L’iconica Isla de Coco è nei cuori di moltissimi subacquei, dai più esperti ai meno avventurosi.
Foto di Franco Banfi
testi di Sabrina Belloni
Sopra la piccola Chatham Bay, il cielo arrossa prima dell’alba. L’isola di Coco appare come una silhouette, un’ombra sopra la distesa infinita e profonda di acqua color zaffiro. Solo la montagna è visibile al di sopra delle onde, la stessa montagna che si estende migliaia di metri sotto la superficie del mare, che si innalza dal fondale oceanico. Dal picco di questo vulcano avvolto nel verde della dell’unica foresta pluviale del Pacifico orientale, il mare aperto si estende per centinaia di chilometri in tutte le direzioni. Da secoli, i marinai, i bucanieri ed i pirati hanno esultato alla vista della minuscola isola, ricchissima di acqua dolce.
Dopo oltre 30 ore di navigazione e ben 550 km dal porto di Puntarenas in Costa Rica, anche noi ci rallegriamo nell’uscire dalle cabine ad osservare una scena primordiale : aironi, fregate e sule che, sospinti dalle termiche del primo mattino, si librano senza alcuno sforzo sopra le colline boscose dell’isola disabitata. Siamo lontani dal caos, dai contrattempi e dalla stanchezza che dobbiamo affrontare in un lungo viaggio come questo.
L’isola di Coco è un isolato picco di basalto che si innalza nel bel mezzo di un vasto alto-fondale : qui attorno la vita marina si raduna in modo impressionante. Non c’è nulla di strano, nulla di incomprensibile o miracoloso : soltanto l’espressione più pura di madre natura, laddove la catena alimentare marina può svilupparsi nella massima estensione, dal minuscolo plankton sino ai grandi e voraci predatori. Le profonde correnti oceaniche sono deviate verso la superficie dalla conformazione del fondale; raggiunti i fianchi della montagna sommersa, esse si innalzano trascinando con sé preziosi nutrienti che alimentano un ecosistema salubre.
Osservando la vasta distesa oceanica dalle scogliere dell’isola o dal ponte della nave, nessuno può immaginare cosa si cela nei fondali. Soltanto i delfini occasionalmente rompono giocosi il limite fra l’elemento liquido e quello aereo, tutto il resto è nascosto nell’oceano. Indossata la maschera e l’attrezzatura, abbandonato il nostro mondo bipede ed immersi nella vastità oceanica, non possiamo restare insensibili all’abbondanza ed alla varietà di specie che incontriamo. Pian piano diventiamo consapevoli che la colonna d’acqua è colma di predatori e prede : dai serranidi, ai lutianidi, ai carangidi, ai dentici, alle ricciole, ai dorado o mahi mahi per continuare sino alle razze ed agli squali per cui l’Isola di Coco è meritatamente famosa. In una singola immersione frequentemente possiamo osservare 50 squali pinna bianca ed una dozzina di razze. Gli squali pinna-bianca sono in genere quelli che si notano per primi durante un’immersione. Sono così abbondanti che riusciamo persino ad abituarci alla loro presenza e trascurare la loro importanza. Numerosi ricercatori invece hanno evidenziato come la popolazione presente a Isola di Coco sia una delle maggiori al mondo.
Ma i veri protagonisti qui sono i banchi di squali martello smerlati. Sono molto attivi durante le ore notturne, quando cacciano i calamari e gli sgombri in acque profonde, seguendo i campi elettromagnetici delle prede che rimbalzano contro la roccia lavica. Durante il giorno invece, vagano pigramente lungo le pareti sommerse dell’isola e si attardano nelle cosiddette stazioni di pulizia, gremite di pesci pulitori. Diversamente dagli squali pinna-bianca che spesso riposano fra le rientranze delle rocce o sul fondale sabbioso, i selacei squali martello nuotano incessantemente per ossigenarsi attraverso lo scorrere dell’acqua fra le branchie.
Gli squali martello femmina hanno evidenti ferite lungo i fianchi dei loro corpi flessuosi, causate dai maschi che le trattengono durante l’accoppiamento; inoltre spesso si feriscono il lato inferiore delle fauci quando cacciano le razze. Tali ferite attirano i copepodi parassiti, che diventano un pasto nutriente per i pesci pulitori, fra cui i pesci angelo e i pesci farfalla. Le stazioni di pulizia sono un elemento essenziale per la vita di molti animali marini ed è in questi luoghi, ad una profondità di circa 30 m, che preferibilmente si svolgono le immersioni. Qui si radunano con regolarità molte specie animali ed è possibile osservare anche gli elusivi squali martello, che generalmente sono molto sensibili e tendono a fuggire quando vedono i sub e/o percepiscono il rumore delle bolle espirate. L’abilità di noi sub sta nell’avvicinarci alla stazione di pulizia, senza interferire con le attività che vi si svolgono, cercare di minimizzare la nostra presenza nascondendoci dietro le rocce e controllare la nostra respirazione, per massimizzare le possibilità di un incontro ravvicinato con gli squali. Non sempre tuttavia riusciamo a trattenere la nostra impazienza o curiosità e gli squali martello mantengono le distanze.
L’Isola di Coco è parte di una dorsale sottomarina profonda, che si estende per centinaia di chilometri in direzione delle isole Galapagos. Un corridoio che viene percorso da molte specie pelagiche, fra cui anche gli squali martello, come una rotta di migrazione fra i luoghi di alimentazione e quelli di riproduzione. Una migrazione che talvolta, forse esagerando, è stata paragonata a quella tipica del Serengheti.
Ci sono molte teorie inerenti i grandi banchi di squali martello : molti ricercatori sostengono che si tratti solamente di aggregazioni sociali, poiché i banchi sono composti principalmente da esemplari giovanili e da femmine. Sicuramente gli squali martello sono la specie icona dell’ Isola di Coco, che è frequentata da altre specie forse trascurate : squali Galapagos, i pinna-bianca, i seta, gli squali balena e recentemente anche gli squali tigre, che sono stati visti attaccare le tartarughe marine. Non mancano altre specie target : le aquile di mare, le razze, le tartarughe, specificamente la verde e la imbricata, che sono una comunità residente all’ Isola di Coco; la rarissima tartaruga liuto incrocia queste acque solo occasionalmente, durante le sue lunghe migrazioni, quando si avvicina alla costa per farsi ripulire nelle stazioni di pulizia.
La conformazione dei fondali è impressionante. Esiste una piccola e generalmente misconosciuta barriera corallina poco profonda che circonda le baie dell’isola. Ma ciò che attira la nostra attenzione sono i fondali che scendono bruscamente oltre il limite delle immersioni ricreative : massicci rocciosi e valli sono dilavati violentemente dalle correnti di profondità che risalgono a mescolarsi con lo strato di acqua dolce riversata in mare dalla pioggia e dalle numerose cascate che segnano i fianchi dell’isola. A causa dei movimenti della Zona di Convergenza Intertropicale, qui si scaricano oltre sei metri di pioggia all’anno, uno dei fattori che favoriscono la coesistenza della foresta pluviale e di quella tropicale su una superficie così limitata, tuttavia morfologicamente complessa.
L’Isola di Coco è un parco nazionale (istituito il 22.06.1978), un’area marina protetta (istituita nel 1982) ampia circa 2.100 km2 con zona integrale estesa fino alle 12 miglia nautiche dalle coste dell’isola, un World Heritage Site dell’UNESCO (istituito il 04.12.1997) e successivamente ampliato per ricomprendere anche l’area marina; recentemente il governo del Costa Rica ha dichiarato la zona “Seamount Marine Management Area” per un’estensione di quasi un milione di ettari : una superficie maggiore del parco di Yellowstone !
Dovrebbe pertanto essere una località intonsa e protetta. Ma ribadiamo il “dovrebbe” … purtroppo non è così, nonostante gli sforzi dei ranger che risiedono sull’isola e la recente rinnovata sensibilità del governo. Il fatto di essere in una posizione geografica isolata non aiuta l’Isola di Coco, che subisce le medesime minacce degli ecosistemi marini di tutto il mondo : pesca eccessiva ed illegale, inquinamento da materie plastiche trasportate dalle correnti oceaniche, l’acidificazione degli oceani ed i cambiamenti climatici che, oltre a causare direttamente il bleaching ed una minore varietà di organismi bentonici dovuta all’incremento di temperatura, provoca indirettamente anche una modifica nella direzione delle correnti e controcorrenti oceaniche che contribuiscono a rendere unici i suoi ecosistemi.
La legge vieta la pesca entro le 12 miglia nautiche dell’isola, ma pescherecci industriali si avvicinano ai limiti della zona integrale del parco durante il giorno e pescano all’interno della riserva nelle ore notturne. Riversano in mare migliaia di chilometri di lenze, centinaia di migliaia di ami e boe per pescare illegalmente gli squali e praticare lo shark-finning (asportazione delle pinne e rigetto dello squalo esangue in mare); utilizzano elicotteri per localizzare i banchi di tonni, di dorado, di ricciole; corrompono i politici, i funzionari statali e quelli preposti al controllo del pescato. I ranger del parco e la guardia costiera non hanno le risorse per fermarli, tuttavia lavorano incessantemente e con convinzione per contrastare la pesca illegale. La pressione sulle popolazioni ittiche dell’isola si fa sempre più intensa poiché al di fuori del parco la competizione fra i pescherecci è molto elevata e le specie ittiche pregiate sono sempre più rare.
Dettagliati studi ed analisi condotti nel settembre 2009 da un team di esperti ricercatori americani danno tuttavia un messaggio di speranza. L’area marina protetta dell’Isola di Coco è ancora un luogo straordinario di valore inestimabile. Ogni elemento dell’ecosistema è ancora presente : dal plancton, ai piccoli pesci, ai cefalopodi, ai predatori. Ci sono sia prede sia predatori, tutti i livelli trofici sono ben rappresentati, tutti i componenti di un ecosistema sono ancora lì. Negli ecosistemi, più numerosa è la varietà di specie, maggiore è la capacità del sistema di reagire agli stress e di ritornare in equilibrio.
Tra i siti di immersione segnaliamo Bayo Alcione, Dirty Rock, Lone Stone, Punta Maria e Manuelita, una piccola isola antistante Chatham Bay, dove è assolutamente consigliabile un’emozionate immersione notturna.
Le immersioni più interessanti sono state a Bayo Alcione, un pinnacolo sommerso simile a molti altri, che si erge a sud-est dell’isola. Qui la corrente è spesso così intensa da non permettere l’immersione. Quando è possibile, attorno a questo pinnacolo si vede una quantità di pesce ben maggiore che altrove. Gli squali pinna-bianca sembrano essere ubiquitari e riposano nelle rientranze sabbiose spesso sovrapposti l’uno all’altro, circondati da banchi di piccoli pesci cardinale endemici dell’ Isola di Coco. I pesci cardinale sembrano avere appreso un trucco : troppo piccoli per interessare gli squali e le grandi murene, si radunano in prossimità dei grandi pesci con la certezza che essi terranno lontano i loro predatori. Non mancano i cefalopodi, fra tutti i polpi che escono dai nascondigli e si attardano con i sub. Durante un’immersione con una corrente impetuosa si è materializzata una parata di squali martello : una visione spettacolare, siamo rimasti affascinati dallo spostarsi all’unisono del banco sull’apice del pinnacolo.
Dirty Rock è uno scoglio situato sul lato ovest dell’isola, che prende il nome dal faraglione affiorante coperto da escrementi di uccelli. A fianco del faraglione affiorante se ne trova un secondo che forma quasi una secca, ma che è collegato al primo ad una profondità di 25 metri. Durante l’immersione si può fare il giro del faraglione principale e di quello secondario. Il punto di maggior interesse è un canale che separa lo scoglio principale dal secondario, la cui sommità è a 15 metri di profondità. Il canale scende fino a 40 metri; a 25 metri c’è il passaggio tra i due scogli. Qui si radunano alcune razze maculate che si lasciano cullare con la corrente : se la corrente è intensa ce ne sono un numero maggiore, se ne possono vedere anche 10-15 in una sola volta, talvolta in formazione aerodinamica, talvolta in compagnia di qualche squalo pinna bianca.
Nuotando attorno allo scoglio esterno con lo sguardo rivolto verso il mare aperto, si vedono gli squali martello che arrivano curiosi vicino al reef per poi riguadagnare il blu; è facile vedere passare anche qualche tonno di grosse dimensioni e altri pelagici, con un po’ di fortuna. Tanti banchi approfittano della corrente e si riuniscono attorno a questo canale, migliaia di carangidi e altri pesci.
Non mancano le aquile di mare, le tartarughe, le murene e tante aragoste.
Manuelita è un isolotto situato a nord dell’isola. Il lato protetto e ridossato di Manuelita offre uno spettacolare giardino di corallo a bassa profondità, in condizioni di scarsa corrente. Qui incontriamo comunque squali pinna-bianca, frogfish di un brillante color arancione, banchi di carangidi e cerniotte, tartarughe marine e razze. Recentemente sono stati avvistati anche squali tigre insidiare le docili tartarughe. Le immersioni notturne sono spettacolari : gli squali pinna bianca, già numerosi durante il giorno, si riuniscono in assembramenti enormi di corpi sinuosi a caccia di prede e si avvantaggiano del fascio di luce delle torce dei sub per sferrare colpi sicuri.
Il lato esposto di Manuelita invece rappresenta al meglio il classico sito di immersioni qui a Coco. Il versante roccioso è abbastanza ripido e cosparso di massi, destinazione per le stazioni di pulizia frequentate da squali martello e squali seta.
Foto di Franco Banfi
testi di Sabrina Belloni