Autore: Armando Liggeri
Mi sono avvicinato alla subacquea perché affascinato dai relitti, dalle signore del mare che, adagiate sul fondo, ci ricordano quanto l’uomo sia vulnerabile dinanzi alla natura.
Come tutti gli anni ho trascorso le ferie a Catania, un po’ per stare con i miei genitori, un po’ per rivedere gli amici…. In realtà per rivivere i luoghi della memoria, per immergermi sui fondali di pietra lavica… il sangue rappreso della terra.
Appena arrivato a Catania telefono a Mario, mi comunica che oggi stesso c’è in programma una notturna, non ne faccio da molto tempo; ho più di 600 km sulle spalle ma non rinuncerei per nulla al mondo. La sera, come concordato, sono in aula ad Acitrezza…. L’immersione è fantastica, il buio ci avvolge, basta sfiorare le piante sul fondo per far esplodere milioni di scintille di plancton che illuminano il buio come un cielo di stelle, da dietro le rocce, le torce dei compagni di immersione creano fantasmi danzanti di luci ed ombre. La serata si è conclusa in aula con la mitica “pasta alla trezzota”(*) di Mario; che, per non farsi rubare la ricetta segreta, ogni volta la prepara in maniera diversa.
Organizziamo un’altra immersione per l’indomani, questa volta a “Scalo Pennisi”.
Solito appuntamento in aula. Prepariamo l’occorrente, attendiamo che arrivino gli altri compagni di immersione, un ultimo controllo alle vasche contenti l’attrezzatura, e caricato tutto in macchina partiamo alla volta del sito di immersione. Appena arrivati, il capo immersione, l’istruttore, il nostro presidente, il detentore di una quantità impressionante di brevetti…. Mario insomma, si accorge di aver dimenticato la muta in aula
– Fate voi l’immersione, io non posso
Voglio immergermi con lui. E’ il primo pensiero che mi affiora alla mente. Ho ancora vivide le prime immersioni fatte insieme, quando ancora abitavo a Catania, un misto di sensazioni di Sicurezza e di Scoperta, di Cameratismo e Affinità, che raramente ho provato con altri.
Ma oggi anche lui è in ferie, non ha la responsabilità degli allievi, ed una dimenticanza gli si può perdonare. Mi offro di tornare in aula per prendere la sua muta, in fondo sono solo 10 minuti di macchina, intanto loro montano i gruppi e preparano tutto l’occorrente. L’immersione è stata tranquilla, siamo arrivati a -31 m, ho testato la nuova muta, fatta fare apposta per lo staff, fantastica, tiene caldo come una semistagna pur essendo solo una umida, ho scattato qualche foto, noto con piacere che, pur essendo una digitale, le foto non sono affatto male.
L’indomani al rientro da un’immersione con Diego e Virman, ricevo una telefonata da Mario:
– Sono in debito con te vero?
Sono le parole con cui esordisce
– per farmi perdonare ti porto da Laura!
Vengo colto da un attimo di esitazione, “chi è Laura” mi chiedo mentalmente. Mi spiega che Laura in realtà non è la bionda e disponibile ragazza che speravo, ma il relitto del “Laura C”, una nave da carico affondata a largo di Saline Ioniche durante la II GM da un sommergibile britannico.
Un brivido mi corre lungo la schiena, deve averlo percepito anche Diego, mio fratello, che con la voce più triste che gli abbia mai sentito esclama: “c…o il relitto!”, lui sarebbe partito la sera stessa per riprendere servizio… Fine della licenza, fine delle immersioni.
Mario continua
– l’immersione è profonda, credo intorno ai 60 m, non sarò io a guidare, mi raccomando evita gli alcolici la sera prima.
Poche informazioni, ma è tutto ciò che mi serve sapere….
Mi chiede di essere in forma, non conosce il luogo dell’immersione, e vuole essere sicuro di poter affrontare ogni eventualità.
Preparo l’attrezzatura il giorno prima, tutto perfettamente stivato in un baule militare della Contico, i due erogatori, uno a membrana, l’altro a pistone, porto anche un maschera di riserva… meglio averla tutto il tempo attaccata al GAV che perdere la principale e dover risalire senza poter controllare gli strumenti.
L’appuntamento è il 22 Agosto alle 7,30 in aula ad Acitrezza. Parto da Nicolosi un’ora prima, preferisco arrivare prima ed aspettare gli altri piuttosto che farmi aspettare. Carico l’attrezzatura in macchina, metto la chiave nel quadro di accensione e…. nessun segno di vita. La batteria è a terra.
Lo sapevo che non poteva andare tutto liscio, io ed i relitti siamo incompatibili, deve sempre esserci qualche contrattempo. Non mi scoraggio, trovo non so dove un po’ di ottimismo, e mi convinco che se faccio partire la macchina a strappo la batteria si ricaricherà durante la strada.
Arrivo in aula con un minuto di ritardo… Mario ha già telefonato per chiedermi che fine avessi fatto. Aspettiamo gli altri e ci prepariamo a partire, ci aspetta l’autostrada Catania – Messina ed il famigerato traghetto…. Inserisco le chiavi nel quadro…oops… chiedo gentilmente se qualcuno può spingermi per mettere in moto la macchina, la batteria non si è caricata…. Comincio ad agitarmi un po’… traghettare con l’auto in quelle condizioni non è proprio piacevole, ma nelle altre non c’è posto… i miei compagni mi dicono di non preoccuparmi e si offrono tutti di far partire l’auto a strappo ogni volta che occorre. Mi spiace un po’…. ma il relitto innanzi tutto.
Autostrada. Casello. Si spegne l’auto. Qualcuno mi spinge. Fila al traghetto. Spingi l’auto. Reggio Calabria. Saline Ioniche. Spegni l’auto.
Per le prossime ore solo il relitto e tranquillità. Alla macchina non voglio pensare.
Ci sono diversi sub sulla spiaggia antistante il relitto. Il Laura C si raggiunge da riva. Chiediamo informazioni sulla rotta da seguire, qualcuno ci risponde che non la conosce, lui arriva al relitto seguendo “le rocce sul fondo”.
Va bene comunque, abbiamo un articolo su cui è riportata la rotta, ci affidiamo a questo.
Notiamo subito una forte corrente quasi parallela alla riva, sarà una sfacchinata. Ci prepariamo, iniziamo a montare i gruppi e la bombola di riserva per una eventuale tappa di decompressione. Facciamo un rapido briefing per metterci d’accordo sulla rotta da seguire, su dove trovare la bombola di deco e sul giro da fare sul relitto. Fa parecchio caldo, chi è già pronto entra in acqua ed aspetta gli altri… peccato la corrente… è difficile a questo punto compattare il gruppo, siamo a circa 10 – 15 metri l’uno dall’altro, anche urlando ci si sente appena. Cominciamo la discesa sperando che sul fondo sia minore.
A -20 cominciamo a scorgere la croce del pennone di prua. È sola, isolata su un fondale sabbioso, alla sua base due dei nostri ci fanno, con le lampade, il segnale convenuto. Oltre solo sabbia piatta e Blu Profondo. Cominciamo la discesa, sappiamo che la prua del Laura C è infossata nella sabbia, quindi basta seguire il fondale lasciandoci l’albero alle spalle.
D’improvviso dal blu cominciano a delinearsi le sagome dei castelli centrali e dei pennoni di carico. La sensazione è forte. Il mio primo relitto. Avevamo deciso di seguire la fiancata di babordo sino alla poppa e poi scendere alla zona eliche. A -40 metri mi fermo per ancorare la mia digitale al parapetto, purtroppo lo scafandro che la protegge non regge pressioni superiori. Il tempo necessario ad applicargli una luce strobo, per ritrovarla più facilmente al ritorno, e mi rendo conto di aver perso il resto del gruppo. Poco male, ho ben chiaro il percorso concordato ed i tempi di cui hanno bisogno, decido di fermarmi in quota a scattare qualche foto ed aspettare che gli altri risalgano.
Trovarsi da soli a fluttuare su un relitto è una sensazione unica… Le sovrastrutture ti circondano come le guglie di una cattedrale… le stesse assumono sembianze spettrali quando vengono nascoste da un immenso branco di pesci. Sembra di percepire un suono rimbombare nel vuoto corpo della nave. Il respiro del metallo alimentato dalle correnti. Scalette, oblò, cavi contorti, cabine scoperchiate… contribuiscono ad accrescere la sensazione di paesaggio post atomico. Ogni apertura sembra la tana del Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie. Sembra offrirti mondi sconosciuti e scoperte meravigliose.
Avverto contemporaneamente sensazioni di vita e di morte, il relitto in disfacimento e le creature marine che pian piano lo stanno colonizzando. La precaria staticità delle lamiere contorte ed il veloce passaggio dei pesci. Sembra di vivere un sogno.
Scatto parecchie foto, farò poi una scelta al momento di pubblicarle sul sito.
Ad un tratto Mario entra nell’inquadratura mentre chiudo l’otturatore, è il suo segnale di OK ad essere immortalato, quel gesto, consueto a tutti i sub, interrompe il mio sogno riportandomi bruscamente alla realtà. Rispondo al segnale. OK. È il momento di concludere l’immersione, iniziamo la risalita. Adesso negli scatti ci sono anche i miei compagni, che, con le loro torce creano dei fantasmagorici giochi di luce tra le strutture del relitto. Noto che dalla sabbia che copre la prua affiorano delle bolle d’aria, non so se altri sub sono all’interno o se sono generate da altre cause. Il ricordo del sogno è ancora troppo vivo e non faccio fatica ad immaginare chissà quale creatura annidata nelle profondità del relitto.
Ci fermiamo a varie tappe per giocare un po’ tra di noi e per smaltire parte dell’azoto accumulato.
Il Laura C è dietro di noi, non è più visibile ma se ne avverte ancora la presenza, come se fosse in contatto telepatico con i nostri cuori.
La tacita promessa che risuona nella mente è…. Torneremo.
Navy
(*) trezzota= di acitrezza
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