatori Castro qui residenti da sempre, nel 1995, le acque di Cabo Pulmo sono state designate Parco Marino Nazionale dal governo messicano. Successe che il nonno di Paco Castro, oggi amico, guida, partner professionale e compagno di immersioni sulla cogliera, ebbe modo di vedere dei filmati subacquei girati da documentaristi americani e, sorpreso dalla bellezza dei fondali, decise di cessare la pesca e aprire al turismo per conservare la scogliera e convertirla in una forma piu’ redditizia e anche meno faticosa di guadagno. Ebbe ragione e fu un successo. Da allora le attivita’ turistiche e di diving sono ancora pochissime e tutte assolutamente sostenibili, lo snorkeling è permesso esclusivamente con giubetto galleggiante per non danneggiare il fondo di coralli come invece accaduto a gran parte dei reef del resto del mondo e soprattutto la biomassa della scogliera negli ultimi 25 anni e’ aumentata del 400%!
Cabo Pulmo è un esempio chiaro e concreto di quanto la protezione del mare possa produrre ricchezza superiore agli introiti della pesca massiva, obiettivo già in atto anche in Islanda e Norvegia per convertire l’industria baleniera in industria turistica di whale watching. Oggi si calcola che una cernia gigante di Cabo Pulmo dal valore peschiero di 400 dollari, possa produrre almeno 12.000 dollari nel corso della sua vita da adulta, senza ancora calcolare l’indotto che provoca con la sua presenza in mare.
Il turismo compatibile può quindi esistere davvero e perché si diffonda anche altrove è bene favorirlo con viaggi verso mete che lo hanno scelto per il benessere di persone, animali e ambiente.
Vi aspetto quindi in Baja California, l’Acquario del Mondo.