“ Juan – Cito” …… Chi era costui ???? ……. E chi lo sa ??? …. Nome inusuale per questa location !!
Intanto eccoci in visita ad un sito del tutto unico e semplicemente spettacolare, dove la natura e soprattutto la parete della montagna subacquea, hanno creato uno stupefacente risultato, visibile però non a tutti, sotto il pelo dell’acqua .
Siamo sul Lago di Como, e precisamente sul ramo di Lecco, non troppo distante dalla famosa (per l’ambiente subacqueo ) località di Moregallo, denominato “le macchine “, poco oltre in direzione Bellagio .
Qui la natura è molto particolare, e chi percorre anche semplicemente in auto o , come fanno centinaia di ciclisti, la strada costellata da innumerevoli curve che va verso la biforcazione della “Y” del triangolo lariano, può osservare una lussureggiante vegetazione, molto fresca d’estate, che si intervalla a piccole spiaggette incantevoli con ghiaia fine e pulita, che durante i fine settimana, ospitano veramente decine e decine di subacquei.
E’ oramai risaputa a tutti, la diatriba tra i sub di acqua dolce amanti dei laghi, ed i subacquei classici da mare. …..“ Ma voi al lago cosa vedete ??”….ce lo domandano sempre .
Certo, esiste differenza tra questi generi di immersioni, e per vari motivi , il lago oramai è realmente da tempo meta fissa di centinaia di subacquei di ogni genere di età e brevetto: basta venire qui al sabato e alla domenica per rendersi conto di quanto succede.
La crisi ha segnato tutti, e le uscite al mare comprensive di spese di viaggio, pedaggi autostradali, la giusta quota per il diving, il semplice panino o che altro, hanno fatto in modo che si sfrutta quel che si ha vicino, e qui al nord, di laghi ce ne sono e con qualsiasi condizione climatica , anche con posti molto interessanti, soprattutto a ” chilometro zero ” !
Ci sono immersioni e subacquei di tutti i gusti, dai principianti, a quelli con grado più avanzato , fino ad arrivare ai “total tech” o molto più semplicemente subacquei alla ricerca di nuovi posti, nuove profondità, nuove pareti, nuove avventure.
Decine di gruppi reb, e li incontri a tutte le profondità; vari sub che si muovono velocemente lungo le rive con gli scooter ed ancora, la maggioranza in circuito aperto.
Tutti quanti ci si cambia sulla riva o a bordo strada, anche d’inverno, indossando magari muta umida o semistagna,( basta limitare la permanenza in acqua ) e dai sentieri che conducono alle spiagge, si impara a combattere il freddo, e la non frequente scarsa visibilità, ma l’adrenalina scorre, e l’entusiasmo è sempre alle stelle , per tutti .
In questi luoghi, basta avere la forza di superare il dislivello del sentiero, o qualche scalinata , la volontà di entrare in acqua, e ti trovi a gestire con comodità, ma da non sottovalutare assolutamente, pareti verticali magari bianche come il latte o grigie che in 2-3 minuti, ti scaraventano a – 70… e poi , chi ne ha ne metta.
Siamo arrivati prestissimo al Juan Cito,( non siamo in Spagna, ma è il vecchio nome del ristorante della zona ) perché il posteggio piccolo e comodo a venti metri dall’entrata in acqua, ospita solo quattro o cinque auto se messe bene . Ma ce n’è anche un altro capiente poco più lontano .
Sono con gli inseparabili amici di profondità tali Ivan Rolli, Sergio Berlendis, Gianni Bolis e Luciano Ghilardi mentre il gruppo di assistenza posizionato più in superficie, è formato da Gerry Grande e Fabrizio Galbiati. L’amico sub-reporter Marco Rubagotti e il suo buddy Fabio Carrara, penseranno invece alla documentazione fotografica,
Oggi, L’Hundred Trimix Team Explorer è al completo, giochiamo in casa .
Caspita, è ancora buio, sfoderiamo le pile frontali, e di chiasso ne facciamo tanto; siamo sempre euforici anche alla domenica mattina, ma gli altri sub lo sanno che siamo qui presto: ci godiamo l’acqua priva di sospensione.
Alcuni di noi pensano già al de-briefing al mitico “Rapa Nui” dalla Carla e dal Beppe a brindare davanti ad un ottimo prosecco, ma intanto restiamo concentrati e assembliamo l’attrezzatura, con la comodità dell’utilissimo muretto per appoggiare i bibo, e dopo i minuziosi controlli ed un buon briefing, scendiamo il sentiero, entriamo in acqua, agganciamo le stage, e si va !!
Immersione del Canyon del Juan Cito
Per guadagnare velocemente la profondità, e quindi gestire bene i consumi legati alle varie tappe deco, pinneggiamo verso il lago aperto, navigando “a vista” ; controlliamo alcuni riferimenti a terra, metabolizzando dentro la nostra mente i vari passaggi dell’immersione che stiamo per effettuare , si prende fiato, si fanno gli ultimi controlli …..e si sgonfia il gav.
Si scende veloci, nel nero trafitto dalle potenti torce che in modo circolare, chiedono l’ok al compagno, ed in funzione della lontananza da riva, incrociamo la seconda parete fortemente inclinata a diverse profondità.
Oggi però abbiamo deciso di seguire il Canyon dall’inizio, a 47 mt circa e percorrerlo tutto, e per fare questo, decidiamo di tenere d’occhio una sagola bianca, che qualcuno ha tesato e fissato proprio all’inizio della spaccatura.
Non facciamo permanenza in profondità, e così abbiamo deciso di usare un trimix normossico 18/30 fino al cambio gas con un trimix ipossico 12/40 che ci accompagnerà alla massima profondità, dentro la gola del canyon.
Questa spettacolare voragine , la chiamiamo “canyon”, ma in effetti è piuttosto una faglia, una spaccatura della roccia nella parete verticale, che a 47 mt è larga solo 3-4 centimetri, e che poi si allarga sempre più fino a -105 metri dove le pareti distano tra loro circa 10-15 metri !
E’ chiaro che la parte più entusiasmante è quando il subacqueo con tutta la sua attrezzatura riesce a “starci” nella fenditura – più si scende e più è agevole .
La roccia è bianca e non c’è sospensione e riflette benissimo i potenti fasci luminosi delle nostre torce : siamo in un mondo fiabesco .
Dobbiamo rimanere sempre vigili, perché tra poco sarà come stare in ascensore: siamo dentro la spaccatura, a 65 mt effettuiamo il cambio gas, tutto ok, scarichiamo il gav ancora una volta e ….giù senza battere un colpo di pinna in perfetta verticalità !
Mi guardo attorno e controllo il mio compagno : assieme agli altri abbiamo illuminato completamente questa cattedrale !! Livelliamo a 95 metri, e vediamo che qui sul fondo incomincia il fango , ma la parete si vede benissimo . Arrivati a -105 mt notiamo ancora un po’ di candida roccia bianca che affonda nel fango scuro, e come convenuto, incominciamo la risalita .
E’ come se avessimo premuto il pulsante del piano terra su un ipotetico ascensore . Non facciamo nessun sforzo nel risalire, perché scaricando dolcemente il gav man mano che guadagnamo quota, ci godiamo il candore della roccia praticamente senza nemmeno muovere le pinne , E siccome il canyon si restringe a vista d’occhio, sembra di vedere una enorme chiusura lampo che si chiude.
A 75 mt ci soffermiamo ad osservare un grosso masso dentro alla spaccatura , come se in quel punto la forza della natura abbia trovato un ostacolo nell’aprire la roccia .
A 60 mt ecco la prima tappa deco di due minuti, che sfruttiamo in orizzontale allontanandoci dalla roccia, per passare ad un breve tratto di fango che ci porterà ancora in parete a visitare più su la Grotta Costeau , una grande apertura nella parete attorno ai 35 mt, preparandoci al prossimo cambio gas con un ean 40 da prendere poco sopra . Alla tappa dei 9 mt, sostiamo davanti ad un bel Crocefisso, posto alla base dell’ultima paretina, e sento che piano piano , la tensione si allenta, assaporando oramai i raggi del sole che giocano a nascondino con la roccia frastagliata.
Oramai il più è fatto. Finiamo la decompressione in ossigeno puro sempre in continuo movimento , sul tranquillo pianoro, poco sotto la riva, tra le alghe e le migliaia di conchiglie, scambiandoci gesti e segnali per passare il tempo.
Il run time alla fine è di 64 minuti, colmi di adrenalina dal primo all’ultimo istante.
Insomma, una gran bella immersione, con temperature dell’acqua a 40 mt di circa 6-7 gradi in ogni stagione dell’anno, e, soprattutto nel periodo invernale, è uguale anche vicino alla superficie .
Quindi bisogna coprirsi molto bene, con muta e sottomuta adeguati, magari usando anche riscaldatori elettrici. Il buio e la parete che conduce a profondità molto importanti, fanno si che questa immersione profonda, non sia adatta proprio a tutti , ma ad una categoria di subacquei bene addestrati nella gestione di attrezzature pesanti, e miscele respiratorie ean e trimix.
Testo di Carlo Roncoroni
Fotografie di Marco Rubagotti
Disegni di Andrea Biffi