Luca Pedrali domenica è sceso a 264,8 metri stabilendo il nuovo record italiano di immersione profonda.
Intervista esclusiva a Luca Pedrali
Chi è Luca Pedrali nella vita ordinaria?
Sono un imprenditore edile a tempo pieno ma, non appena ho un momento libero, mia moglie Nadia ed io, ci dedichiamo all’attività subacquea e speleosubacquea.
Primo tentativo o ce ne sono stati altri?
Nel 2014 ho fatto un’immersione al fondo dell’Abisso Roversi nelle alpi Apuane, conosciuto ai più come la grotta più profonda d’Italia. Quello è stato il mio primo record italiano, mai nessuno si era immerso nel sifone terminale superandolo.
L’uomo e la tecnologia: quali sono i componenti più importanti per spingersi ‘oltre’?
Sicuramente una dose di rischio e azzardo non devono mancare, ma non sono sufficienti. Dietro ad ogni immersione estrema c’è un grande lavoro di preparazione tanto fisico quanto psicologico. Le tante esplorazioni in ambienti assolutamente insidiosi e al limite delle possibilità umane hanno forgiato il mio carattere. Dal punto di vista mentale mi basta ormai poco per concentrarmi sull’obiettivo.
La tecnologia aiuta sicuramente, ma è fondamentale un utilizzo continuo e non sporadico dell’attrezzatura. Io utilizzo il Rebreather dal 2006 e questo mi permette di conoscere fino in fondo la macchina e poter intervenire in caso di problemi. Molto spesso gli incidenti sono dovuti alla leggerezza con cui si affrontano le immersioni: la tecnologia non basta se l’uomo non la sa utilizzare.
Hai sempre ringraziato il tuo team. Che ruolo ha il team in un record in solitaria?
Il mio Team fa parte di me, sono i miei angeli custodi. In primis mia moglie NADIA BOCCHI, la donna che mi ha sempre sostenuto e accompagnato nelle immersioni, è lei che sta dietro la telecamera a filmare le mie imprese. Li ho scelti perché sono subacquei che si immergono nel lago con regolarità, ognuno di loro ha delle ottime capacità e per questo ho potuto delegare a loro l’assistenza cosi da potermi concentrare sul risultato.
Giusto nominarli: NADIA BOCCHI (video operatore),IVANO PREDARI (assistenza a 140 metri),MARCO ALBERTI e BRUNO LEONI (assistenti a 80 metri),FRANCESCO CHIAF (fotografo),CLAUDIO CARNELLO (assistente a 60 metri),PAOLA CESTARI (medico e subacqueo), MIMMO PICCA (medico iperbarico)e SIMONA GAMBA (addetta stampa e organizzatrice).
Come ti sei preparato al record?
L’allenamento fisico è una pratica abituale da anni, mi permette di migliorare in modo esponenziale le performances. Faccio soprattutto un lavoro aerobico (montagna), un po’ di massa muscolare in palestra e pilates per gli allungamenti. Mantenere un corpo tonico riduce il rischio di affanno e danni alla schiena a causa dei forti carichi. In acqua invece ci vado costantemente aumentando gradualmente profondità e tempi per abituare il corpo(e la mente) a sopportare lunghe decompressioni.
Ci descrivi il profilo dell’immersione?
Penso che questo sia stato il vero Record: -264.8 in 3 ore e 58 minuti. Questo risultato eccezionale grazie alla collaborazione del mio carissimo amico Prof. MIMMO PICCA,medico Iperbarico conosciuto da tutta la comunità scientifica. Abbiamo “giocato” pesantemente sul fattore tempo in discesa e risalita.
Cos’hai pensato quell’attimo a 264.8 metri?
Che per oggi poteva bastare…fisicamente avrei potuto osare oltre ma il fattore rischio è forse troppo elevato. La scorta gas di emergenza non sarebbe stata sufficiente se avessi raggiunto profondità maggiori.
Cosa diresti a chi si vuole avvicinare alla subacquea tecnica?
Ci vuole tanta passione per non smettere mai di allenarsi in acqua. Anche gli esercizi più banali diventano fondamentali in caso di problemi. Troppo spesso si crede che un’attrezzatura performante e un compagno preparato possano sopperire le nostre mancanze. La scelta dell’istruttore, più della didattica è il fattore che fa la differenza.