Autore: PierLuigi Da Rolt
La prima volta di Old Shark.
Aprile 1978, é una bella giornata primaverile, siamo seduti sulla spiaggia del faro di Jesolo Lido, io e Giuliano, un mio amico bombolaro autodidatta. Ho accettato il suo invito di fare un’immersione con le bombole, io un pescatore subacqueo, un apneista convinto.
Ed ora sono qui, seduto sulla sabbia umida, al sole, pensieroso. Le gambe mi fanno ancora male, sono convalescente da un grave incidente in moto che quasi un anno fà mi ha spedito in rianimazione, con le gambe, la testa ed il torace frantumati in so più quanti punti.
Perplesso, si, molto perplesso per questa nuova avventura, ma chi me l’ha fatto fare di lanciarmi in questa nuova sfida, non mi bastano più quindi le avventure sulle pareti delle montagne di casa, il paracadutismo, il mio deltaplano che attende paziente in garage che le mie gambe siano ancora in condizione di affrontare i voli, ma cosa ci faccio qui, in riva a questo mare, in attesa che un amico mi metta una pesantissima attrezzatura sulle spalle e mi dica andiamo, che forse non ci anneghiamo.
Il mare è calmo ed invitante, quante battute di pesca ho fatto qui, conosco ogni sasso ed ogni buco della diga foranea che protegge il canale di entrata al porto turistico di Jesolo, proprio per questo Giuliano ha scelto il faro di Jesolo per questa prima, timida prova.
Mi sembra ancora di rivivere quei momenti, è mattino presto ma sono così eccitato che non sento minimamente la stanchezza, l’aria salmastra mi entra nelle narici e porta con sé i profumi del mare, quante volte da oggi in poi conoscerò questa sensazione. Guardo il mio amico e compagno di tante avventure e battute di pesca. Quante ne abbiamo combinate insieme.
Le bombole e gli erogatori sono adagiati sulla sabbia, sono lì pronti, basta metterli in spalla ed andare, sul grigio piombo dei bibo spicca la scritta rossa “Aralù”.
“Bè che ne dici di metterci all’opera?” Con queste parole Giuliano rompe gli indugi e inizia ad assemblare queste strane cose. Mentre monta il tutto, parla, mi spiega, mi dice cosa fare e come comportarmi. Infatti per me è la prima volta in assoluto, non ho mai provato a respirare sott’acqua, anche se ho iniziato con l’apnea a 13 anni, durante le vacanze estive, non ho mai avuto l’opportunità di mettermi delle bombole sulla schiena, quindi per me tutto è nuovo, assolutamente nuovo.
Alla fine tocca a ma, bè almeno la muta la sò indossare, la mia bella muta quasi nuova, prima ne avevo una senza fodera ne internamente ne esternamente ed ogni volta che la indossavo, dovevo imbiancarla internamente con almeno un chilo di borotalco. I primi soldi che mi erano capitati nelle tasche li avevo spesi per questa splendida Technisub, foderata internamente e zigrinata all’esterno e le mie sofferenze in fase di vestizione erano quasi scomparse.
Bene siamo pronti, con le pinne e le maschere in mano ci avviciniamo all’acqua, ma quanto pesa stà roba, le mie gambuccie rattrappite dopo lunghi mesi di gesso, tremano un po’ sotto il peso dell’attrezzatura, ma la strada è corta e, una volta immerse le bombole in acqua tutto diventa più facile.
Sotto l’attenta guida di Giuliano metto in bocca l’erogatore, bò…… non trovo molta differenza dal respirare senza. Ad un segnale ci lasciamo cadere sul fondo, ho paura di avere un po’ troppo peso addosso, ma Giuliano mi rassicura e iniziamo la nostra “scampagnata subacquea”. Vado continuamente su e giù, faccio fatica a mantenermi lontano dal fondo con il pinneggiamento, però che bello, il rumore dell’erogatore in ispirazione è rassicurante, un po’ meno quello delle bolle di scarico che mi assordano le orecchie. Che differenza dal poetico silenzio delle discese in apnea. Bè dopo un po’ di fatica iniziale, tutto inizia ad andare meglio, adesso ci si diverte, le bombole non pesano più, ma quant’è che siamo sotto? E chi lo sa? La cognizione del tempo si perde facilmente, comunque continuiamo tranquillamente a pinneggiare trà sagaghetti e donzelle, nemmeno lo scarico delle bolle ormai mi dà più fastidio, bè devo dire che mi stò proprio divertendo.
Abbiamo percorso in lungo ed in largo la diga foranea, per esperienza sò che la profondità massima è di setto o otto metri e lo spettacolo è incantevole, nessuna fatica, nessuna fame d’aria, nessuna sofferenza, trà me penso, ma chi ne vuol più sapere dell’apnea.
Non so quanto tempo è trascorso, ma ad un certo punto l’erogatore ha iniziato a diventare duro, l’aria non arriva più, bè devo dire che gli insegnamenti di Giuliano sono stati provvidenziali, afferro immediatamente l’asta della riserva, la tiro e come d’incanto l’aria ricomincia ad arrivare all’erogatore, ma questo è anche il segnale di fine dell’immersione, la mia riserva di aria si stà esaurendo, quindi bisogna rientrare.
Ed a questo punto mi accorgo che, se prima avevo qualche difficoltà a stare staccato dal fondo, ora non riesco proprio a rimanere immerso, le bombole sono diventate dei palloncini e mi trascinano inesorabilmente in superficie, peccato, l’avventura è finita.
Usciamo dall’acqua e la domanda di Giuliano mi sembra scontata “cosa te ne sembra?”, caro Giuliano non so cosa dirti, ma sicuramente allora non immaginavi neppure che avrei continuato, che dopo cinque anni mi sarei iscritto ad un corso “federale”, allora non cerano molte scuole subacquee ed avrei preso il mio primo brevetto, che mi sarei immerso in grotte, relitti, in mare, nei laghi e persino in ambienti lavorativi per effettuare recuperi e bonifiche.
Quante avventure da allora, quante immersioni, quanti amici ho conosciuto, quanti lutti e dolori, ma soprattutto quante gioie, quante visioni incantate hanno riempito i miei occhi, quante poesie sommerse hanno attraversato il mio animo, quante musiche ho sentito durante le discese.
E tutto questo grazie a Giuliano, un amico ed un compagno di tante belle avventure, un grazie quindi a questo uomo, autodidatta e sicuramente pioniere della subacquea con le bombole, il primo forse che si è preso la briga di comperare un libro (allora ce n’era uno ed uno solo), di leggerselo e poi di mettere in pratica gli insegnamenti, naturalmente provando sulla propria pelle ciò che, al giorno d’oggi, nessuno prova più.
Al giorno d’oggi chi inizia fa tesoro delle esperienze e soprattutto degli errori altrui ed è giusto che sia così.
Comunque una cosa è sicura: in quel lontano giorno iniziò un mito, iniziò la saga di Old Shark. hahahahahahahahahahahahahahahahahahahahah.
PierLuigi Da Rolt (OLDSHARK)
Instructor UTR
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