Mentre il mondo subacqueo subiva il contraccolpo della pandemia da coronavirus, alcune organizzazioni sub si sono attivate per fornire la propria competenza ed esperienza nella lotta contro il virus, e probabilmente se ne uniranno molte altre.
Alla richiesta dei servizi sanitari al produttore di rebreather AP Diving di aiutarli nel fornire ossigeno a pazienti malati (grande è la preoccupazione sui livelli molto bassi di saturazione dell’ossigeno di molti pazienti all’arrivo in ospedale) il manager Martin Parker è entrato subito in azione. In un giorno, Parker e il suo team hanno sviluppato e testato un semplice adattatore con un costo minimo di 6£, che può essere montato sul primo stadio di un normale erogatore o su una bombola ossigeno, e fornire un flusso costante di ossigeno ai pazienti, regolabile a 7-9 litri/min, attraverso una mascherina non-rebreather.
Poco dopo, il governo britannico ha deciso di chiudere tutte le aziende ritenute non indispensabili, tra le quali AP Diving, ma Parker, con personale ridotto, è riuscito a produrre una fornitura di adattatori, chiamata SCUBA2MED2, da consegnare gratuitamente a persone e organizzazioni bisognose. I progetti sono stati condivisi con produttori di erogatori come Apex e Interspiro, pubblicando i disegni “open source” sul web.
Hanno anche cercato di rispondere alle esigenze della comunità locale. “Abbiamo dotato i nostri dipendenti abilitati al primo soccorso e alla somministrazione di ossigeno, di bombole O2 e di adattatori, nel caso in cui avessero dei parenti in difficoltà”, ha riferito Parker. Un inconveniente burocratico: in alcuni paesi l’ossigeno usato per le immersioni non può essere utilizzato a fini medici, o erogato da personale non formato in modo specifico, ma questa è una situazione di emergenza.
“Penso che siate d’accordo con me”, ha detto Parker “Non viviamo in circostanze normali ma in un periodo di crisi. I subacquei utilizzano ossigeno perfettamente buono, che deve superare controlli sulle impurità più rigorosi dell’ossigeno medicale, se può essere erogato ad un flusso prefissato.
Anche un altro produttore di attrezzature subacquee, Narked at 90, con sede nel Regno Unito, si è adoperato sfruttando la vasta esperienza in ingegneria tecnica per fornire sistemi di controllo e monitoraggio dell’ossigeno per i nuovi ventilatori OxVent, prodotti dalla britannica Smith + Nephew. Il design OxVent è il risultato della collaborazione di scienziati, medici e produttori di tecnologia medica dell’Università di Oxford, del King’s College di Londra e di Smith + Nephew, ed è pensato per ovviare alla carenza di ventilatori nel Regno Unito e in tutto il mondo. Attualmente è in fase di revisione da parte del governo per l’autorizzazione.
“Siamo davvero orgogliosi di poter mettere la nostra esperienza e i componenti chiave a sostegno di questo progetto e di contribuire a risolvere l’attuale sfida dei ventilatori che il NHS sta affrontando”, ha dichiarato Brent Hudson, co-proprietario e direttore tecnico di Narked at 90 “Stiamo cercando di salvare quante più vite possibile!”
Gli inglesi non sono i soli ad impiegare le proprie competenze tecniche per aiutare a salvare la vita ai pazienti COVID-19. Il co-fondatore e ingegnere di Divesoft, Aleš Procháska, si è unito a un consorzio dell’industria tecnologica Ceca, delle istituzioni educative e del governo, per sviluppare un ventilatore di qualità a basso costo, dal design open-source, che può essere prodotto in tutto il mondo.
La progettazione include l’utilizzo di parti facili da produrre, un’interfaccia intuitiva che riduce al minimo i requisiti di formazione, un semplice assemblaggio e altro ancora. Il design ne permette il funzionamento con bombole di ossigeno e di aria compressa filtrata con i normali filtri, e la compatibilità con i sistemi ospedalieri. Sperano di avere 500 ventilatori pronti per la consegna entro metà aprile ad una cifra inferiore rispetto ai 20.000 dollari delle unità tradizionali.
“Sono concentrato sullo sviluppo e la costruzione di prototipi di valvole pressurizzate”, ha spiegato Procháska. “Si tratta di valvole di sicurezza che limitano la pressione dell’ossigeno respirato da un paziente, per garantire che il dispositivo non causi lesioni ai polmoni.” Divesoft produce valvole simili per i loro rebreather Liberty.
Chi è l’uomo mascherato?
A marzo, SANTI Diving, che produce mute stagne, ha aderito a una campagna polacca chiamata #BusinessSupports e ha dedicato una parte dei suoi impianti di produzione a Gdynia, in Polonia, alla realizzazione di maschere protettive per gli operatori sanitari. Le maschere sono state donate al gruppo ospedaliero locale. “Abbiamo preso la decisione qualche tempo fa”, ha dichiarato il fondatore di SANTI Tomasz Stachura, “ed è diventata ancora più significativa di fronte alla crisi attuale”. SANTI ha anche iniziato a produrre prototipi di tute e visiere protettive per gli operatori sanitari.
Negli Stati Uniti, in risposta alle nuove raccomandazioni del CDC (Center for Disease Control) di indossare maschere di stoffa in pubblico, Waterlust (un’azienda familiare con sede in Florida, avviata da oceanografi, che produce abbigliamento a tema marino) ha iniziato a produrre maschere protettive colorate in vendita a 3$.
L’azienda ha anche collaborato con il governo della città di Miami per donare mascherine ai cittadini che potrebbero avere difficoltà a procurarsene una, come i senzatetto, gli anziani, ecc. Attualmente, ne hanno distribuite circa 500. Per le persone che non hanno bisogno di una mascherina ma che vogliono aiutare gli altri, hanno creato una pagina web chiamata “donate masks” in cui è possibile fare una donazione. Il 100% dei fondi raccolti verrà destinato alla produzione di mascherine.
Le maschere granfacciale, che i subacquei conoscono bene,possono essere di grande aiuto a proteggere operatori sanitari e consumatori dai rischi della pandemia. Questa considerazione ha spinto l’azienda italiana Mestel Safety, che produce maschere granfacciale per lo snorkeling e le immersioni con il marchio Ocean Reef, a depositare un brevetto internazionale per un adattatore utile a collegare queste stesse maschere a filtri P3 e ad altri tipi di filtri, trasformandole così in un dispositivo di protezione personale. Secondo quanto riferito, il produttore può soddisfare le esigenze di circa 1,25 milioni di utenti.
Secondo l’azienda, la maschera con adattatore non intende sostituire i dispositivi standard di protezione individuale. “Stiamo solo offrendo una possibile soluzione, in un momento di estrema necessità, per creare una barriera fisica alle goccioline contagiose, con la possibile aggiunta di un filtro”, ha riferito un portavoce dell’azienda.
Mares, produttore italiano di attrezzatura subacquea,insieme alle società di stampa 3D Nuovamacut e Mira Meccanica di Bologna, ha annunciato il lavoro sull’adattamento di maschere per lo snorkeling Sea Vu Dry all’uso con i ventilatori CPAP, per il trattamento di pazienti COVID-19. L’idea è nata inizialmente dal Dr. Renato Favero, ex primario dell’Ospedale Valtrompia di Gardone, a Brescia. Ad oggi sono state fornite maschere agli ospedali di Genova, Parma, La Spezia, Lavagna e Savona, e presto raggiungeranno altri ospedali.
Anche il marchio francese Subea, di Decathon, che produce la maschera granfacciale da snorkeling Easybreath, si è unito alla lotta. L’azienda è stata contattata da una start-up di stampa 3D italiana chiamata Isinnova, che aveva già sviluppato una valvola chiamata “Charlotte Valve”. Questa, adattandosi alla maschera da snorkeling, permetterebbe il collegamento con le macchine ospedaliere BiPAP, in grado di pompare aria pressurizzata nella maschera, assicurando che i polmoni dei pazienti non collassino. Le maschere Easybreath adattate consentono ai medici di curare alcuni pazienti con problemi respiratori senza doverli trattare con i ventilatori, che spesso sono in numero inferiore rispetto alla necessità. Subea ha donato decine di migliaia di maschere in tutta Europa, mentre Isinnova ha reso il progetto liberamente disponibile.
Combattiamo il virus tutti insieme
Le aziende subacquee non sono le uniche in prima linea nella lotta contro la pandemia. Il dott. Peter Germonpré, Direttore Medico di DAN Benelux, il dott. Oscar Camacho di DAN Portogallo, e il dott. Ulrich van Laak, di DAN Germania, Austria e Ungheria e che ricopre anche il ruolo di ufficiale medico navale presso l’Istituto Tedesco di Medicina Marittima della Marina, sono tutti pienamente impegnati nella battaglia nelle rispettive aree, e non sono i soli.
Il dott. Stefano Manera, specialista in anestesia e terapia intensiva, parte del team medico di DAN Europe, ha lasciato la sua casa a Milano il mese scorso per arruolarsi come volontario presso l’unità di terapia intensiva dell’ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo, situato nella “Zona Rossa”, epicentro dell’epidemia nel Nord Italia. “Come anestesista ho sempre lavorato in prima linea durante la mia vita professionale, anche come volontario in Africa per molti anni”, ha spiegato Manera. “Era assolutamente normale rispondere alla richiesta di aiuto. Non credo di aver fatto un gesto eroico, ho semplicemente risposto al mio senso del dovere e al desiderio di aiutare le persone”, ha aggiunto.
Manera afferma che i turni sono lunghi e faticosi, a causa dei dispositivi di protezione che i medici devono indossare, e le decisioni da prendere sono complesse e stressanti, lavorando con sofisticate apparecchiature di supporto vitale e miscele di gas che richiedono costante attenzione. “Come appassionato sub e come medico subacqueo, mi piace pensare che ogni turno sia un po’ come affrontare un’immersione tecnica molto impegnativa, in cui è necessario pianificare ogni dettaglio per non rischiare la vita ed essere in grado di uscire dall’acqua incolume”, ha chiarito Manera. “In questo caso, l’acqua torbida è la malattia e l’immersione è il nostro percorso di cura.”
Articolo originale in Inglese di Michael Menduno, pubblicato sul blog DAN Europe.