La telefonata arriva al diving nel tardo pomeriggio. Un’agenzia di Napoli ci chiede se abbiamo una guida disposta ad accompagnare il giorno seguente una ragazza russa “molto importante” su uno dei nostri siti d’immersione.
Lo yacht extralusso si è da poco ormeggiato a una banchina del porto di Lacco Ameno a qualche minuto di barca da noi. Ci raccomandano inoltre ogni premura dandoci i contatti da prendere sul “Mirage” per organizzare l’uscita in mare.
Al diving ci guardiamo un po’ sorpresi ed eccitati per l’inusuale servizio tranne Seba che invece pensa già a che cifre esagerate chiedere per questa uscita “privata”. Non vi annoierò con numeri e cifre ma sappiate che quell’estate nel listino prezzi un’immersione privata con guida personale costava 100 euro. Alla russa ovviamente Seba non fa sconti di pena e spara alto… anzi no, altissimo!
In quei giorni al diving era tutto un casino di clienti; immersioni, prenotazioni, corsi. Agosto inoltrato è un mese sempre “caldissimo”. Dopo un breve conciliabolo tra il boss e noi guide (anche se a decidere era sempre e solo il Seba) vengo investito della carica di guida subacquea privata della tal Irina Vattelapesca. Paola l’altra divemaster e Seba invece auto assegnati d’ufficio con un gruppone di “mortadellari” nostrani. Mi sento anch’io un Vip! Ovviamente scherzo! Non so neanche da che parte iniziare quand’ecco che il “vecchietto scorbutico” con il suo proverbiale pragmatismo da leader maximo mi urla: “Aoh! Ma che te stai ad aspettà! Movete no?! Daje na telefonata a sta Irina!”
“Beh certo! E’ quello che stavo per fare!” rispondo un po’ sorpreso.
Il colloquio avviene direttamente con l’affabilissimo comandante francese dello yacht che tra l’altro mi parla in un buon italiano. Fa l’elenco delle attrezzature da portare e mi da alcune indicazioni per andare a prendere la ragazza accompagnata dal suo istruttore subacqueo personale direttamente sullo yacht. “Sti cacchi!” Penso io e soprattutto dove li porto due così che avranno già visto mezzo mondo?!
Il Seba mi fa: ”Punta Cornacchia!”
Io e Paola ci guardiamo e in coro: ”Punta Cornacchiaaa?! Ma… Seba scusa ci portiamo gli open e gli intro lì!”
e lui impassibile: “E che ce frega! Aò sta fuori il porto de Lacco Ameno nooo?!”.
Nuovamente il Seba con il suo monumentale pragmatismo e la sua dose di tirchieria.
“No! Punta Cornacchia no!” Faccio io deciso.
“In fondo la guida sono io e con tutto quello che le abbiamo chiesto per un tuffo scelgo io il sito dove immergerci! …Andremo alla Nave di Punta Imperatore!”.
Il Seba appare spiazzato dalla mia risolutezza, Paola mi da ragione, 2 a 1 per noi!
Il boss alla fine cede ma con piglio polemico osserva: ” Ci manca però un barcaiolo e dovranno accontentarsi dell’altro gommone che abbiamo! Domani noi siamo tutti occupati, toccherà chiedere a Mimmo il pizzaiolo! …Altrimenti sto servizio nun se po’ fa!”.
Addirittura penso io ironico.
Così eccomi andare un minuto più tardi ad ingaggiare il barcaiolo/pizzaiolo alla locanda a 100 metri dal diving.
Napoletano, quarantenne, ex istruttore subacqueo (molto ex), gran chiacchierone e “omo de sostanza” visti i suoi più di cento chili di stazza, Mimmo è l’incarnazione della “napoletanità”. Appena mi presento sulla soglia del ristorante sa già tutto! Niente di più facile allora! In pochi secondi abbiamo formato un tandem di lavoro davvero assortito… e poi dicono che l’efficienza sta solo lassù da noi al Nord… sì vabbè! L’appuntamento sul Mirage è fissato per l’indomani alle 9:30, per me e Mimmo invece alle 8:00 in porto lì a Ischia.
La grande giornata la comincio a pulire il vecchio gommone dalle cacche dei gabbiani e te pareva penso io speriamo almeno che sia benaugurante. Il gommone che usiamo come natante di riserva lì al diving è in condizioni davvero impresentabili. Usato si e no un paio di volte in due mesi. Non oso immaginare la Vip russa che appoggia le sue nobili chiappe su quei due tubolari sgualciti e caccolosi. Questo però è quello che passa al convento e mi devo adeguare pulendolo alla bell’e meglio visto che ormai il tempo stringe e tra l’altro Mimmo ancora non si vede. Vuoi vedere che è rimasto addormentato? Avrà finito chissà a che ora ieri notte lì al ristorante… e invece con mio sommo stupore e immenso sollievo eccolo che appare sorridente e orgoglioso sulla banchina già sovraffollata di Ischia Porto. Sta fumando come una ciminiera e ha due occhiaie da paura, è un po’ palliduccio ma bastano dei buoni occhiali da sole ed eccolo che assomiglia a uno dei famosi “Chips” quelli del telefilm americano anni ottanta; i poliziotti centauri della stradale che sfrecciavano sulle autostrade californiane. Lui ovviamente è il messicano “Ponciarello”! Gli assomiglia decisamente tranne forse per l’altezza, Mimmo è un gigante di uno e novanta.
Allora via che si comincia! La chiave gira, il motore tossisce un po’, stenta ad avviarsi e a me iniziano i sudori freddi ma alla fine prende vita con un rumore asfittico e ci nasconde in una nuvola di fumo di scarico. Siamo entrambi oramai calati nella parte e mezzi intossicati.
Usciti dal caotico porto di Ischia viriamo a sinistra e dirigiamo la prua verso Lacco Ameno sotto un cielo plumbeo di fine estate e su un mare grigio azzurro un po’ mosso da un vento teso di nord est. Superato un piccolo promontorio vediamo scorrere alla nostra sinistra Casamicciola con la sua darsena e il suo elegante lungomare. A un certo punto però senza quasi accorgercene entriamo letteralmente in uno stormo di gabbiani che si riposavano sulle onde dopo una battuta di pesca.
E’ tutto un volare e schiamazzare di pennuti terrorizzati e disorientati dalla nostra improvvisa entrata in scena.
Mimmo rallenta ma ormai è troppo tardi per evitare che alcuni di loro si liberino le interiora sulla nostra piccola imbarcazione. L’odore pungente di piccoli pesci e calamari parzialmente digeriti è forse peggio di tutte le macchie che si vedono sparpagliate qua e là sui tubolari. La giornata è cominciata pulendo merda di gabbiano e pare continuare… penso sconsolato! Nel gavone di prua c’è solo mezzo bicchiere scarso di detersivo lavapavimenti e ovviamente molta acqua di mare tutta intorno a noi. In due però ci aiutiamo e in pochi minuti abbiamo risolto anche questo inaspettato inconveniente.
Arriviamo nei pressi del Mirage con solamente una decina di minuti di ritardo e Mimmo fa una gran fatica ad affiancarsi allo yacht causa le onde del mare un po’ mosso e forse anche le ore piccole fatte la sera prima. Il nome della barca gli rende onore perché effettivamente all’entrata in porto ci è apparso come un miraggio su tutte le altre imbarcazioni ormeggiate. Sarà lungo almeno 40 metri verniciato interamente di bianco da sembrare un iceberg. Ci sono persino due scooter d’acqua a poppa, un sogno!
Lo staff dello yacht francese ci saluta da lontano affabile e sorridente come se in apparenza nulla potesse turbarli più di tanto; né la giornata grigia e ventosa né il nostro aspetto un po’ trasandato.
Io sbarco dal gommone e mi viene incontro sulla banchina il comandante con cui avevo parlato il pomeriggio precedente per accordarmi sull’escursione. Ci presentiamo sorridendo entrambi e stringendoci energicamente le mani. E’ un uomo sui cinquanta coi capelli bianchi rasati cortissimi e porta degli occhiali con grosse montature blu elettrico. Dal vero è ancora più gentile che per telefono. Mi dice pacatamente di stare tranquillo che la madamoiselle è molto educata e ben disposta verso tutti e di essere il più spontaneo e sereno possibile. È scalzo. Questo mi trasmette simpatia anche se poi scopro che è normale girare scalzi sullo yacht per non rovinare la moquette che praticamente tappezza quasi ogni pavimento interno della barca. Vengo fatto cortesemente attendere nel giardinetto di poppa (pavimentato in legno di teck). Osservo le eleganti divise dello staff di bordo: calzoni corti beige e polo bianche pulitissime con il nome dello yacht scritto in corsivo blu. Il clima è disteso e rilassato e tutti parlano a bassa voce quasi per non voler disturbare quell’atmosfera armoniosa e idilliaca. Proprio come noi lì al diving rifletto sarcastico. Mah?! Sarà questione di vedute della vita o di differenze di classe sociale? Propendo per quest’ultima considerazione.
I minuti passano e si accresce in me la curiosità per la ”divina dama dell’Est” che stamattina viene a farsi un tuffo con me.
A un certo punto eccola. Accompagnata dal suo istruttore personale (molto più basso di lei) esce dalle stanze interne e mi viene lentamente incontro in T-shirt e calzoncini con un asciugamano su una spalla e una bottiglietta di Evian in una mano come se avesse appena finito di fare un piccolo riscaldamento in una partitella di tennis. Ha il viso rilassato e riposato. È carina ma non bellissima. Ha due occhi azzurri leggermente a mandorla e i capelli castano chiaro raccolti in una coda. Mi porge educatamente la mano presentandosi in inglese. Io mi presento a mia volta e faccio la stessa cosa con l’istruttore francese che è abbronzatissimo, rilassatissimo ed estremamente fighetto. Cerco di essere il più tranquillo possibile ma è inevitabile che dentro di me salga un po’ di tensione. Il servizio non è di quelli “normali”, i due clienti sono assai sofisticati, cortesi e distaccati. Penso alle attrezzature che ci sono in gommone per i due ospiti sperando di non aver sbagliato taglie e numeri di mute, calzari e pinne. Penso anche a Mimmo… chissà se è sveglio o mi è caduto in preda ad un attacco di sonno lì nel porto.
Quando arriviamo al gommone accompagnati dal comandante dello yacht Mimmo è già sull’attenti, pronto e servizievole come non mai. Uno sguardo al mare che sembra ingrossare fuori dal porto, uno ai miei due clienti di oggi poi faccio un cenno con la testa al mio capitano Ponciarello. Si parte.
Le onde sono fastidiose ma assieme a Seba il giorno prima abbiamo scelto il sito della “Nave“ proprio perché ridossato dai venti del primo quadrante. I due ospiti si parlano con frasi brevi in inglese e sembra che tra i due ci sia una sorta di complicità. Intanto rifletto concentrato sull’immersione che ci attende come sono solito fare nei momenti che precedono il tuffo.
Più o meno all’altezza di Forio Mimmo che fino a quel momento si era limitato a governare la barca e ad osservare silenzioso, all’improvviso si lancia in un inglese maccheronico a spiegare ai due nobili ospiti che lui è il proprietario di un ristorante di Ischia e dopo l’immersione se vorranno saranno suoi graditi ospiti. Io trattengo a stento una risata e i due lo osservano dubbiosi chiaramente senza averlo capito molto. Oltretutto la pizzeria ristorante non è assolutamente sua ma del suocero e lui lì ci fa più che altro il cameriere. Sì! Mi fa lui ridendo quando glielo faccio notare per sfotterlo un po’ ma loro aggiunge mica lo sanno! L’attenzione di Mimmo poi si sposta sul bel seno della Irina e sul fatto che ad ogni onda (continuamente visto il mare di oggi) “balla” generosamente su e giù. Mi chiede se l’ho notato richiamando alla memoria altre scenette simili di estati passate. Faccio finta di non sentire altrimenti non la finisce più e io perdo il filo dei miei pensieri.
Ci lasciamo la lunga spiaggia di Citara alle nostre spalle e doppiamo il faro di Punta Imperatore che maestoso e solitario ci domina dall’alto. A quel punto il vento diminuisce e il mare si calma. Lo scoglio della Nave ora è davanti a noi. Siamo in totale solitudine. Penso di avere azzeccato la location rifletto compiaciuto. E’ davvero un luogo evocativo e molto “mediterraneo”.
Il motore è spento, butto l’ancora che scende veloce e verticale tra due rocce su un pianoro ai limiti di una prateria di posidonia.
Il transalpino è un tipo curioso come avevo immaginato. Mi chiede in un inglese con forte accento francese cosa vedremo e allora parto col briefing senza esagerare però su eventuali avvistamenti di pesce grosso. Irina è da poco brevettata advance quindi massima profondità 30 metri.
Lui mi racconta che ha fatto la guida subacquea per qualche anno nella Polinesia Francese (beato lui!) e più che l’istruttore personale della ragazza sembra che oggi voglia fare il turista quindi mi dico: ”occhi aperti Paul!”. Aggiunge che loro stanno facendo una crociera nel Mediterraneo e di tanto in tanto si immergono. Pochi giorni prima in Corsica si erano trovati male nel diving perché gli mettevano troppa fretta e urlavano un sacco mentre noi no. Sorrido pensando allo staff corso (mi ricorda Seba…) che si è trovato davanti i nostri due pacati ospiti e li ha trattati esattamente come gli altri clienti.
Le attrezzature che ho portato vestono bene a lui, con Irina invece c’è qualche difficoltà. Dopo venti minuti abbondanti per vestire la subacquea russa che aveva problemi con i calzari finalmente ci tuffiamo. Mimmo dalla barca mi da l’ok! Io glielo ricambio in segno beneaugurante.
La luce è un po’ cupa e i ciuffi di posidonia del pianoro sotto di noi ondeggiano come spighe di grano mosse dal vento. La parete alla nostra destra è colorata ma la luce di oggi non aiuta ad esaltare le macchie gialle enormi cariche di margherite di mare che la punteggiano. Pesce fuori tana non ce n’è. Come spesso accade nei giorni brutti. Irina se la cava abbastanza bene anche se per essere un advance ha ancora qualche problema di assetto. Lui invece va semplicemente dove gli pare e più che l’ istruttore subacqueo come avevo immaginato fa il turista per conto suo. Devo dire che in acqua ci sta però veramente bene ed è sceso addirittura senza la cintura dei pesi. “Cagone” francese penso. L’immersione scivola via così; io che sto attentissimo a lei mentre lui che si fa i fatti suoi tranne nei minuti finali quando lei accenna ad un’ingloriosa pallonata e il suo personal instructor con uno scatto rapido e deciso la agguanta al volo. Bravo francesino, allora qualcosa sai fare eh?!
Risaliti in barca lei è felice e rilassata, lui le sorride poi però viene da me e mi chiede come mai non abbiamo visto pesce. Mimmo allora vedendomi in difficoltà dice l’unica cosa intelligente di tutta la mattinata e col suo anglo/napoletano spiega al galletto transalpino che i pesci di Ischia sono nel suo ristorante fritti o in padella! Io all’inizio sbianco poi però l’istruttore la prende bene e gliela traduce a lei che ridendo lievemente si porta con educazione una mano alla bocca e mi ringrazia per la bella immersione. Com’è british questa russa.
Salpata l’ancora arriva immancabilmente la telefonata di Seba: “Aoh! Ce sieeteee?! So du ore che sto a provà a chiamavve! A Pa! Nun te scordà de fatte pagà !”
Bum! Mi butta giù il telefono col suo solito stile.
Rientrati in porto a Lacco Ameno è il tempo dei saluti e… dei pagamenti. Ad accogliermi c’è un marinaio sorridente di mezza età e il comandante che rilassato e affabile mi chiede in italiano com’è andata e mi prega di salire sullo yacht dopo essermi tolto le mie “storiche” infradito. Saluto i miei due clienti che si accomiatano dopo i convenevoli di rito e spariscono in una delle numerose stanze del mega yacht dove tutto è ovattato e rivestito di moquette. Seguo nella sala comandi il capitano che senza tante cerimonie mi porge con eleganza una busta col denaro.
Speriamo ci sia un po’ di mancia penso fra di me anche se in effetti con quello che gli ha chiesto Seba…. Un ultimissimo saluto al simpatico comandante e a qualcuno dello staff del Mirage e sono di nuovo fuori.
Già! Fuori con Mimmo nuovamente a galleggiare nella incerta realtà di tutti i giorni miei o per meglio dire nostri di comuni mortali. Vai Paul! E’ andata! Chissà che un giorno non scriva due righe su questa storia…
Raconto di Paolo Degano – Disegno di Alessandra Quaroni
Simpatica storia da diving! Da guida subacquea, leggerti è doppiamente piacevole!