Autore: Carlo Amoretti
Cominciamo domandandoci cos’è la compensazione, con questo termine si definisce il fenomeno che determina il raggiungimento dell’equilibrio tra la pressione del gas presente nelle cavità corporee e pressione esterna. A dirla così sembra complicato, vediamo di chiarire.
Se abbiamo due contenitori pieni di gas a due pressioni diverse e collegati da un rubinetto chiuso ogni gas manterrà la sua pressione iniziale (per i pignoli: a temperatura costante), se apriamo il collegamento i due gas si mescoleranno e raggiungeranno una pressione finale omogenea nei due compartimenti.
Quando compensiamo le cavità aeree, essenzialmente l’orecchio medio, facciamo la stessa cosa, equilibriamo la pressione esterna al timpano (dovuta nel nostro caso all’acqua) e quella nell’orecchio medio esercitata dall’aria che respiriamo.
Noi siamo in grado di compensare “meccanicamente” solo l’orecchio medio, le cavità aeree come i seni (frontali, mascellari, etmoidali e sfenoidali) sono sempre in comunicazione con le cavità nasali e la loro compensazione è automatica. Se le mucose che tappezzano queste cavità sono congestionate (raffreddore e simili) potrà accadere che il passaggio di gas non sia possibile, in questo caso avremo delle difficoltà di compensazione e sarebbe bene rinunciare ad immergersi. I polmoni sono sempre a contatto con l’esterno tramite le via aeree e non importa fare nulla per compensarli, eccetto obbedire alla regola fondamentale delle immersioni con autorespiratore: “respirare sempre senza trattenere mai il respiro”. Ci rimane un altro spazio aereo, quello artificiale creato dall’uso della maschera. Questo va compensato frequentemente durante la discesa immettendovi aria attraverso il naso.
Torniamo al nostro orecchio medio. Come lo si compensa? Prima vediamo dove si trova e com’è fatto.
L’orecchio viene diviso in esterno, medio e interno (vedi fig. a destra), grossolanamente quello esterno comprende il padiglione auricolare, il condotto uditivo esterno e la membrana timpanica. Quello interno si estende dalle finestre ovale e rotonda verso la parte centrale della testa e contiene gli organi nervosi che traducono le onde sonore in impulsi che noi percepiamo come suoni. L’orecchio medio è compreso tra queste due porzioni, dalla membrana del timpano alle membrane che chiudono le due finestre. Al suo interno è presente la “catena degli ossicini” composta da martello, incudine e staffa, tre piccole ossa che trasmettono le vibrazioni del timpano all’orecchio interno, amplificando i suoni.
L’orecchio medio è in comunicazione con la parte posteriore delle cavità nasali attraverso due “tubicini” che prendono il nome di tube di Eustachio (la freccia blu della fig. di sinistra ne indica l’apertura inferiore). E’ attraverso esse che l’aria può arrivare dalla bocca e dal naso fino all’orecchio medio e compensarlo. Anche le tube sono rivestite di mucosa che, se infiammata, può impedire il passaggio dell’aria con le ovvie conseguenze.
Dopo questa breve introduzione vediamo le manovre di compensazione, ne esistono molte, conosciute con con nomi diversi anche a seconda del paese nel quale ci troviamo.
La manovra classica, detta di Valsalva, (dal nome dell’anatomista Antonio Valsalva che la utilizzava per curare l’otite purulenta) prevede che il subacqueo chiuda le narici con le dita e soffi contro la resistenza dovuta alla chiusura del naso. In questo modo l’aria viene sospinta verso le tube di Eustachio e, attraverso queste, nell’orecchio medio dove equilibrerà la pressione esercitata dall’acqua presente all’esterno del timpano. Il problema di questa manovra è che richiede uno sforzo espiratorio notevole che può creare vari inconvenienti legati all’importante incremento della pressione endotoracica.
Molto meno traumatica, e più efficace se correttamente eseguita, è la Manovra di Marcante – Odaglia, nota nel mondo come Manovra di Frenzel. Per illustrarla ricorriamo a due illustrazioni tratte dal celebre volume “Scendete sott’acqua con me” scritto proprio da Duilio Marcante e dal prof. Giorgio Odaglia. La prima (in alto a destra) mostra il Valsalva classico, la seconda (a sinistra) mostra la manovra di Marcante-Odaglia.
Questa tecnica prevede che il subacqueo chiuda il naso con le dita e poi sollevi la lingua in alto e indietro (non la punta ma la parte posteriore) in modo da sospingere l’aria contenuta nella bocca verso le tube di Eustachio. Come dicevo la tecnica è molto meno traumatica ed ha un’efficacia superiore al Valsalva classico. Di contro è difficile da insegnare e la si può apprendere solo per tentativi, ne vale però la pena se si pensa che predisposti, un Valsalva forzato può portare ad un aumento della pressione del liquido cerebrospinale, questo aumento viene trasmesso all’orecchio interno dove potrebbe causare la rottura della finestra rotonda con conseguenze molto gravi. Inoltre può essere una concausa di emorragie oculari, distacco della retina ed ictus. Particolarmente importante nell’ottica del subacqueo è il fatto che possa causare un barotrauma polmonare (sovradistensione) con conseguente EGA. Inoltre se il subacqueo presenta la condizione nota col nome di “forame ovale pervio” (comunicazione tra atrio destro e sinistro del cuore) si può avere passaggio di microbolle d’azoto e conseguente PDD.
Un’altra tecnica è la manovra di Toynbee che prevede un movimento di deglutizione a bocca e naso chiusi. Questo sistema permette una compensazione più delicata visto che non c’è movimento forzato di aria. L’equalizzazione delle pressioni in questo caso si ha perchè il movimento dei muscoli attivati nella deglutizione causa l’apertura dell’orifizio inferiore delle tube di Eustachio consentendo il passaggio del gas dal rinofaringe all’orecchio medio.
In conclusione compensare è più che importante. è indispensabile, la pratica consente di affinare la manovra prescelta e di compensare sempre meglio e con maggior facilità. La discesa a piedi verso il basso facilita le manovre di compensazione in quanto i polmoni sono soggetti ad una pressione maggiore prima dell’orecchio pertanto il passaggio di aria sarà facilitato.
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